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Tuesday, October 31, 2023

In arrivo a novembre versioni di Facebook e Instagram a pagamento, perché e quali sono i costi - Geopop

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Come già vi avevamo anticipato qualche settimana fa, Facebook e Instagram, i due social network dell'azienda Meta di Mark Zuckerberg, introdurranno una versione a pagamento delle piattaforme nei Paesi dell'Unione Europea, dello Spazio Economico Europeo e in Svizzera. L'abbonamento sarà di tipo mensile e consentirà agli utenti di utilizzare i social di Meta senza la presenza di pubblicità.

Per quanto riguarda i prezzi degli abbonamenti, sono stati confermate le anticipazioni diffuse nelle scorse settimane.  Nel suo comunicato ufficiale, Meta dichiara infatti:

A seconda di dove lo acquisti costerà 9,99 €/mese sul web o 12,99 €/mese su iOS e Android. Indipendentemente da dove acquisti, l'abbonamento verrà applicato a tutti gli account Facebook e Instagram collegati nel Centro account di un utente. […] a partire dal 1° marzo 2024 verrà applicata una tariffa aggiuntiva di 6 €/mese sul web e 8 €/mese su iOS e Android per ogni account aggiuntivo elencato nel Centro account di un utente.

Sarà obbligatorio pagare per utilizzare Facebook e Instagram?

Come aveva dichiarato lo stesso Mark Zuckerberg, pagare non sarà obbligatorio: rimane sempre la possibilità di continuare a utilizzare gratuitamente i due social di Meta, accettando però di condividere con tali piattaforme i propri dati al fine di ricevere annunci pubblicizzati profilati. Sulla possibilità di continuare a utilizzare i propri social network gratuitamente si è espressa la stessa Meta:

Se scegli di continuare a utilizzare i nostri prodotti gratuitamente, la tua esperienza rimarrà la stessa e tale esperienza continuerà a essere supportata dagli strumenti e dalle impostazioni che abbiamo creato per consentire alle persone di controllare la propria esperienza pubblicitaria.

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Perché sono e introdotte le versioni a pagamento

Come dichiarato nel comunicato ufficiale rilasciato da Meta, la scelta di consentire agli utenti di eliminare la concessione al trattamento dei dati personali a scopo pubblicitario è figlia della sentenza C-252/21 del 4 luglio 2023 con la quale la Corte di Giustizia UE ha posto dei forti limiti alle attività intraprese da Meta in tema di trattamento dei dati. A causa di questa sentenza, il gruppo Meta ha dovuto infatti rivedere parzialmente la strategia, basata sul finanziamento tramite pubblicità online, che li ha contraddistinti in tutti questi anni.

Sotto la lente di ingrandimento della Corte di Giustizia Europea sono infatti finiti i dati che Facebook e Instagram collezionano sugli utenti, come quelli inseriti durante la fase di registrazione alle piattaforme o quelli relativi ai dispositivi e alle azioni compiute dagli utenti sia internamente che esternamente ai servizi forniti da Meta. Per il trattamento di questi dati Meta si è sempre appoggiata alle proprie condizioni generali d'uso a cui gli utenti devono aderire durante la fase di iscrizione.

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L'istituzione di piani a pagamento serve, per stessa ammissione di Meta, a far sì che tutti gli utenti che continueranno a utilizzare gratis le loro piattaforme (presumibilmente la stragrande maggioranza) stiano tacitamente accettando l'utilizzo dei propri dati personali da parte di Meta. In base alle informazioni fornite dall'azienda, tale scelta sembrerebbe dunque indirizzata a eliminare una volta per tutte le critiche e le accuse sul trattamento dei dati degli utenti, più che a far cassa con gli abbonamenti di chi si iscriverà. In merito a ciò Meta ha dichiarato:

La possibilità per le persone di acquistare un abbonamento senza pubblicità bilancia i requisiti delle autorità di regolamentazione europee offrendo allo stesso tempo agli utenti la scelta e consentendo a Meta di continuare a servire tutte le persone nell'UE, nello Spazio Economico Europeo e in Svizzera. Nella sua sentenza, la CGUE ha espressamente riconosciuto che un modello di abbonamento, come quello che stiamo annunciando, è una forma valida di consenso per un servizio finanziato dalla pubblicità.

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Stellantis, ricavi oltre le attese. Lo sciopero Uaw non cambia i target - Il Sole 24 ORE

3' di lettura

L’eredità del lungo sciopero negli Stati Uniti è molto pesante, ma il gruppo Stellantis, visti i risultati del terzo trimestre conferma la guidance per l’intero 2023 con un margine sull’utile operativo rettificato a doppia cifra e con un free cash flow industriale positivo. Rialzate invece le prospettive in Nord America, con una crescita ora stimata all’8%, nell’Europa allargata a +10% e in Medio Oriente e Africa a +10%. Sottolineando il miglioramento di questo outlook la chief financial officer Natalie Knight, ha ribadito l’impegno a «mantenere il focus su vendite, controllo dei costi e redditività».

