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Sunday, April 30, 2023

Renault 5 2023, la city car della svolta pronta a sfidare Fiat Panda e le altre agguerite concorrenti - Business Online

Renault 5 2023 sarà una vettura all'avanguardia in grado di richiamare l'antenata Renault 5, grazie ad una reinterpretazione moderna e all'utilizzo di un motore elettrico in linea con i principi della strategia Renaulution.

Grazie alle sue dimensioni contenute di 3,92 metri, la vettura sarà ben posizionata all'interno del segmento B, sempre più competitivo. Pur essendo destinata all'utilizzo urbano, la vettura promette di offrire un'autonomia fino a 400 chilometri, misurata secondo il ciclo di test WLTP. Approfondiamo tutto:

Come sarà la nuova Renault 5 2023

Renault 5 2023 sarà ispirata alla sua celebre antenata degli anni 70 e 80, come evidenziato dal concept presentato nel 2021. La forma squadrata sarà una caratteristica chiave, così come i fari trapezoidali, mentre i dettagli moderni includono i fendinebbia con alette integrate, la griglia laterale, i cerchi in lega e gli specchietti retrovisori con il simbolo francese. Basata sul pianale CMF-BEV dell'alleanza Renault-Nissan, Renault 5 E-Tech avrà un motore elettrico da 136 CV, una batteria da oltre 50 kWh e un'autonomia di 400 chilometri nel ciclo WLTP grazie alla linea aerodinamica. La ricarica veloce alla colonnina permetterà di raggiungere l'80% della batteria in circa 30 minuti.

Renault ha anche presentato un concept sportivo, la RS5 Turbo 3E elettrica, al Salone di Parigi. Questa vettura da competizione ha un motore elettrico da 380 CV e 700 Nm di coppia, in grado di accelerare da 0 a 100 chilometri orari in 3,5 secondi e di raggiungere una velocità massima di 200 chilometri orari. La tecnologia all'interno è impressionante, con 10 display digitali a bordo.

In che modo Renault 5 2023 sfida Fiat Panda

La futura Renault 5 pronta a sfidare Fiat Panda, ma anche altre auto che si collocano sullo stesso segmento di mercato, muove i primi passi. Gli ingegneri sono attualmente impegnati nei test di sviluppo e messa a punto dei primi nove prototipi, che utilizzano una piattaforma, un gruppo motopropulsore e una batteria tecnicamente in linea con il futuro veicolo di serie. Tuttavia, la carrozzeria utilizzata per i test è quella della Clio, mentre quella definitiva è ancora in fase di sviluppo.

Tra le attività di test condotte nella rinnovamento della Renault 5, si annoverano prove statiche e dinamiche, nonché test di resistenza effettuati in condizioni di scarsa aderenza, come ghiaccio e neve. Queste prove stanno consentendo di verificare l'efficienza di numerosi equipaggiamenti, tra cui il sistema di riscaldamento, la qualità del disappannamento e dello sbrinamento, il funzionamento dei freni, degli ammortizzatori e del sistema di controllo elettronico della stabilità sulla neve.

Questi test estremi, di cui si sta facendo un gran parlare, sono necessari per mettere alla prova la vettura in condizioni reali, che non possono essere riprodotte in un centro tecnico. Attesa tra la fine di quest'anno e l'inizio, del prossimo, il prezzo di partenza di Renault 5 dovrebbe aggirarsi intorno a 21.000 euro.

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Nuova Skoda Kodiaq 2023, dettagli e anticipazioni sul rinnovo Suv top di gamma ad un prezzo interessate - Business Online

Skoda ha fornito informazioni sulle caratteristiche della seconda generazione di Kodiaq, tra cui un nuovo stile, motori più efficienti e molte nuove tecnologie. Nel teaser ufficiale, il profilo laterale del veicolo rivela la firma del faro anteriore a Led e un nuovo design della luce posteriore che si fonde con la carrozzeria. Sebbene i dettagli siano limitati, le proporzioni generali sembrano mantenere lo stesso aspetto del modello attuale. Scopriamola da vicino:

Nuove anticipazioni sulla Skoda Kodiaq 2023

Skoda Kodiaq 2023, suv a sette posti prodotto dalla casa automobilistica boema, è stata venduta in oltre 740.000 unità e si appresta a subire un profondo rinnovamento, mantenendo la formula originale. Il nuovo modello è stato progettato presso lo stabilimento di Kvasiny, in Repubblica Ceca, sulla piattaforma MQB Evo, la stessa utilizzata per l'ultima generazione di Octavia.

La nuova Kodiaq avrà dimensioni simili a quelle del modello precedente, con una lunghezza di circa 4,7 metri. Il design del veicolo sarà caratterizzato da linee più arrotondate rispetto al passato e una parte posteriore più sportiva, evidenziata da uno spoilerino più pronunciato, grazie al padiglione discendente e al montante posteriore inclinato.

L'abitacolo della Kodiaq 2023 presenterà alcune soluzioni presenti nei modelli Skoda più recenti, come un display a sbalzo posizionato al centro della plancia. L'abitabilità e la praticità rimarranno i principali punti di forza dell'auto, che beneficerà di una gamma più ampia di sistemi di assistenza alla guida grazie alla piattaforma MQB Evo evoluta.

La seconda generazione della Kodiaq sarà anche l'ultima ad utilizzare motori endotermici. Nonostante questo comparto rimanga importante per la Casa della Freccia Alata, Skoda ha ricevuto l'incarico di sviluppare i propulsori a tre e quattro cilindri della famiglia EA211 dalla Volkswagen. La grande novità sarà l'introduzione di motorizzazioni ibride, sia mild hybrid che plug-in, affiancate alle tradizionali opzioni di benzina e diesel.

Dopo almeno sette anni di vita e un facelift di metà carriera, Kodiaq lascerà spazio a un modello completamente elettrico, ispirato alla concept Vision 7S e lungo circa 4,9 metri. Questo modello full electric, sempre a sette posti, si differenzierà dalla Kodiaq endotermica anche per il design completamente diverso. Skoda prevede di presentare il nuovo modello nel 2026, per poi sostituire gradualmente l'intera gamma con vetture completamente elettriche.

Skoda Kodiaq 2023: giudizi e prezzi

Skoda è impegnata in un ambizioso progetto di elettrificazione, con l'obiettivo di lanciare sei nuovi modelli completamente elettrici entro il 2026. La casa automobilistica ceca ha dichiarato che i veicoli a combustione interna e i propulsori ibridi plug-in continueranno a essere una parte importante della sua gamma durante la transizione verso la mobilità completamente elettrica.

Per soddisfare le esigenze dei clienti, Skoda offrirà anche la nuova Kodiaq 2023 con motorizzazioni elettrificate, mild-hybrid e plug-in hybrid. Anche se non ci sono informazioni precise sulla nuova powertrain plug-in, è probabile che disponga di una batteria di maggiore capacità rispetto al sistema presente sull'attuale Superb PHEV. Entrambi i modelli faranno un importante passo avanti su fronte della sicurezza e delle tecnologie. Il prezzo previsto per il nuovo veicolo sarà intorno ai 40.000 euro.

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Piazza Affari, da Tavares a Orcel ecco chi sono i manager più pagati in Italia - Corriere della Sera

Nel 2022, anno in cui il Ftse Mib è sceso del 12%, le retribuzioni dei manager delle quaranta società quotate sull’indice di Piazza Affari sono aumentate del 14% battendo l’inflazione (+8,1%). E in vetta alla classifica dei più pagati c’è Carlos Tavares , numero uno di Stellantis, con 23,45 milioni (contro i 19,15 milioni nel 2021). A stilare la classifica è il quotidiano finanziario Milano Finanza che rileva anche come, al pari di quanto avviene negli Stati Uniti, si stia allargando la forbice rispetto agli stipendi dei dipendenti.

La graduatori

Al secondo posto, tra i più pagati, c’è Scott Wine, amministratore delegato di Cnh, con 11,43 milioni di dollari (da 8,71 milioni nel 2021). A seguire, il presidente di Stellantis, John Elkann, che raggiunge quota 11,25 milioni accorpando anche i compensi ricevuti da Exor. Nel settore banche e assicurazioni spiccano il presidente di Unipol, Carlo Cimbri con 6,08 milioni (6,41 milioni nel 2021), l’ad di Generali Philippe Donnet con 5,5 milioni (da 4,5 milioni dell’anno prima), Carlo Messina, ad e direttore generale di Intesa Sanpaolo con 4,55 milioni (4,19 milioni nel 2021) e il numero uno di Unicredit Andrea Orcel con 3,54 milioni (da 1,88 milioni nel 2021).