«Nella prima metà di quest’anno - ha dichiarato Knight - Stellantis è emersa come leader del settore per utile operativo, margine sull’utile operativo e free cash flow industriale tra i suoi concorrenti comparabili. Oggi, siamo concentrati nel mantenere il nostro slancio offrendo redditività e flussi di cassa leader del settore, affrontare le sfide critiche del settore a breve termine e continuare la nostra elettrificazione e trasformazione tecnologica. Questa crescita sta sostenendo l’attuazione della nostra strategia Dare Forward 2030».

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L’impatto sull’Ebit a confronto: meglio Stellantis

Le interruzioni del lavoro causate dalle sei settimane di trattativa con la United auto workers hanno influito negativamente sui ricavi netti per circa 3 miliardi di euro. Il peso sull’utile operativo è stato stimato da Stellantis «in meno di 750 milioni di euro» prima delle imposte, ha precisato Knight. Un dato che va messo a confronto con i (circa) 950 milioni di General Motors e il miliardo e 200 milioni (sempre in euro) di Ford.

Ricavi e consegne in crescita, su le stime

A pochi giorni dall’accordo con Uaw negli Usa e con Unifor in Canada, il quarto gruppo automobilistico globale ha comunque potuto comunicare risultati positivi per il terzo trimestre, che ha visto una crescita di consegne e ricavi. Questi ultimi oltre le attese, sostenuti da prezzi stabili, miglioramento della logistica e forte domanda per modelli come la Jeep Avenger elettrica.

I ricavi netti, quindi, sono stati pari a 45,1 miliardi di euro, in aumento del 7% rispetto al terzo trimestre 2022, «riflettendo principalmente il miglioramento dei volumi e la coerenza dei prezzi, parzialmente compensati dall’impatto dei cambi», si legge nella nota del costruttore. Le consegne hanno toccato quota 1,427 milioni di unità, in aumento dell’11% rispetto al terzo trimestre del 2022. Europa allargata, Medio Oriente e Africa, Nord America e Sud America segnalano miglioramenti anno su anno. Nei nove mesi l’incremento è stato del 10% sia per i ricavi che per le consegne consolidate (a 4,629 milioni). La crescita maggiore si è registrata in Europa e nell’area Medio Oriente e Africa (+10%). Un passo indietro il Nord America (+8%).

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Borsa Italiana, il commento della seduta del 31 ottobre 2023 - SoldiOnline.it

Avvio cauto per Stellantis, dopo la diffusione dei dati finanziari e operativi relative al 3° trimestre. Pertanza brillante, invece, per Prysmian

mercato-azionario-crescitaI maggiori indici di Borsa Italiana e le principali piazze finanziarie europee hanno iniziato la giornata con progressi frazionali.

Alle ore 09.10 il FTSEMib guadagnava lo 0,36% a 27.437 punti, mentre il FTSE Italia All Share era in rialzo dello 0,4%. Segno più anche per il FTSE Italia Mid Cap (+0,69%) e per il FTSE Italia Star (+0,74%).

I principali indici azionari statunitensi hanno terminato la seduta di ieri con rialzi superiori al punto percentuale. Il Dow Jones ha messo a segno un progresso dell'1,58% a 32.929 punti, mentre l’S&P500 ha guadagnato l'1,2% a 4.167 punti. Performance simile per il Nasdaq (+1,16% a 12.789 punti).

Seduta positiva per la Borsa di Tokyo. L’indice Nikkei ha registrato un progresso dello 0,53% a 30.859 punti, dopo aver oscillato tra un minimo di 30.553 punti e un massimo di 30.974 punti. Nessuna sorpresa dalla Bank of Japan, che ha confermato le principali linee guida della politica monetaria, introducendo maggiore flessibilità nella gestione della curva dei rendimenti.

Il bitcoin si attesta poco sopra i 34.000 dollari (poco più di 32.000 euro).

Lo spread Btp-Bund resta sotto i 195 punti, con il rendimento del Btp decennale che si è riportato sotto il 4,75%.

L’euro si attesta oltre gli 1,06 dollari.

Stellantis registra una minima flessione dello 0,07% a 17,028 euro. La società ha fornito alcune indicazioni finanziarie e operative relative al 3° trimestre del 2023 e ha confermato la guidance per l’esercizio in corso.

Qualche spunto tra i titoli del settore bancario.

Avvio positivo per il BancoBPM (+1,31%) e per BPER Banca (+1,79%).

Partenza brillante per Prysmian (+2,16% a 35,07 euro). La società ha comunicato di aver firmato un accordo del valore di circa 900 milioni di euro con Clean Path New York per fornire sistemi in cavo sottomarino e terrestre per uno dei più grandi progetti di infrastrutture di trasmissione negli Stati Uniti.

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Borsa Italiana, il commento della seduta del 31 ottobre 2023 - SoldiOnline.it

Avvio cauto per Stellantis, dopo la diffusione dei dati finanziari e operativi relative al 3° trimestre. Pertanza brillante, invece, per Prysmian

mercato-azionario-crescitaI maggiori indici di Borsa Italiana e le principali piazze finanziarie europee hanno iniziato la giornata con progressi frazionali.

Alle ore 09.10 il FTSEMib guadagnava lo 0,36% a 27.437 punti, mentre il FTSE Italia All Share era in rialzo dello 0,4%. Segno più anche per il FTSE Italia Mid Cap (+0,69%) e per il FTSE Italia Star (+0,74%).

I principali indici azionari statunitensi hanno terminato la seduta di ieri con rialzi superiori al punto percentuale. Il Dow Jones ha messo a segno un progresso dell'1,58% a 32.929 punti, mentre l’S&P500 ha guadagnato l'1,2% a 4.167 punti. Performance simile per il Nasdaq (+1,16% a 12.789 punti).

Seduta positiva per la Borsa di Tokyo. L’indice Nikkei ha registrato un progresso dello 0,53% a 30.859 punti, dopo aver oscillato tra un minimo di 30.553 punti e un massimo di 30.974 punti. Nessuna sorpresa dalla Bank of Japan, che ha confermato le principali linee guida della politica monetaria, introducendo maggiore flessibilità nella gestione della curva dei rendimenti.

Il bitcoin si attesta poco sopra i 34.000 dollari (poco più di 32.000 euro).

Lo spread Btp-Bund resta sotto i 195 punti, con il rendimento del Btp decennale che si è riportato sotto il 4,75%.

L’euro si attesta oltre gli 1,06 dollari.

Stellantis registra una minima flessione dello 0,07% a 17,028 euro. La società ha fornito alcune indicazioni finanziarie e operative relative al 3° trimestre del 2023 e ha confermato la guidance per l’esercizio in corso.

Qualche spunto tra i titoli del settore bancario.

Avvio positivo per il BancoBPM (+1,31%) e per BPER Banca (+1,79%).

Partenza brillante per Prysmian (+2,16% a 35,07 euro). La società ha comunicato di aver firmato un accordo del valore di circa 900 milioni di euro con Clean Path New York per fornire sistemi in cavo sottomarino e terrestre per uno dei più grandi progetti di infrastrutture di trasmissione negli Stati Uniti.

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Monday, October 30, 2023

Chimica italiana: produzione in calo del 9% nel 2023 - Il Sole 24 ORE

I punti chiave

4' di lettura

Tra gli industriali della chimica serpeggia una certa preoccupazione, tanto per la chiusura di quest’anno, quanto per le previsioni del prossimo. La produzione industriale dei primi otto mesi del 2023 è infatti in calo del 9,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo fa prevedere una chiusura del 2023 al meno 9%. E anche per il 2024 non si prevedono grandi rimbalzi: per ora si parla solo dell’1%. La domanda di chimica risulta in diffuso arretramento, senza segnali di ripresa, in molti settori: le costruzioni scontano una decisa frenata, dopo il boom del 2021-2022, ma i volumi di attività risultano in calo anche in ambiti meno ciclici come l’alimentare. Mostrano andamenti più positivi solo i settori che beneficiano ancora di spazi di rimbalzo post-pandemico, come la cosmetica e l’auto.

Il quadro europeo

La chimica è in contrazione in tutta Europa con un andamento particolarmente penalizzante in Germania (-14% in gennaio-agosto) che rappresenta per l’Italia il primo partner commerciale (quota sull’export pari al 13%). Domanda debole e profonda incertezza rendono concreti i rischi di razionalizzazione di alcune produzioni ad elevata intensità energetica.

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Il ruolo della chimica in Italia

Gli imprenditori si sono riuniti al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano per l’assemblea annuale dove è stato eletto all’unanimità come nuovo presidente Francesco Buzzella, che succede a Paolo Lamberti, e non possono non sottolineare che dopo avere dimostrato grande capacità di reazione alla pandemia, risultano tra i più penalizzati dalla crisi energetica. In un contesto che, nel 2023, vede anche l’indebolimento della domanda. Il nostro Paese, a forte vocazione manifatturiera, conta su un’industria chimica che ha un valore della produzione di oltre 66 miliardi di euro nel 2022 e rappresenta la quinta industria: ha 2.800 imprese e 112mila addetti. Ciò che però tutti sottolineano è che il 95% dei manufatti ha una componente chimica, dall’alimentare alla cosmesi fino all’automotive, nessuno escluso.

Il peso della crisi energetica

Il rientro dei costi dai picchi del 2022 rappresenta un sollievo, ma la crisi energetica non può dirsi superata. Il prezzo del gas, che si riflette anche sull’elettricità, si mantiene su livelli superiori al pre-crisi (più che doppi nella media dei primi 9 mesi) e alle altre aree geografiche (oltre il triplo rispetto agli USA) in presenza di rischi al rialzo con l’avvicinarsi dell’inverno. Per effetto dell’accelerazione impressa dall’Europa agli obiettivi di riduzione delle emissioni, anche il costo dei permessi per le emissioni di CO2 nell’ambito del sistema ETS è salito dai 25 euro del 2019 ad oltre 85 euro nella media del 2023 in presenza di compensazioni dei costi indiretti legati all’elettricità solo parziali in Italia a causa dell’insufficienza dei fondi disponibili (nel 2021 erogazioni pari al 24% per i settori ammessi), è stato spiegato nel corso dell’assemblea.