La decisione di Unicredit

Ma a fine marzo — si spiega — l’assemblea di Unicredit ha dato il via libera alla nuova politica di remunerazione che riguarda 935 top manager del gruppo. Il compenso di Andrea Orcel sarà così di 9,75 milioni tra fisso e variabile se supererà nel 2023 i target.

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Bonus zanzariere: come ottenere fino a 60 mila euro per un’estate senza ronzii - Internet Tuttogratis

Tra i Bonus edilizi meno conosciuti c’è il Bonus zanzariere. Quando spetta la detrazione fiscale e a quanto ammonta?

Col caldo ritornano anche le maledette zanzare, ma non tutti sanno che è possibile richiedere un incentivo statale per evitare le punture.

bonus zanzariere
Bonus zanzariere – Internet.tuttogratis.it

Gli interventi edilizi di Ecobonus danno, infatti, accesso, oltre al Bonus tende, anche al Bonus zanzariere.

In particolare, i proprietari degli immobili oggetto dei lavori possono ottenere la detrazione IRPEF al 50% per l’acquisto e il montaggio di zanzariere con schermatura solare.

Il sussidio, dunque, è pensato nell’ottica del miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. Vediamo a chi spetta il Bonus zanzariere e quali sono i requisiti per richiederlo.

Bonus zanzariere: le condizioni di accesso

La richiesta del Bonus zanzariere può essere effettuata da chiunque vanti un diritto reale di godimento sull’immobile, sia per gli edifici privati sia per quelli commerciali (in questo caso, la detrazione spetta sull’IRES).

Per ottenere l’agevolazione, è fondamentale che i prodotti acquistati abbiano determinate caratteristiche. Nello specifico, devono:

  • riportare il marchio CE, che certifica che la zanzariera rispetta gli standard comunitari di salute e sicurezza;
  • possedere un valore GTOT inferiore a 0,35 certificato. Si tratta di un dato che specifica il tipo di prestazione della zanzariera, in combinazione con il vetro. In tal caso, quest’ultimo deve essere di tipo D a doppio vetro 4/16/4 con gas argon;
  • essere installati a protezione del vetro;
  • essere mobili;
  • trovarsi nella parte esterna della finestra, oppure essere integrati all’infisso.

Bonus zanzariere: a quanto ammonta il sussidio?

Il Bonus zanzariere non riguarda solo l’acquisto della merce, ma anche l’installazione, fino a una soglia massima di spesa di 60 mila euro.

La detrazione IRPEF o IRES al 50%, inoltre, va suddivisa, al momento della Dichiarazione dei Redditi, in 10 rate annue di uguale importo.

Per l’approvazione del beneficio fiscale, tutti gli acquisti devono essere effettuati mediante bonifico parlante, bonifico online postale oppure bancario. Al momento della compilazione, va specificata la legge relativa all’Ecobonus, le informazioni anagrafiche del beneficiario e del destinatario, la causale e il numero della fattura.

È, poi, obbligatorio inoltrare, entro 90 giorni dalla fine dei lavori, la comunicazione ENEA.

Ulteriori obblighi del contribuente

Per essere in regola, nell’eventualità di controlli da parte del Fisco, l’interessato deve conservare, per almeno 10 anni, la seguente certificazione:

  • fatture e ricevute;
  • copie dei bonifici effettuati;
  • certificati rilasciati dai fornitori o dai produttori della merce oggetto del Bonus;
  • documenti originali trasmessi all’ENEA;
  • schede tecniche rilasciate dai fornitori;
  • ricevuta della trasmissione dei documenti richiesti all’ENEA.

Ricordiamo, infine, che, come per tutti gli altri Bonus edilizi, anche in tal caso, non si può più richiedere lo sconto in fattura del 50%. Per i lavori effettuati dopo il 16 febbraio 2023, infatti, il Governo ha revocato tale facoltà, tranne nelle ipotesi del Bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

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Saturday, April 29, 2023

Versalis compra Novamont e la porta nel mondo Eni: attesa nei due siti novaresi - La Stampa

La guida allo shopping del Gruppo Gedi

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Friday, April 28, 2023

La crisi della compagnia assicurativa Eurovita - Il Post

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Da fine marzo Eurovita, una compagnia assicurativa specializzata in polizze sulla vita, è stata posta dal ministero delle Imprese e del Made in Italy in amministrazione straordinaria perché non è stata più ritenuta solida dal punto di vista finanziario. La crisi deriva da scelte finanziarie sbagliate, che hanno causato grosse perdite e che hanno reso l’azienda non più potenzialmente in grado di far fronte ai suoi impegni.

Per un’azienda come Eurovita essere posti in amministrazione straordinaria significa trovarsi in uno stato particolare di tutela in base al quale viene nominato un commissario che deve provvedere al risanamento dell’azienda, lavorando assieme all’autorità di vigilanza. Attualmente il commissario sta cercando acquirenti che rilevino la società e salvino così i risparmi dei clienti. Il problema tuttavia è che finché la compagnia assicurativa sarà in amministrazione straordinaria i suoi clienti non potranno riscattare le loro polizze, cosa che sta generando molta rabbia e frustrazione tra migliaia di persone.

Le richieste di riscatto delle polizze sono bloccate fino a fine giugno: significa che i clienti che non si fidano più della solidità dell’azienda e che vorrebbero indietro i loro soldi non possono chiedere il rimborso anticipato delle polizze. Riscattare la polizza vita è sempre possibile per i clienti, anche se spesso facendolo si incorre in penali e sanzioni. I clienti di Eurovita sono 350 mila, che complessivamente hanno circa 400 mila polizze per complessivi 15 miliardi di euro.

Eurovita aveva investito molto in titoli di stato: le cose hanno iniziato ad andare male quando le banche centrali hanno cominciato ad aumentare i tassi di interesse di riferimento per combattere l’inflazione. L’aumento dei tassi ha però come effetto collaterale alcuni episodi di instabilità finanziaria, perché il valore dei titoli di stato scende: in un periodo di tassi alti comprare titoli di stato di solito è poco conveniente. Per fare un esempio, se un titolo di stato rende lo 0,5 per cento all’anno e i tassi d’interesse sono all’1 per cento, le persone cercheranno di liberarsi del titolo di stato perché poco conveniente, e il suo valore calerà rispetto a quello nominale.

Chi aveva investito in titoli di stato a lungo termine, come nel caso di Eurovita e delle banche statunitensi fallite a inizio marzo, ha quindi iniziato a perdere soldi, perché il valore dei titoli che aveva in portafoglio ha iniziato a ridursi rispetto al valore a cui quei titoli erano stati acquistati quando i tassi erano più bassi e i titoli di stato più convenienti.

– Leggi anche: Perché le banche centrali aumentano i tassi di interesse

Investire in titoli fa parte della tipica operatività delle compagnie assicurative, che stipulano contratti di assicurazione e pagano un risarcimento nel caso si verifichi l’evento assicurato: risarciscono i danni di un incidente stradale fatto da chi aveva una polizza danni sulla macchina o pagano un indennizzo nel caso della morte di una persona che aveva stipulato una polizza sulla vita.

A fronte dell’indennizzo l’assicurato paga un premio periodico: semplificando molto, la compagnia guadagna se l’ammontare complessivo dei premi è più alto dei risarcimenti effettuati. Le assicurazioni usano i premi che ricevono non solo per riempire le riserve da destinare a eventuali risarcimenti, ma anche per investire in titoli finanziari, in modo da generare entrate aggiuntive.

In particolare lo fanno le assicurazioni specializzate nel settore vita, perché mediamente i risarcimenti sono più a lungo termine e possono permettersi di impegnare il capitale più a lungo: per esempio alcuni tipi di polizze vita prevedono l’investimento diretto dei premi in fondi comuni di investimento.