Buzzella (Federchimica): "Crisi chimica anticipa quella manifattura, serve svolta"

Le strategie delle imprese per contenere i costi

Per contenere i rincari di costo, le imprese chimiche stanno utilizzando ogni leva disponibile, inclusa la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi e la riformulazione dei prodotti, oltre ad investire con convinzione nella cogenerazione, nelle rinnovabili e nell’economia circolare. Tuttavia, l’integrale sostituzione dei combustibili fossili, come petrolio e gas naturale, che nella chimica hanno il duplice ruolo di fonti energetiche e materie prime, al momento non è realizzabile. La specializzazione italiana nella chimica delle specialità e di consumo, con una quota di produzione settoriale del 61% a fronte del 45% a livello UE) rappresenta un fattore di relativa tenuta, anche alla luce del rientro delle quotazioni del gas su livelli più gestibili. Ma non attutisce le preoccupazioni. La filiera è strettamente interconnessa, di conseguenza l’indebolimento delle fasi a monte danneggia anche le attività a valle.

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Piazza Affari, la Borsa migliore al mondo (nell’ultimo anno): c’è ancora spazio per correre? I consigli - Corriere della Sera

Piazza Affari regine dei mercati (con le Big Tech): le ragioni

Piazza Affari, regina dei mercati: se si guarda ai rendimenti in euro consegnati dalle principali Borse mondiali negli ultimi 12 mesi, nessuna ha fatto meglio di quella milanese, capace di doppiare, con un guadagno del 30,7%, persino l’ottima performance (a sorpresa) dei titoli tecnologici americani. I motivi stanno, in larga parte, nella composizione settoriale del Ftse Mib: le banche — favorite dalla brusca risalita dei tassi, che ha rimpolpato il margine d’interesse, componente chiave del conto economico — valgono da sole il 22,6% del paniere. Poi c’è il settore energetico (12,1%), trainato, a sua volta, dalla ripresa delle quotazioni petrolifere durante l’estate e oltre, dopo lo scoppio del conflitto tra Israele e Palestina. Insieme, fanno un terzo della capitalizzazione di Borsa. Non stupisce che tra i venti titoli più rappresentati nei portafogli dei dieci fondi azionari Italia con le migliori performance a 12 mesi (vedi tabella), ci siano quattro big della finanza, come Intesa, Unicredit, Mediobanca e Mps, più Eni. Va detto che, a partire da fine luglio, anche la Borsa italiana ha perso quota, in sintonia con i principali indici globali.

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Borse europee in cauto rialzo con occhi a macro e Fed. Asia contrastata - Il Sole 24 ORE

2' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Le Borse europee aprono col piede giusto la nuova settimana dopo la debolezza della scorsa ottava e in attesa degli appuntamenti macroeconomici in calendario nei prossimi giorni, a partire dalla decisione della Fed sui tassi di interesse che sarà annunciata giovedì. A Piazza Affari sale il FTSE MIB Mib, mentre nel resto del Vecchio Continente viaggiano in progresso anche Francoforte (DAX 40), Parigi (CAC 40) e Amsterdam (AEX). Gli investitori continuano a monitorare gli sviluppi della guerra tra Israele e Hamas nonché il prosieguo della stagione delle trimestrali. Negli scambi sono in calo asset rifugio come oro e titoli di Stato, mentre le operazioni militari israeliane a Gaza sembrano procedere in modo più cauto di quanto temuto da alcuni osservatori.

Pil Germania a -0,1% nel III trimestre, meglio di attese

Nel terzo trimestre il Pil della Germania è sceso dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,3% in confronto allo stesso periodo del 2022. L'attesa era per un calo dello 0,2% congiunturale e dello 0,7% tendenziale. Il Pil del secondo trimestre è stato rivisto al +0,1% congiunturale.

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A Milano in luce St, bene Mediobanca dopo rinnovo cda

Tra i titoli milanesi a maggiore capitalizzazione, Stmicroelectronics si mette in luce dopo aver chiuso in rosso la seduta di venerdì. Bene anche Prysmian, Hera e Italgas, mentre sono in rosso Iveco Group e Banca Mps. Sotto la parità anche Unicredit nonostante l'avvio del buyback da 2,5 miliardi. Guadagna invece Mediobanca dopo la vittoria della lista del cda nell'assemblea di sabato: i soci hanno quindi confermato fiducia nel management guidato dall'a.d. Alberto Nagel.

Frenano oro e petrolio. Euro in calo sotto 1,06 dollari

Naviga a vista il mercato valutario che per ora ha scongiurato il rischio di un'eccessiva volatilità dettata dalla situazione in Medio Oriente. Il cambio euro/dollaro continua ad oscillare tra 1,05 e 1,06 evidenziando una tendenziale debolezza della moneta unica. Sotto osservazione lo yen che, verso dollaro, rimane a poca distanza dalla soglia psicologica di 150 in vista della riunione BoJ di questa notte.