Le polizze sulla vita hanno un funzionamento particolare e ce ne sono di molti tipi: ci sono quelle classiche, che prevedono l’indennizzo in caso di morte dell’assicurato nel periodo di copertura della polizza, e quelle che invece hanno anche una componente di risparmio, che per esempio garantiranno una rendita periodica e il cui periodo di copertura è fissato a vita. In quest’ultimo caso una polizza vita è quindi un modo come un altro per investire i propri risparmi. Come nel caso di qualsiasi tipo di investimento anche per le polizze vita si può chiedere di non aspettare la scadenza per riscuotere il denaro.

Eurovita aveva una composizione del suo portafoglio troppo esposta in titoli di stato e quindi alle variazioni dei tassi di interesse. Con il risultato che è stata reputata non più solida dalle autorità di vigilanza ed è stata infine posta in amministrazione straordinaria: questo perché di fatto il valore degli investimenti che aveva in portafoglio non era sufficiente a garantire la stabilità dell’azienda.

Per una scelta dell’autorità di vigilanza fino a fine giugno i clienti con una polizza vita non possono chiedere il riscatto anticipato, ossia la liquidazione intera della polizza. I risarcimenti assicurativi invece continuano a essere versati in caso di sinistri (per esempio se un assicurato a vita muore la cifra concordata viene comunque versata). L’impossibilità di riscattare le proprie polizze ha però ulteriormente aggravato le preoccupazioni dei clienti, che temono di perdere i loro soldi.

La scelta dell’autorità è stata comunque obbligata: saputa la notizia della crisi, tutti i clienti avrebbero chiesto il riscatto della polizza, l’azienda sarebbe fallita e non sarebbe mai riuscita a onorare tutti gli impegni. Anche le assicurazioni, come le banche, si basano su un equilibrio delicato dei conti: non hanno mai a disposizione tutti i soldi che servono per indennizzare tutti gli assicurati o per risarcirli in anticipo, perché ritengono improbabile che si verifichino tutti insieme gli eventi che fanno scattare gli indennizzi o che tutti insieme richiedano il riscatto anticipato.

L’autorità di vigilanza ha bloccato i riscatti anticipati per dare tempo alla compagnia di trovare una soluzione per superare la crisi. Insieme al governo e alle autorità di vigilanza, il commissario straordinario Alessandro Santoliquido sta cercando acquirenti che vogliano farsi carico delle perdite di Eurovita: per il risanamento del patrimonio sono necessari circa 400 milioni euro.

Ci sono varie soluzioni possibili, ma nessuna in realtà convincente: una volta che Eurovita sarà acquistata con tutte le sue perdite è probabile che sarà comunque soggetta a una corsa da parte dei clienti per riavere indietro i loro soldi, perché ormai non hanno più fiducia nell’azienda. Per questo, una possibile strada percorribile potrebbe essere quella di chiudere l’azienda e far cessare il marchio Eurovita per venderla in parti ad altre compagnie di assicurazioni, che quindi assorbirebbero solo alcune polizze e alcuni dipendenti. Si sarebbero già rese disponibili altre aziende assicurative, come Generali, Intesa San Paolo Vita, Unipol, Poste Vita e Allianz.

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ISA 2023, approvati i criteri per beneficiare delle agevolazioni - Informazione Fiscale

Approvati dall'Agenzia delle Entrate i criteri per l'accesso alle agevolazione previste per gli ISA 2023. Nel provvedimento del 27 aprile i punteggi necessari per accedere all'esonero dal visto di conformità in caso di compensazione dei crediti e alle altre misure

L’Agenzia delle Entrate ha approvato i criteri per beneficiare delle agevolazioni legate agli ISA 2023.

Anche per l’anno d’imposta 2022 vengono riproposti quelli già individuati per il periodo d’imposta precedente, tenuto conto anche dei dati dichiarativi relativi all’annualità 2021.

Come stabilito dal provvedimento del 27 aprile 2023, l’esonero dall’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione annuale è riconosciuto ai contribuenti che hanno raggiunto un grado di affidabilità almeno pari a 8.

L’agevolazione è riferita ai casi di compensazione dei crediti di importo non superiore a 50.000 euro relativi all’IVA, maturati nel 2023, e a 20.000 euro relativi alle imposte dirette e all’IRAP, in questo caso maturati nel 2022.

Nel provvedimento il punto sui valori da tenere in considerazione per ottenere le agevolazioni.

ISA 2023, approvati i criteri per beneficiare delle agevolazioni

Dopo l’approvazione dei modelli ISA 2023, indici sintetici di affidabilità fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha fornito i criteri per l’accesso alle agevolazioni.

A stabilirli è il provvedimento del 27 aprile 2023.

Agenzia delle Entrate - Provvedimento del 27 aprile 2023
Individuazione dei livelli di affidabilità fiscale relativi al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, cui sono riconosciuti i benefici premiali previsti dal comma 11 dell’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

Nel documento di prassi vengono previsti i requisiti da rispettare per ottenere i benefici stabiliti dall’articolo 9-bis, comma 11, lettere da a) a f) del Dl n. 50/2017.

Come per il periodo d’imposta 2021, tenendo in considerazione anche i dati relativi alle dichiarazioni di tale anno, è previsto l’esonero dall’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione annuale ai contribuenti che hanno raggiunto un livello di affidabilità almeno pari a 8:

  • per la compensazione dei crediti di importo non superiore a 50.000 euro relativi all’IVA, maturati nel 2023;
  • per la compensazione dei crediti di importo non superiore a 20.000 euro relativi alle imposte dirette e IRAP, maturati nel 2022.

Sono diverse le agevolazioni previste per i contribuenti che raggiungono i livelli indicati di affidabilità fiscale:

  • l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione di crediti per un importo non superiore a 50.000 euro annui relativamente all’IVA e per un importo non superiore a 20.000 euro annui relativamente alle imposte dirette e all’IRAP;
  • l’esonero dall’apposizione del visto di conformità o dalla prestazione della garanzia per i rimborsi dell’IVA per un importo non superiore a 50.000 euro annui;
  • l’esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative;
  • l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;
  • l’anticipazione di almeno un anno, con graduazione in funzione del livello di affidabilità, dei termini di decadenza per l’attività di accertamento;
  • l’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo, a condizione che il reddito complessivo accertabile non superi di due terzi il reddito dichiarato.

In merito alle agevolazioni stabilite al primo punto dell’elenco, l’accesso è consentito con un punteggio pari almeno a 8, a seguito dell’applicazione degli ISA per l’anno di imposta 2022.

Si ha diritto all’agevolazione anche in nel caso in cui siano preseti ulteriori componenti positivi che rientrano tra quelli indicati:

  • compensazione dei crediti di importo non superiore a 50.000 euro annui, risultanti dalla dichiarazione annuale IVA relativa all’anno di imposta 2023;
  • compensazione del credito IVA infrannuale di importo non superiore a 50.000 euro annui, maturato nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2024;
  • compensazione dei crediti di importo non superiore a 20.000 euro annui, risultanti dalla dichiarazione annuale relativa alle imposte dirette e all’imposta regionale sulle attività produttive per il periodo d’imposta 2022.

Si tratta della compensazione dei crediti di importo comunque superiore a 5.000 euro annui.

I benefici sono riconosciuti anche ai contribuenti che hanno raggiunto un punteggio pari a 8.5, nel calcolo della media semplice dei livelli di affidabilità per i periodi d’imposta 2021 e 2022. In questo caso si premia la consistenza dell’affidabilità nel tempo.

ISA 2023: le ulteriori agevolazioni previste

In merito alla compensazione del credito IVA infrannuale, l’esonero dal visto di conformità o dalla presentazione della garanzia con riferimento all’anno d’imposta 2023 o al credito IVA che risulterà dai primi tre trimestri del 2024 (per importi non superiori a 30.000 euro) è concesso anche in questo caso con punteggio almeno pari o superiore a 8.

Anche in questo caso l’accesso all’agevolazione è consentito anche ai contribuenti con punteggio almeno pari a 8,5, calcolato con la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti in relazione agli anni d’imposta 2021 e 2022.

In merito l’Agenzia delle Entrate specifica che:

“Anche in questo caso l’utilizzo in tutto o in parte del beneficio di esenzione limita l’eventuale ulteriore utilizzo, infrannuale o annuale, atteso che l’importo complessivo dell’esonero per le richieste di rimborso effettuate nell’anno è pari a 50.000 euro.”

Punteggi più alti devono essere raggiunti nel caso di esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative: i contribuenti dovranno aver raggiunto il livello di affidabilità fiscale 9 nell’anno d’imposta 2022, o anche come media semplice dei livelli ottenuti negli anni d’imposta 2021 e 2022.

Per quanto riguarda l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici il punteggio da raggiungere è di 8,5, anche in questo caso con riferimento all’anno d’imposta 2022 o alla media dei periodi 2021 e 2022.

I termini di decadenza per l’attività di accertamento per l’annualità d’imposta 2022 sono inoltre ridotti di un anno per i contribuenti che hanno raggiunto il punteggio di 8.

Per quanto riguarda, invece, l’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo per il periodo d’imposta 2022, deve essere verificata la condizione che lo stesso non ecceda di due terzi il reddito dichiarato. Anche in questo caso il punteggio che deve essere raggiunto è di 9, nel periodo d’imposta indicato o come media dei periodi 2021 e 2022.

In ogni caso, per ottenere i benefici, i contribuenti devono rispettare i seguenti requisiti:

  • nel caso in cui il contribuente consegua redditi di impresa e di lavoro autonomo, gli ISA devono essere applicati a entrambe le categorie reddituali;
  • se il contribuente applica due diversi ISA, compreso il caso in cui l’ISA applicato sia lo stesso per l’attività di impresa e per quella di lavoro autonomo, il punteggio attribuito a seguito dell’applicazione di ognuno di tali ISA, deve essere pari a quello indicato per l’accesso ai benefici (anche sulla base di più periodi d’imposta).

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Cdp fa il pieno negli Usa con lo Yankee bond da un miliardo - Il Sole 24 ORE

I punti chiave

1' di lettura

Il rischio Italia non spaventa gli investitori americani. Cassa Depositi e Prestiti debutta sul mercato dei capitali americano lanciando la sua prima emissione obbligazionaria denominata in dollari, ‘Yankee Bond', per un ammontare complessivo pari a 1 miliardo di dollari.

La platea di investitori

Il primo Yankee Bond emesso da Cdp, si legge in una nota diffusa da Via Goito, ha registrato una domanda pari a circa 3,8 miliardi, superiore di quasi quattro volte l'offerta con ordini provenienti da più di 120 investitori. Il collocamento del bond in valuta statunitense ha visto una rilevante partecipazione di investitori americani,per oltre il 45% su una complessiva partecipazione di investitori esteri pari al 76 per cento.

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Il rendimento offerto

L'emissione, riservata agli investitori istituzionali residenti sia negli Stati Uniti d'America cheal di fuori, ha una cedola annua lorda pari a 5,750% e una scadenza di 3 anni. Attraverso questa operazione, Cdp, spiega la nota, «prosegue la strategia di diversificazione delle proprie fonti di raccolta e rafforza la sua attività di sostegno alle esportazioni delle imprese italiane. Il bond inaugurale in dollari costituisce il primo ingresso sul mercato obbligazionario statunitense, in linea con la strategia di Cdp rivolta all'attrazione di capitali esteri e all'ampliamento della base di investitori».

Il rating e le banche coinvolte

Il rating dei titoli è atteso pari a BBB per S&P e BBB per Fitch. L'operazione ha coinvolto un sindacato di banche, nell'ambito del quale hanno agito, in qualità di joint bookrunners: Bnp Paribas, BofA Securities, Citi, Goldman Sachs International, HSBC, Imi – Intesa Sanpaolo, J.P. Morgan, Morgan Stanley e Société Générale. Citi e J.P. Morgan hanno agito anche in qualità di global coordinators dell'operazione.

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Thursday, April 27, 2023

Wall Street, l'andamento nella seduta del 27 aprile 2023 - SoldiOnline.it

america_2I principali indici azionari statunitensi registrano rialzi nell'ordine dell'1-2%, dopo la diffusione della prima stima del Pil del 1° trimestre 2023, risultata inferiore al consensus degli analisti.

Alle ore 19.25 il Dow Jones era in progresso dell'1,02% a 33.642 punti, mentre l’S&P500 guadagnava l'1,39% a 4.112 punti. Performance migliore per il Nasdaq (+2,04% a 12.096 punti).

Giornata spumeggiante per Meta Platforms (+14,5% a 239,77 dollari), dopo la diffusione dei dati finanziari del 1° trimestre 2023.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

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Frena il pil degli Usa, torna lo spettro della recessione - Agenzia ANSA

Brusca frenata per l'economia americana. Nel primo trimestre il pil è cresciuto solo dell'1,1%, sotto le attese degli analisti e molto meno del +2,6% degli ultimi tre mesi del 2022. Il rallentamento pronunciato riflette gli effetti dell'aggressiva campagna di rialzi dei tassi della Fed e alimenta i timori di una recessione, data quasi per scontata da Wall Street.

A frenare la crescita americana è stato il calo degli investimenti delle aziende e sul mercato immobiliare, ovvero i due fronti più esposti alla stretta della Fed. I consumatori invece si sono mostrati resilienti di fronte alla galoppata dei prezzi: le spese infatti sono salite del 3,7%, meglio del +1% dell'ultimo trimestre del 2022. Ma le incognite sulla tenuta dei consumi sono molte: secondo gli analisti rallenteranno in modo deciso nei prossimi mesi a causa di un'inflazione che rallenta ma si mantiene storicamente elevata con conseguenze pesanti sul potere d'acquisto. Finora gli americani hanno sopportato il caro prezzi grazie alla solidità del mercato del lavoro che, però, inizia a mostrare i primi segnali di debolezza.

Per la Fed si tratta di indicazioni 'positive': la ripresa che rallenta ma non crolla e il mercato del lavoro che si raffredda avranno infatti un impatto sull'inflazione, frenando i prezzi e aiutando una loro discesa verso l'obiettivo del 2%. Nonostante i segnali incoraggianti, la banca centrale americana prepara una nuova stretta la prossima settimana, quando è attesa alzare i tassi di interesse di un altro 0,25%. Da giugno invece è attesa una pausa per valutare l'effetto delle decisioni di politica monetaria sull'economia, considerato che le recenti turbolenze nel settore bancario sono equivalenti a un rialzo del costo del denaro di un quarto di punto. La possibile pausa della Fed potrebbe cadere in un momento di altissima tensione per l'economia americana, ovvero lo scontro sull'aumento del tetto del debito. Le trattative fra i repubblicani e Joe Biden non sono ancora iniziate e il rischio è quello di un default "catastrofico". I primi timori al riguardo iniziano a palesarsi fra gli investitori, andando ad alimentare il nervosismo per un crisi del settore bancario che ancora non appare risolta.

First Republic continua a essere in difficoltà e, secondo indiscrezioni, potrebbe presto vedersi limitato l'accesso ai finanziamenti della Fed. Un'ipotesi che se si materializzasse potrebbe complicare ulteriormente le prospettive della banca, tornando ad alimentare il rischio contagio. Se First Republic trema, segnali confortanti arrivano invece da Deutsche Bank. Pur annunciando il taglio di 800 posti lavoro, la banca tedesca chiude il primo trimestre con un utile di 1,3 miliardi. Le tensioni sul settore bancario e i rialzi dei tassi in Europa e negli Usa rallenteranno, secondo Goldman Sachs, la crescita mondiale nel 2023 al +2,5%. Le Borse seguono con attenzione gli sviluppi dell'economia. E mentre le piazze finanziarie europee si muovono caute - borsa Milano chiude in rialzo dello 0,19% -, Wall Street avanza trovando spunto nei conti delle grandi aziende per correre. Dopo Microsoft e Google sopra le attese, anche Meta svela conti migliori delle previsioni. I ricavi del colosso di Mark Zuckerberg sono saliti nel primo trimestre per la prima volta in quasi un anno, segnando un aumento del 3% a 28,65 miliardi. E per i tre mesi in corso sono attesi in una forchetta i 29,5 e i 32 miliardi di dollari. Risultati che mettono le ali ai titoli Meta, con gli investitori ottimisti sulle prospettive del social con Zuckerberg si è impegnato a controllare le spese e, soprattutto, con le difficoltà di TikTok, la grande rivale di Instagram finita nel mirino di Washington che la vede una minaccia alla sicurezza nazionale.

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Wednesday, April 26, 2023

Bonus mobili 2023, cos'è: come utilizzarlo e a quali lavori o acquisti è destinato - ilgazzettino.it

Bonus bilanci 2023

La nuova legge di Bilancio 2023 ha disposto per il solo anno 2023 il tetto massimo di spesa a 8.000 euro per il bonus mobili. Ma di cosa si tratta? L'incentivo mobili consiste nella detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici destinati ad arredare un immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio.