Sul fronte energetico, la mancata escalation in Medio Oriente al momento, ha raffreddato l'andamento del prezzo del petrolio con il Brent che è tornato a scambiare sotto i 90dollari al barile. Nuovo balzo del gas europeo TTF in scia ai rinnovati timori legati alla provenienza da Israele dopo che l’Egitto, paese da cui transitano i flussi verso l’Europa, ha deciso di bloccare le importazioni.

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Sunday, October 29, 2023

Bonus elettrico, come cambia: tutto quello che c’è da sapere in 10 domande e risposte - Il Sole 24 ORE

3) A quanto potrebbe ammontare il beneficio?

Dipenderà ovviamente dalla platea considerata. Se sarà quella più ristretta, l’assegno sarà di circa 71 euro e riguarderà 2,8 milioni di nuclei, come detto. Se, invece, si considererà l’asticella più alta per l’Isee, il contributo straordinario scenderà a 46 euro circa.

4) Fino a quando si accederà al bonus con Isee fino a 15mila?

In assenza di ulteriori iniziative da parte del governo, la legge 197 del 2022 stabilisce che l’innalzamento della soglia Ise fino a 15mila vada a traguardo con la fine dell’anno. Come per l’altra modifica che riguarda le famiglie numerose, quelle con almeno 4 figli a carico: il decreto legge 34 ha portato la soglia Isee di accesso al bonus da 20mila a 30mila euro ma questa asticella durerà per solo tutto il 2023. Anche su questo, quindi, il governo dovrà dira una parola chiara.

5) Il contributo extra è previsto per l’ultimo trimestre 2023?

Sì, è previsto. Nel decreto energia approvato dal Consiglio dei ministri a fine settembre, erano contenuti 300 milioni a favore dello stanziamento nell’ultimo trimestre dell’anno di questa misura, destinata, vale la pena di ricordalro solo ai titolari del bonus elettrico e la cui erogazione replica quella delineata per il bonus, cioè crescente in funzione della numerosità dei componenti del nucleo familiare.

6) Il governo ha deciso anche un aggiornamento del bonus?

Sì, l’aggiornamento è arrivato con lo stesso decreto appena citato. Con l’articolo 1 di quel provvedimento si fa scattare l’adeguamento del bonus base che è rimasto fermo negli ultimi due anni in virtù della presenza di assegni extra e che invece adesso l’Arera ha allineato in modo da garantire, come prevede il funzionamento del bonus sociale, una riduzione del 30% della spesa attesa per il IV trimestre 2023 per l’elettricità e del 15% di quella per il gas.

7) L’entità dell’adeguamento e dell’assegno extra è variabile?

La somma dell’aggiornamento del bonus e del contributo straordinario ha un andamento differente a seconda della numerosità del nucleo familiare, cioè crescente man mano che salgono i componenti familiari. Per erogare i due benefici, l’Arera ha infatti suddiviso i beneficiari in più classi di agevolazione. Un primo gruppo è rappresentato dai nuclei il cui Isee è fino a 9.530 euro, mentre un secondo gruppo è costituito da coloro che hanno un Isee fino a 15mila. Infine, ci sono le famiglie numerose cioè quelle con almeno 4 figlia a carico e che possono accedere accesso al bonus con Isee fino a 30mila euro.

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Calamità naturali, scatta obbligo di polizza: multe salate per chi non la fa - QuiFinanza

Le imprese a rischio calamità naturali saranno supportate con incentivi fino al 2024, a condizione che stipulino una polizza contro i danni da catastrofi. Questo è quanto previsto dalla bozza della legge di bilancio in tema di aiuti alle imprese legati alle calamità naturali. Nel contempo, sono partiti i ristori per le imprese turistiche danneggiate dalle alluvioni di maggio 2023.

Chi non si conformasse a questa normativa sarebbe soggetto a multe che potrebbero arrivare fino a un milione di euro.

Assicurazione contro calamità naturali: cosa prevede la Legge di Bilancio

La proposta di legge di bilancio richiede che tutte le imprese operanti sul territorio nazionale stipulino contratti assicurativi entro il 31 dicembre 2024 per coprire i danni alle loro immobilizzazioni materiali causati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi in Italia. Questa obbligazione si applica sia alle imprese con sede legale in Italia che a quelle con una stabile organizzazione nel paese, e sono tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese.

Le calamità naturali e gli eventi catastrofali inclusi in questa copertura comprendono terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, fenomeni di bradisismo, frane, inondazioni ed esondazioni.

Le imprese che rifiutano o eludono l’obbligo di stipulare queste polizze assicurative saranno soggette a una sanzione amministrativa pecuniaria che varierà da 200 mila a un milione di euro. Inoltre, l’inadempimento a questa normativa influirà negativamente sull’accesso a contributi, sovvenzioni o agevolazioni di natura finanziaria offerti dal bilancio dello Stato, inclusi quelli previsti in caso di eventi catastrofali.