Elettrodomestici

L’agevolazione è stata prorogata dalla legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021, articolo 1, comma 37) per le spese sostenute negli anni 2022, 2023 e 2024 per acquistare mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore:

  • alla classe A per i forni, 
  • alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, 
  • alla classe F per i frigoriferi e i congelatori.

Gli importi

L'art 1 comma 37 della stessa legge di bilancio 2022 ha disposto la proroga del bonus mobili con una rimodulazione degli importi rispetto al passato e in particolare, la detrazione veniva ripartita tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore:

  • a 16.000 euro per il 2021,
  • a 10.000 euro per l’anno 2022,
  • a 5.000 euro per il 2023 (tetto aumentato a 8.000 euro),
  • a 5.000 euro per il 2024.

Riepilogo tetto massiono Bonus mobili

Bonus mobili                                             Tetto massimo '22    Tetto massimo '23   Tetto massimo '24
Modifiche Legge di Bilancio 2022                10.000                        5.000                         5.000
Modifiche Legge di Bilancio 2023                  "                                8.000                         5.000

Bonus mobili 2023: che cosa è

Il bonus mobili consiste in una detrazione Irpef del 50% per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore:

  • alla classe A per i forni, 
  • alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie,
  • alla classe F per i frigoriferi e i congelatori destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione.

L'agevolazione spetta per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2024 e può essere richiesta solo da chi realizza un intervento di ristrutturazione edilizia iniziato a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.

Si specifica che, la data di avvio lavori ristrutturazione potrà essere provata:

  • dalle eventuali abilitazioni amministrative o comunicazioni richieste dalle norme edilizie,  
  • dalla comunicazione preventiva all’Asl (indicante la data di inizio dei lavori), se obbligatoria,  
  • oppure, per lavori per i quali non siano necessarie comunicazioni o titoli abitativi, da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (articolo 47 del Dpr 445/2000).

Attenzione va prestata al fatto che il contribuente che esegue lavori di ristrutturazione su più unità immobiliari avrà diritto al beneficio più volte. L’importo massimo di spesa va riferito a ciascuna unità abitativa oggetto di ristrutturazione. 

Per quali beni spetta

Il bonus mobili e perciò la detrazione spetta per le spese sostenute fino al 31 dicembre per l’acquisto di:

  • mobili nuovi
  • grandi elettrodomestici nuovi di classe energetica non inferiore classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica.

A titolo esemplificativo, rientrano tra i mobili agevolabili:

  • letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, 
  • nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.

Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (per esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo.

Per quel che riguarda i grandi elettrodomestici, la norma limita il beneficio all’acquisto delle tipologie dotate di etichetta energetica di classe, non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, se per quelle tipologie è obbligatoria l’etichetta energetica.

L’acquisto di grandi elettrodomestici sprovvisti di etichetta energetica è agevolabile solo se per quella tipologia non sia ancora previsto l’obbligo di etichetta energetica. 

Rientrano, per esempio, fra i grandi elettrodomestici: frigoriferi, congelatori, lavatrici, lavasciuga, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento.

Si sottolinea che nell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici possono essere considerate anche le spese di trasporto e di montaggio dei beni acquistati, purché le spese stesse siano state sostenute con le modalità di pagamento richieste.

 

Come pagare e la comunicazione all'ENEA

Per avere la detrazione occorre effettuare i pagamenti con bonifico o carta di debito o credito.  Non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento. 

Se il pagamento è disposto con bonifico bancario o postale, non è necessario utilizzare quello appositamente predisposto da banche e Poste S.p.a. per le spese di ristrutturazione edilizia.

La detrazione è ammessa anche se i beni sono stati acquistati con un finanziamento a rate, a condizione che la società che eroga il finanziamento paghi il corrispettivo con le stesse modalità prima indicate e il contribuente abbia una copia della ricevuta del pagamento.

I documenti da conservare per il bonus mobili 2023 sono:

l’attestazione del pagamento:

  • ricevuta del bonifico, 
  • ricevuta di avvenuta transazione, 
  • per i pagamenti con carta di credito o di debito, documentazione di addebito sul conto corrente
  • le fatture di acquisto dei beni, riportanti la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi acquisiti.

Lo scontrino che riporta il codice fiscale dell’acquirente, insieme all’indicazione della natura, della qualità e della quantità dei beni acquistati, è equivalente alla fattura.

Rispettando tutte queste prescrizioni, la detrazione può essere fruita anche nel caso di mobili e grandi elettrodomestici acquistati all’estero.

Attenzione al fatto che gli acquisti di alcuni elettrodomestici, per i quali si può usufruire del bonus (forni, frigoriferi, lavastoviglie, piani cottura elettrici, lavasciuga, lavatrici) vanno comunicati all’Enea. 

Tutte le informazioni sull’invio della comunicazione sono disponibili sul sito dell’Enea, alla pagina dedicata al “Bonus casa”. La mancata o tardiva trasmissione non implica, tuttavia, la perdita del diritto alle detrazioni (risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019) 

La detrazione in dichiarazione

La detrazione si ottiene indicando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi  (modello 730 o modello Redditi persone fisiche) e spetta unicamente al contribuente  che usufruisce della detrazione per le spese di intervento di recupero del patrimonioedilizio. Per esempio, se le spese per ristrutturare l’immobile sono state sostenute  soltanto da uno dei coniugi e quelle per l’arredo dall’altro, il bonus per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici non spetta a nessuno dei due. Si ha diritto al bonus mobili ed elettrodomestici anche quando il contribuente ha  scelto, in alternativa alla fruizione diretta delle detrazioni per gli interventi di recupero  del patrimonio edilizio, di cedere il credito o di esercitare l’opzione per lo sconto infattura. 

Per quali interventi spetta

Gli interventi edilizi necessari per avere il bonus mobili per l'appartamento sono:

  • manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione  edilizia su singoli appartamenti. I lavori di manutenzione ordinaria su singoli  appartamenti (per esempio, tinteggiatura di pareti e soffitti, sostituzione di pavimenti,  sostituzione di infissi esterni, rifacimento di intonaci interni) non danno diritto al bonus
  • ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi, se è stato  dichiarato lo stato di emergenza
  • restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che entro 18 mesi dal termine dei lavori vendono o assegnano l’immobile
  • manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su parti comuni di edifici residenziali.

Gli interventi edilizi necessari per avere il bonus mobili per le parti condominiali sono:

  • manutenzione ordinaria e straordinaria
  • ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo

Il bonus mobili NON spetta per manutenzione ordinaria nell'appartamento quale:

  • tinteggiatura di pareti e soffitti,
  • sostituzione pavimenti, infissi esterni o sanitari, rifacimento intonaci.

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Rottamazione quater: la rappresentazione nel bilancio al 31.12.2022 - Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook, formulari e videoconferenze accreditate

La comunicazione di accoglimento dell’istanza di definizione agevolata dei carichi iscritti a ruolo, avrà un impatto sui bilanci in corso di approvazione per l’annualità chiusa al 31 dicembre 2022, se la società si avvarrà del maggior termine di 180 dalla chiusura dell’esercizio. Ciò in quanto, sia il codice civile, che il principio contabile OIC n. 29, impongono agli amministratori di recepire nei valori di bilancio fatti rilevanti che incidono in termini patrimoniali, finanziari ed economici, intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio sociale.

La rottamazione quater: aspetti generali

rottamazione quater bilancio 31 12 2022L’articolo 1, commi 231-252, della Legge n. 197/2022, ha introdotto una nuova definizione agevolata per i debiti contenuti nei carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, anche se ricompresi in precedenti misure agevolative di cui si è determinata l’inefficacia.

La disposizione, come noto, prevede la facoltà, per il contribuente, di estinguere i debiti iscritti a ruolo senza corrispondere le somme affidate all’Agente della riscossione a titolo di interessi e sanzioni, interessi di mora nonché il cosiddetto aggio.

Sono da considerare nell’importo dovuto le somme a titolo di capitale e le spese per le procedure esecutive e i diritti di notifica.

Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, comprese quelle per violazioni del codice della strada (tranne le sanzioni irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali), la definizione agevolata si applica limitatamente agli interessi, comunque denominati, e alle somme maturate a titolo di aggio.

Adesione alla definizione agevolata 

Per aderire alla definizione agevolata, entro il 30 giugno 2023, il contribuente deve presentare una dichiarazione di adesione esclusivamente in via telematica.

È possibile pagare gli importi:

  • in un’unica soluzione, entro il 31 ottobre 2023 (data soggetta ad ufficializzazione);
     
  • oppure, in un numero massimo di 18 rate (5 anni), di cui le prime due con scadenza il 31 ottobre e il 30 novembre 2023  (date soggette ad ufficializzazione).
    Le restanti 16 rate, ripartite nei successivi 4 anni, andranno saldate il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.
    La prima e la seconda rata saranno pari al 10% delle somme complessivamente dovute, le restanti rate invece di pari importo.

Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2 per cento annuo, a decorrere dal 1° agosto 2023.

In caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, anche di una sola rata, la Definizione agevolata risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

NDR. Ricordiamo che con un comunicato stampa del 21 aprile scorso, il MEF ha ridefinito (cioè prorogato) i termini della rottamazione

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Tuesday, April 25, 2023

Mutui, perché adesso conviene di più il tasso fisso (ma non è facile ottenerlo dalle banche) - Corriere della Sera

Mutui, perché il tasso fisso costa meno del variabile

In meteorologia si chiama inversione termica. Si verifica quando le temperature in altitudine sono maggiori di quelle a livello del mare. Qualcosa di simile sta avvenendo sul mercato dei mutui, con i tassi fissi che costano meno di quelli variabili. Un fenomeno atipico perché i tassi variabili sono legati all’andamento del costo del denaro a breve mentre i fissi a quello di lunga durata e basta il buon senso per capire che se presto soldi per un tempo maggiore corro più rischi e dovrei far pagare interessi più alti. Così per un mutuo a 20 anni da 140 mila euro per l’acquisto di un’abitazione del valore di 200mila. con un mutuo fisso si paga attorno a 834 euro (tasso 3,8% effettivo) mentre per il variabile ne servono 30 in più (4,2% effettivo). Sul finanziamento a 30 anni il fisso costa il 3,75%, con rata di 648 euro, il variabile ne richiede 40 in più con un tasso del 4,25%.

Leggi anche:
- Mutuo da 140 mila euro, confronta la rata con il tasso fisso e il variabile: le offerte delle banche

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Monday, April 24, 2023

'Rimandato l'ingresso di Lufthansa in Ita Airways' - Agenzia ANSA

L'ingresso di Lufthansa in Ita Airways è stato ritardato. Nonostante la data di chiusura inizialmente annunciata, le trattative con il governo italiano proseguono ancora. Lo ha confermato a Dpa un portavoce della compagnia tedesca. I colloqui sono sulla buona strada, ma non si sarebbero ancora conclusi. Dettagli o una nuova data per la firma del contratto non sono stati comunicati dal gruppo tedesco.

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A Parigi Lvmh a massimi storici, prima europea a 500mld $ capitalizzazione - Il Sole 24 ORE

3' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Lvmh è diventata la prima società europea per capitalizzazione e l'undicesima nel mondo, grazie al rialzo odierno delle azioni, che hanno aggiornato nuovi massimi storici sopra i 905 euro. Anche il patrimonio della famiglia Arnault, proprietaria del 48,2% del gruppo del lusso, è lievitata di misura: da inizio anno si è rivalutata di circa 52 miliardi a oltre 218 miliardi di euro.

Il valore di Borsa supera i 500 mld di dollari

Il valore di Borsa di Lvmh ha superato i 500 miliardi di dollari (455 miliardi di euro circa), beneficiando del rialzo delle azioni e della forza dell'euro, che ha oltrepassato la soglia di 1,10 dollari. E' la prima volta che una società europea vale così tanto. A livello mondiale, Lvmh è diventata l'undicesima in classifica. Dallo scorso 15 marzo, i titoli hanno inanellato un rialzo dietro l'altro, guadagnando complessivamente il 16% e allungando il passo dopo il 12 aprile, giorno in cui il gruppo ha annunciato l'andamento dei ricavi del primo trimestre, nettamente superiore alle attese degli analisti: sono infatti aumentati del 17% a oltre 21 miliardi di euro.

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In cinque anni le azioni hanno reso il 242%

Il rendimento totale delle azioni Lvmh degli ultimi cinque anni è stato del 242%, inferiore solamente a quello di Hermes, secondo i calcoli di Gabriel Debach, analista di eToro . «Siamo ancora ben lontani dai valori americani per capitalizzazione, con Apple che guida la classifica con i suoi 2.600 mila miliardi di dollari (con il suo picco massimo di 2.940 miliardi nel dicembre 2021), ma i dati evidenziano un coefficiente di rapporto tra prezzo e azioni simile: entrambi i rapporti sono intorno a 26 volte, per l'esattezza a 26,7 volte per Apple e 26,6 volte per Lvmh, con il titolo francese che in passato ha fatto segnare valori persino maggiori», ha commentato l'esperto, secondo il quale per le azioni del colosso del lusso è da mettere in conto ancora «una forte crescita». Del resto la società beneficia della diversificazione geografica, con la riapertura del mercato cinese che gioca a favore, così come la maggiore domanda giapponese. Numeri alla mano il mercato europeo e quello americano rappresentano insieme solamente poco meno della metà del fatturato complessivo, esattamente il 49,3% circa. Per altro per Debach la performance registrata dal gruppo in Cina nei primi mesi del 2023, con uno slancio a doppia cifra, è di buon auspicio per l'andamento delle vendite dell’intero anno. L'analista di eToro ha messo in evidenza che la moda sorpassa il tech Usa, «evidenziando una maggiore resilienza ai timori inflazionistici e persino al rallentamento economico».

Il valore delle azioni spinge più in alto il patrimonio degli Arnault

Proprio beneficiando dell'andamento delle azioni di Lvmh il patron Bernard Arnault, sta diventando sempre più ricco. Con la sua famiglia l'imprenditore francese detiene il 48,2% del capitale. Che fosse l’uomo più danaroso del pianeta si sapeva già dallo scorso 2 febbraio, giorno in cui Forbes ha pubblicato la classifica dei Paperon de Paperoni del mondo. A sorpresa era infatti emerso il sorpasso dell’imprenditore francese sui ricconi americani, complice la frenata delle azioni tecnologiche penalizzate dal rialzo del tassi. Secondo i calcoli della rivista, il patron di Lvmh nelle scorse settimane aveva un patrimonio personale di circa 211 miliardi di dollari, superiore a quello di Elon Musk, secondo in classifica con 180 miliardi di dollari, e quasi il doppio rispetto al terzo in classifica, Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, con una ricchezza stimata attorno ai 107 miliardi. Fatto sta che dall'indagine di Forbes il patrimonio di Bernard Arnault è ulteriormente lievitato, considerando l’andamento in Borsa delle azioni di Lvmh, che oggi hanno aggiornato nuovi massimi storici. Numeri alla mano e considerando che la famiglia Arnault possiede il 48% circa del capitale azionario di Lvmh, ciò significa che la quota degli Arnault vale oltre 218 miliardi e che solamente da inizio anno a oggi il loro patrimonio si è rivalutato della bellezza di oltre 52 miliardi di euro. Da inizio febbraio, quando è uscito l’articolo di Forbes, le Lvmh sono passate da circa 809 euro a agli odierni 905 euro, spingendo nel giro di poche settimane il patrimonio della famiglia francese di oltre 24 miliardi.

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Goldman Sachs, "andate corti": Italia sotto attacco finanziario - Liberoquotidiano.it

La grande speculazione finanziaria internazionale mette nel mirino l'Italia? Sarà corso un brivido lungo la schiena a chi siede tra Palazzo Chigi e via XX Settembre dopo aver letto la "profezia" di Goldman Sachs sulla ripresa italiana e il consiglio di Bloombeerg sui titoli di Stato italiani. Due entrante a gamba tesa su due dei principali "attori" della scena mondiale, tra Borsa e Palazzo. Goldman Sachs, tra le banche d'affari più influenti del globo, suggerisce infatti di "andare corti" sui Btp italiani, preferendo i titoli di Stato spagnoli, e questo alla luce di un contesto macro "sfidante" e della politica monetaria restrittiva della Bce. Gli analisti americani, riferisce Bloomberg, si attendono che lo spread tra i Btp e il Bund tedesco salga a 235 punti base entro la fine dell'anno, con i primi messi sotto pressione dall'accelerazione del quantitative tightening a giugno e dagli ulteriori rialzi dei tassi da parte della Banca centrale europea. "Andare corti", in gergo, significa vendere nel giro di poco. Anche perché, secondo Goldman Sachs, l'aumento dello scrutinio della Bce sull'implementazione del Pnrr da parte dell'Italia potrebbe pesare sulle aspettative di crescita in ambito interno. 