Contributi post-alluvione

I ristori destinati alle imprese colpite dagli eventi alluvionali a partire dal 1° maggio 2023 saranno concessi principalmente sotto forma di crediti d’imposta, con un massimo di 40.000 euro. Se l’importo supera questa cifra, potranno essere erogati tramite finanziamenti bancari agevolati. Le attività turistiche, in particolare, potranno richiedere fino a 10 milioni di ristori, a condizione che presentino domanda entro il 6 novembre.

Questi contributi per la ricostruzione nelle aree colpite dagli eventi alluvionali dal 1° maggio 2023 saranno regolati dal Decreto Legge 61 del 1° giugno 2023. Saranno offerti alle imprese sia come crediti d’imposta che come finanziamenti bancari agevolati. Gli aiuti saranno erogati direttamente dal Commissario straordinario, fino a un massimo di 20.000 euro per soggetti privati che non svolgono attività commerciali e sociali, e fino a 40.000 euro per soggetti che invece operano in tali settori, nel rispetto delle risorse disponibili.

Qualora l’importo totale superi questi limiti, l’intero ammontare potrà essere erogato sotto forma di finanziamento agevolato, basato sul progresso dei lavori, dei servizi prestati e sull’acquisizione di beni necessari per i progetti sostenuti dai contributi.

I finanziamenti bancari agevolati daranno diritto a un credito d’imposta, che potrà essere utilizzato solo in compensazione. Questo credito di imposta sarà calcolato in base all’importo totale, sommando il capitale, gli interessi dovuti e le spese necessarie per la gestione dei finanziamenti. Le modalità per beneficiare di questo credito di imposta saranno stabilite attraverso un provvedimento emanato dal direttore dell’Agenzia delle entrate.

L’ammontare totale stanziato per questi aiuti ammonta a 50 milioni di euro all’anno, per un periodo di 25 anni a partire dal 2024.

Aiuti alle attività turistiche

Le richieste di contributi per le imprese che svolgono attività turistiche e ricettive, e che hanno subito danni causati da eventi alluvionali a partire dal 1° maggio 2023, potranno essere presentate fino alle 18 del 6 novembre. Le modalità di accesso a questi aiuti sono state stabilite attraverso un decreto emanato dal ministro del Turismo, in collaborazione con il ministro dell’Economia e delle finanze, datato 15 settembre 2023 e identificato con il protocollo 19403/23.

Questi contributi sono rivolti alle seguenti categorie di attività: attività turistiche e ricettive, porti turistici, stabilimenti termali e balneari, parchi tematici e parchi di divertimento, agriturismi, ristorazione, trasporto di viaggiatori mediante noleggio autobus con conducente e settore fieristico.

Ciascun beneficiario ha diritto a ricevere un contributo che copre l’intero danno materiale subito e/o il ristoro richiesto a causa della riduzione dell’utile avvenuta nel periodo compreso tra il 1° maggio e il 31 luglio 2023, fino al 100% del totale.

Quanto ci costano i disastri del clima

In Italia, negli ultimi anni, la crescente frequenza e intensità di eventi climatici straordinari, al di fuori dell’ordinario, sta diventando sempre più evidente. Non ci sono solo i rischi sismici da affrontare, ma anche episodi come le raffiche di vento e pioggia che hanno causato danni alle case a Milano, le inondazioni nelle Marche e in Emilia Romagna, e gli incendi che hanno devastato la Sicilia per giorni. Questa emergenza sta gradualmente diventando una problematica sistematica, e richiede risposte strutturali per la gestione e il contenimento di tali eventi.

I dati confermano questa crescente tendenza. Dal 2022 all’inizio del 2023, si è registrato un aumento del 135% degli eventi estremi. Solo nei primi cinque mesi dell’anno, sono stati segnalati 122 eventi estremi, rispetto ai 52 nello stesso periodo del 2022, secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente. Questo implica un aumento significativo del costo associato a tali eventi.

Tra il 2010 e il 2020, l’Italia ha già affrontato costi per un totale di 36,5 miliardi di euro, secondo Eurostat. Inoltre, Eurostat ha notato una “chiara tendenza” di un aumento annuale del 2% nelle spese associate a questi eventi nel corso dell’ultimo decennio.

Tutto ciò rende ancora più urgente la discussione sulle polizze assicurative contro le calamità naturali, che potrebbero fornire una maggiore sicurezza economica in un contesto di cambiamenti climatici sempre più evidenti.

Alto rischio, ma poca copertura per le abitazioni private

L’Italia, nonostante la crescente esposizione agli eventi climatici estremi e al cambiamento climatico, non ha ancora adottato un’assicurazione obbligatoria contro tali eventi. Questo è particolarmente rilevante per regioni come il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna, che si collocano tra le dieci aree europee con la maggiore esposizione a eventi meteorologici estremi e ai rischi climatici previsti per il 2050, come indicato nella classifica del Global Domestic Climate Risk.

Poco più dell’80% delle abitazioni civili in Italia, che ammontano a oltre 35 milioni, si trova in aree ad alto o medio rischio. Sorprendentemente, l’Italia è, dopo la Grecia, il paese europeo con il divario più ampio tra le perdite subite a causa di calamità naturali e gli importi effettivamente coperti dalle polizze assicurative. Nel 2021, questo divario è stato stimato dall’Istat a 4,3 miliardi di euro.

In Italia, solo poco più del 5% delle abitazioni private è assicurato contro calamità naturali come terremoti o alluvioni, mentre il 44% è coperto contro gli incendi. Questo nonostante dal 1° gennaio 2018, i contribuenti che stipulano o rinnovano polizze di questo tipo possono beneficiare di una detrazione fiscale del 19% sul premio pagato. La situazione evidenzia la necessità di promuovere ulteriormente la consapevolezza sull’importanza dell’assicurazione contro i rischi climatici e di valutare misure per favorirne una più ampia adozione in un paese sempre più soggetto a eventi meteorologici estremi.

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Caldo anomalo e l'inverno che non arriva: "I saldi a Pesaro? Ritardiamoli" - il Resto del Carlino

Pesaro, 29 ottobre 2023 – Un clima californiano è stato definito quello che si sta vivendo: una perenne primavera inoltrata con gente ancora al mare in costume. Ma è uno stato di cose che non va bene per tutti ad iniziare dai commercianti "che in questo momento dell’abbigliamento autunno inverno non stanno vendendo niente, perché ci sono in giro per la città persone che ancora girano con le infradito ai piedi e le magliettine con le maniche corte", dice Davide Ippaso responsabile della Confesercenti provinciale. Un problema quello del caldo anomalo che l’associazione di categoria si sta ponendo per tutelare gli esercenti cittadini "per cui chiediamo che i saldi che sono stati fissati per il 5 gennaio vengano posticipati, per il momento, almeno al 20 gennaio. Perché in un mese e mezzo o poco più che si ha davanti per dare inizio alle svendite è impossibile vendere tutta la merce a prezzo pieno. In queste condizioni gli esercenti hanno difficoltà a stare in piedi per cui rivolgiamo un appello alla regione e alle istituzioni locali perché si attui un intervento deciso che posticipi al primo marzo del 2024 la data d’inizio dei saldi invernali", dice il direttore della Confesercenti Alessandro Ligurgo.

I saldi dello scorso inverno: ma a guardarli adesso sembrano di un pianeta lontano

I saldi dello scorso inverno: ma a guardarli adesso sembrano di un pianeta lontano

Qual è il pericolo di questa situazione dettata dalle temperature anomale? "E’ che si rischia una desertificazione dei centri storici anche perché la gente non ha più la capacità di spesa di un anno e mezzo fa. Gli scaffali sono pieni di merce tanto che sono in difficoltà anche i grandi centri commerciali per la concorrenza del commercio online", continua Ippaso. E stando ad alcuni negozianti passano giorni senza che si faccia un solo euro di incasso.

Confesercenti non fa tanti giri di parole per dire che molti negozianti "sono a concreto rischio di chiusura. E questo è una eventualità che non possiamo correre perché significherebbe perdere una fetta importante della nostra economia, posti di lavoro ecc...".

Insomma il tempo... californiano e il portafoglio sempre meno ‘gonfio’, stanno portando l’associazione a chiedere questo slittamento dei saldi per cui "auspichiamo un immediato e straordinario intervento affinché si preceda ad una revisione sulle vendite di fine stagione, comprese quelle effettuate online".

L’appello della Confesercenti è stato inoltrato sia al presidente della Regione Francesco Acquaroli che a tutti gli enti locali."Siamo certi – scrivono – che le nostre Istituzioni prenderanno a cuore questa battaglia e non lasceranno cadere nel vuoto il grido d’allarme che proviene da migliaia di imprese".

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Barriere Architettoniche 75%: non sono ammessi trasferimenti Barriere Architettoniche 75%: non sono ammessi trasferimenti - Edilizia.com

Il Bonus Barriere Architettoniche è l’incentivo in ambito edilizio dedicato all’eliminazione delle barriere e di qualsiasi ostacolo di vivibilità o accessibilità possa esistere negli edifici.

Nello specifico, l’agevolazione viene concessa nella misura del 75% come detrazione da IRPEF o da IRES, ed è fruibile in relazione a tutte le tipologie di edifici esistenti.

L’incentivo però è caratterizzato da una grave mancanza nei suoi termini disciplinari, in quanto non ammette in alcun modo i trasferimenti in caso di decesso del beneficiario o di cessione dell’immobile.

Barriere Architettoniche 75%: aggiuntivo rispetto a Superbonus e Bonus Ristrutturazione

Il Bonus Barriere Architettoniche è disciplinato dal Decreto Rilancio all’art. 119-ter, concede una detrazione pari al 75% ed è da considerarsi differente e aggiuntiva rispetto alle detrazioni già esistenti per i lavori mirati all’abbattimento delle barriere, ovvero:

  • Bonus Ristrutturazione al 50%;
  • Superbonus al 90% o 110%, tra i lavori trainaTI.