L'aria che tira, insomma, non è delle migliori. Tutte le Borse europee risultano fiacche mentre i future su Wall Street sono in lieve flessione. L'apertura di settimana è nel segno dell'attesa per molti dati macroeconomici importanti, tra cui il Pil degli Usa e dell'Eurozona. Francoforte, Londra e Parigi cedono lo 0,2% mentre Milano arretra dell'1%, scontando lo stacco delle cedole da parte di diversi big che pesa per l'1,36% sull'andamento del Ftse Mib. Gli investitori continuano ad attendersi una politica restrittiva da parte delle banche centrali. Le scommesse ribassiste sui future sui Treasury a dieci anni hanno raggiunto il record di 1,29 milioni di contratti

Oltre all'avvertimento di Goldman Sachs sui titoli di Stato italiani, pesano anche le parole di Pierre Wunsch, che profetizza tassi di interesse al 4%: "Aspettiamo che la crescita dei salari e l'inflazione core rallentino, insieme all'inflazione complessiva, prima di arrivare al punto di fermarci", ha spiegato al Financial Times. Sui listini europei faticano utilities ed energia, mentre il petrolio è poco mosso dopo aver recuperato le perdite della prima parte della seduta. A Piazza Affari corrono Stellantis (+2,7%), Banco Bpm (+1,5%), Ferrari (+1,4%) e Unicredit (+1,1%), che hanno tutte staccato il dividendo. Lo spread Btp Bund è in lieve calo a 185 punti base mentre il rendimento del Btp cede 3 punti al 4,31 per cento.
 

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Credit Suisse, continua la fuga dei clienti: addio a 68 miliardi di dollari di depositi in tre mesi - Corriere della Sera

Il passaggio di mano non ha convinto i clienti del Credit Suisse che restano poco fiduciosi sul futuro della banca e continuano a scappare. I correntisti dell’istituto di credito svizzero, salvato in marzo da Ubs che sta completandone l’acquisizione per risolvere la potenziale crisi di liquidità, stanno continuando a togliere i loro soldi dai depositi. Lo dice la stessa Credit Suisse, che in una nota diffusa il 24 aprile a corredo dei risultati finanziari rivela due notizie: a) nel primo trimestre di quest’anno il gruppo elvetico ha registrato «significativi deflussi netti di asset», cioè una fuga di depositi pari a 61,2 miliardi di franchi svizzeri (68 miliardi di dollari al cambio di 0,8920 franchi per un dollaro e circa 62 miliardi di euro al cambio del 24 aprile), il 5% degli asset in gestione a fine 2022; b) la fuga di denaro dai depositi «ha rallentato ma non si è ancora invertita».

L’altalena dei deflussi
Sergio Ermotti, ceo di Ubs
Sergio Ermotti, ceo di Ubs

Nel comunicato si legge che i deflussi «sono stati più acuti nei giorni immediatamente precedenti e seguenti l’annuncio della fusione» con l’Ubs guidata dal ceo Sergio Ermotti. Poi «si sono stabilizzati a livelli molto più bassi ma non hanno ancora invertito la tendenza del 24 aprile».

L’utile con Ubs

I risultati finanziari di Credit Suiss nel primo trimestre, grazie al passaggio a Ubs, sono positivi: l’utile è balzato a 12,4 miliardi di franchi, contro una perdita di 1,39 miliardi nello stesso periodo del 2022, in seguito alla svalutazione di 15 miliardi di franchi dei titoli subordinati At1, deciso per favorire la transazione con Ubs, spinta dal governo elvetico. I deflussi di capitali avevano raggiunto i 123,2 miliardi di franchi nel 2022, di cui 110,5 miliardi nel solo quarto trimestre. Alla fine dello scorso anno, il patrimonio gestito dall’istituto di credito era di circa 1.290 miliardi di franchi, quello di Ubs ammontava invece a 3.960 miliardi, nota l’Adnkronos.

La nuova poltrona per il controllo dei rischi

È stato anche annunciato che Christan Blum, il chief risk officer di Ubs, continuerà a ricoprire il ruolo «per il prossimo futuro, benché avesse annunciato in novembre che avrebbe lasciato, e rimarrà membro della direzione generale. Secondo osservatori, questo ritarderebbe il passaggio di consegne, inizialmente previsto per il primo maggio, a Damian Vogel, che sta assumendo il nuovo ruolo di responsabile dell’integrazione fra i due istituti di credito. «L’impegno attivo di questi due esperti del rischio garantirà che saremo ben preparati e adeguatamente posizionati in quest’area, cosa fondamentale per il nostro successo futuro», ha detto Ermotti, in chiave di rassicurazione dei mercati. In Borsa il titolo Credit Suisse saliva alle ore 10 dell’1,52% (-1,91% dal 18 aprile) e Ubs dell’1,30%, riducendo al -3,34% la perdita degli ultimi cinque giorni.

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Sunday, April 23, 2023

Profitti giù, crollo del titolo, 12mila licenziamenti. Ma il numero uno di Google incassa un premio da 218… - Il Fatto Quotidiano

Boom: 226 milioni di dollari. Che annata il 2022 per Sundar Pichai, il numero uno di Alphabet, la società che controlla Google e YouTube. La sua busta paga è esplosa grazie ad un maxi premio azionario che da 218 milioni di dollari. Eppure l’anno scorso non è stato tra quelli indimenticabili. I profitti sono scesi, il valore del titolo si è quasi dimezzato e, soprattutto, il gruppo ha annunciato 12mila licenziamenti. Ma premio, la cui erogazione è prevista ogni 3 anni, doveva essere e premio è stato. L’amministratore delegato ha ricevuto inoltre 2 milioni di dollari come “fisso” e altri fondi per coprire varie spese. Nel 2021 Pichai aveva ricevuto un compenso di “soli” 6,3 milioni, senza premi. Due anni prima però, nel 2019 aveva incassato invece 281 milioni, incluso un pacchetto di azioni simile a quello accordatogli adesso. Benché ragguardevoli, gli stipendi dei colleghi dell’a.d. sono poca cosa. Il vice presidente Prabhakar Raghavan e il responsabile del business Philipp Schindler hanno incassato 37 milioni a testa. Il responsabile finanziario Ruth Porat 24,5 milioni. Di fronte alle ondate di licenziamenti che stanno interessando il settore Tim Cook, amministratore delegato di Apple, si è ridotto il compenso per il 2023 dopo le polemiche per il suo maxi salario, oltre 100 milioni, dei due anni precedenti.

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Le aziende stanno speculando sull’inflazione? - Il Post

In Europa e negli Stati Uniti i prezzi di molti prodotti stanno continuando ad aumentare, benché siano venute meno molte delle ragioni che avevano causato l’inflazione di questi ultimi anni. Per questo da qualche mese molti economisti stanno prendendo in considerazione un’ipotesi che finora era sostenuta soltanto da una minoranza di analisti: che le aziende stiano speculando sulla situazione generale di aumenti dei prezzi per ottenere più profitti possibili, e che per questo abbiano aumentato i prezzi dei beni e dei prodotti molto più di quanto sarebbe necessario per coprire l’aumento dei costi.

In molti settori le aziende, in pratica, starebbero aumentando i prezzi per approfittare del fatto che i consumatori sembrano disposti a pagare di più, e starebbero in questo modo contribuendo alla crescita dell’inflazione pur di aumentare i propri profitti.

Questa constatazione deriva dal fatto che molti dei fenomeni che avevano originariamente creato un aumento dei costi per le aziende sembrano ormai essere terminati: la pandemia è conclusa, sembra essersi risolta la crisi dei commerci mondiali – che dopo i vari lockdown aveva causato un blocco dei porti, un eccezionale aumento dei costi delle spedizioni marittime, grossi rallentamenti negli approvvigionamenti di materie prime e di numerosi beni, che di conseguenza sono rincarati – e anche il costo dell’energia è tornato su livelli accettabili, sebbene sia ancora più alto rispetto a prima della guerra in Ucraina.

I rincari di oggi sembrano quindi piuttosto ingiustificati e molti analisti, tra cui alcuni di Bloomberg, ritengono che le aziende stiano decidendo arbitrariamente di continuare ad aumentare i prezzi per far crescere ancora i profitti.

Nonostante gli aumenti che ci sono stati nei costi di produzione, le aziende sono riuscite ad aumentare comunque i margini di guadagno: alzando i prezzi di vendita inizialmente si erano protette dai consistenti rincari dei costi di produzione, causati dalle conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina, ma ora gli aumenti non sembrano più giustificati. L’idea che l’inflazione, ossia l’aumento generalizzato del livello dei prezzi, sia guidata dai profitti delle aziende era prima solo un appannaggio degli economisti più di sinistra, ma ora anche le banche centrali la stanno prendendo molto sul serio.

In questi mesi i consumatori hanno accettato i consistenti aumenti dei prezzi perché li ritenevano tutto sommato giustificati da ciò che stava accadendo – prima la pandemia, poi la crisi dei commerci mondiali, infine la guerra in Ucraina e l’aumento del costo dell’energia. Era quindi plausibile che dovessero aumentare i prezzi di un po’ di tutto. Per questo i consumatori sono stati meno sensibili ai rincari e non hanno ridotto di troppo le quantità acquistate, come succede di solito. Molti di loro avevano a disposizione anche i risparmi accumulati durante la pandemia, quando non potevano spendere i loro soldi per attività che ai tempi erano proibite dalle restrizioni, il che ha contribuito a non farli preoccupare troppo dei rincari.

Inoltre, molte persone non avevano davvero idea di cosa fosse l’inflazione perché non l’avevano mai vissuta in prima persona: simili aumenti dei prezzi non si vedevano dagli anni Ottanta e non tutti erano in grado di capire che i rincari che notavano erano molto più alti di quanto serviva a compensare gli aumenti dei costi di produzione per le aziende.

– Leggi anche: Cos’è l’inflazione, spiegato

Due giornalisti di Bloomberg hanno creato il termine excuseflation, dalla crasi tra excuse – ossia scusa, pretesto – e inflation – inflazione: in molti casi l’inflazione vera, ossia gli aumenti dei prezzi che effettivamente ci sono stati, è stata un pretesto usato dalle aziende per aumentare i prezzi più di quanto fosse necessario, e ottenere in questo modo maggiori profitti.

Questo si può notare da alcuni fenomeni. Innanzitutto i margini delle aziende sono effettivamente molto aumentati in parallelo all’aumento dell’inflazione. I margini operativi delle grandi società quotate in borsa – ossia la percentuale di profitto sul totale delle vendite – sono saliti anche se dai calcoli si tolgono le società energetiche, quelle che notoriamente hanno aumentato i guadagni per l’aumento del costo del gas e del petrolio: rispetto a prima della pandemia nel 2022 sono nettamente più alti sia in Europa che negli Stati Uniti.

Un rapporto della Banca Centrale Europea mostra che nell’ultimo trimestre del 2022 i profitti delle aziende erano del 9,4 per cento più alti rispetto all’anno precedente. Lo studio spiega che «gli elevati costi di produzione (per esempio quelli dell’energia) hanno reso per le imprese più facile aumentare i propri margini di profitto, perché allo stesso tempo rendono più difficile stabilire [per il consumatore, ndr] se i prezzi più elevati sono causati da costi o margini più elevati. Le aziende puntano a recuperare le perdite di guadagno dove possibile e il contesto di inflazione elevata può fornire una buona occasione per farlo».

Il rapporto indica che nello stesso periodo anche gli stipendi hanno in parte contribuito all’aumento generale dei prezzi, ma in misura molto minore rispetto ai profitti: nell’ultimo trimestre del 2022 gli stipendi sono aumentati del 4,7 per cento, la metà di quanto sono aumentati i profitti delle imprese.

Da mesi le banche centrali di tutto il mondo stanno aumentando i tassi di interesse di riferimento per combattere l’inflazione. Questo ha un prezzo: l’aumento dei tassi di interesse ha come obiettivo deliberato di rallentare l’economia, quindi l’aumento dei prezzi, e le banche centrali si muovono su una linea sottile tra rallentamento dell’economia e potenziale recessione. Ma se i prezzi sono in aumento perché le aziende cercano di aumentare i profitti questa politica monetaria non è efficace e rischia di produrre solo danni.

In un’intervista al New York Times Fabio Panetta, membro del Consiglio direttivo della BCE, ossia l’organo che prende tutte le decisioni di politica monetaria come l’aumento dei tassi di interesse, ha detto: «io non sono qui per dare un giudizio su quanto questo sia giusto o ingiusto, ma per indagare le cause dell’inflazione. In alcuni settori i costi di produzione stanno scendendo mentre i prezzi al consumo aumentano, così come i profitti. Il fatto che possano esserci aumenti dell’inflazione generati da aumenti nei profitti mi preoccupa come banchiere centrale».

– Leggi anche: Perché le banche centrali aumentano i tassi di interesse

Il fatto che l’inflazione non sia più guidata dai rincari dei costi di produzione si nota anche da un particolare andamento dell’inflazione nell’Eurozona e in vari paesi che la compongono. Da ottobre sta scendendo l’inflazione generale, ossia l’indice che misura mensilmente gli aumenti generali dei prezzi rispetto all’anno precedente. Il fatto che l’inflazione sia oggi in calo non significa che i prezzi stiano diminuendo: in quel caso l’inflazione sarebbe negativa e si chiamerebbe deflazione. Significa invece che l’aumento dei prezzi è stato meno intenso rispetto a quello del mese precedente: se a marzo 2022 un prodotto costava 100 euro, oggi ne costa 103,3, ossia comunque in aumento.

I motivi di questa riduzione sono vari e quello più rilevante è di natura statistica. Il tasso di inflazione infatti viene calcolato in termini mobili: si confrontano i prezzi di marzo 2023 con quelli di marzo 2022, quelli di febbraio 2023 con quelli di febbraio 2022 e così via. La base di partenza è quindi sempre diversa e, dal momento che lo scorso anno l’inflazione è cresciuta molto soprattutto da marzo in poi, via via il confronto viene fatto con mesi in cui i prezzi stavano già iniziando a salire in modo sostanziale.

L’inflazione annuale di marzo, per esempio, viene calcolata confrontando i prezzi di oggi con quelli di marzo 2022, ossia il primo mese della guerra in Ucraina, l’evento che ha fatto aumentare tantissimo i prezzi dell’energia e quindi in generale quelli di un po’ di tutto. Oggi i prezzi dell’energia sono tornati su livelli più bassi un po’ ovunque, ma confrontando l’inflazione generale con la cosiddetta inflazione di fondo – quella che si ottiene togliendo dall’indice generale i prezzi di cibo ed energia, cioè quelli più volatili molto suscettibili a movimenti improvvisi – emerge che il tasso di inflazione è ancora molto alto.

Questo significa che i rincari del costo dell’energia non spiegano più gli aumenti dei prezzi: possono essere spiegati anche da un’economia che va piuttosto bene, dove la domanda dei consumatori è superiore a quanto le aziende riescono a produrre, ma anche dal fatto che le aziende stanno continuando ad aumentare arbitrariamente i prezzi di vendita.

Un’ulteriore riprova del fatto che i prezzi ormai non seguono più gli aumenti dei costi di produzione è legata all’andamento dei prezzi del cibo.

L’indice FAO è una misura mensile dei prezzi internazionali di un gruppo di materie prime alimentari come cereali, oli vegetali, prodotti lattiero-caseari, carni e zucchero. Rappresenta bene cosa succede nel mercato del cibo su scala mondiale, a livello complessivo ma anche per singola categoria merceologica. Dopo costanti aumenti a partire dalla fine del 2020, l’indice è in netto calo da maggio 2022. Nonostante questo stanno aumentando ancora i prezzi finali che pagano i consumatori, misurati dall’inflazione sui beni alimentari di Eurostat.

– Leggi anche: La crisi dei commerci mondiali sta finendo?

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