Entrambe le agevolazioni già esistenti, tuttavia, hanno una caratteristica notevole, in quanto sono destinati esclusivamente alle unità e agli edifici a scopo abitativo.

Il Bonus Barriere al 75%, a differenza di questi, è destinato ad unità abitative e non abitative. Può essere fruito addirittura dalle imprese per ristrutturare gli immobili strumentali (approfondisci qui).

Nato in forma sperimentale con efficacia esclusivamente per le spese sostenute nel 2022, l’incentivo alla fine è stato prorogato dalla Legge di Bilancio 2023 fino al 2025.

La detrazione al 75% ammette un’ampia platea di beneficiari, e tra l’altro i lavori possono essere realizzati in tutti gli edifici e le unità che siano già esistenti. Sono esclusi solo gli immobili in fase di costruzione e quelli oggetto di demolizione e ricostruzione.

A differenza del Superbonus e del Bonus Ristrutturazione, però, il Bonus Barriere Architettoniche dispone di un limite piuttosto importante, ovvero non consente di poter trasferire il beneficio, né in caso di decesso né in caso di cessione (vendita o assegnazione) dell’immobile.

Leggi anche: “Superbonus: possibile trasferimento tra vivi o mortis causa

Bonus Edilizi: come funziona il trasferimento di rate residue

Il Bonus Ristrutturazione, così come anche il Superbonus e l’Ecobonus, prevedono che sia possibile – in caso di decesso del soggetto beneficiario – trasferire le quote di detrazione che rimangono da fruire, a favore dell’erede o degli eredi che mantengano la disponibilità materiale e diretta dell’immobile oggetto di lavori.

Leggi anche: “Ecobonus, immobile in locazione: in caso di decesso l’erede può subentrare

Si tratta di due requisiti indispensabili (quello di essere erede e quello di poter disporre dell’immobile) che non ammettono alcuna eccezione. Infatti:

  • Non è possibile il trasferimento delle rate residue se l’erede non ha la disponibilità dell’immobile, e quindi non può utilizzarlo a proprio piacimento perché, magari, ha deciso di affittarlo a terzi;
  • Non è concesso il trasferimento se il soggetto che ha la disponibilità dell’immobile non risulta essere ufficialmente erede del deceduto beneficiario della detrazione, come nel caso di un soggetto convivente non sposato (approfondisci qui);
  • Non è possibile trasferire le quote a favore dell’erede che, pur non avendo concesso in locazione l’immobile, non avesse comunque la possibilità di utilizzarlo, perché magari ad uso esclusivo di un altro erede.

Ebbene, se sorvoliamo questi casi e tutti i possibili casi correlati, questi bonus edilizi ammettono comunque – nel rispetto dei due requisiti citati – la possibilità di trasferire le quote rimanenti di detrazione a favore dell’erede.

La stessa cosa è prevista in caso di cessione, seppur con caratteristiche differenti.

Nello specifico, se l’immobile oggetto di lavori agevolabili dovesse essere venduto o donato prima che il beneficiario abbia concluso la fruizione della detrazione, la normativa prevede che le rate residue si trasferiscano automaticamente a favore dell’acquirente o del donatario con la sottoscrizione del relativo atto.

Il soggetto originario beneficiario della detrazione, però, ha la possibilità di scegliere di continuare a beneficiare personalmente della detrazione. In questo caso, nell’atto di vendita o di donazione, il cedente dovrà specificare espressamente la volontà di continuare ad usufruire dell’agevolazione.

Leggi anche: “Bonus Casa: sempre possibile trasferire quote residue all’acquirente

Bonus Barriere Architettoniche 75%: impossibile trasferire quote

Il Bonus Barriere Architettoniche con detrazione al 75% non ammette la possibilità di poter trasferire le rate residue di detrazione a favore degli eredi del deceduto né a favore di acquirenti o donatari.

Questo significa che nel caso in cui il beneficiario della detrazione dovesse venire a mancare, la detrazione andrebbe automaticamente perduta, e non ci sarebbe possibilità di recuperare le quote restanti.

Il punto è stato chiarito di recente con la Circolare n. 17/E del 26 giugno 2023, dove viene sottolineato appunto che:

In assenza di specifiche disposizioni, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte non si trasferisce in caso di decesso del contribuente che ha sostenuto le relative spese.

Per quanto riguarda poi i casi di cessione dell’immobile, anche qui non si applica il principio del trasferimento automatico delle quote a favore dell’acquirente o del donatario.

Il beneficiario della detrazione, tuttavia, avrà la possibilità di continuare ad usufruire delle rate restanti per le spese che ha sostenuto, nonostante abbia ceduto l’immobile oggetto di interventi.

In caso contrario, le quote restanti andranno anche qui automaticamente perdute.

Leggi anche: “Bonus Mobili: impossibile trasferimento per decesso o cessione

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Saturday, October 28, 2023

Mediobanca, vince la lista del cda - Il Sole 24 ORE

I punti chiave

2' di lettura

L’assemblea di Mediobanca ha votato per la lista del consiglio uscente che ha prevalso su quella di Delfin. La lista del cda ha ottenuto il 52,6% del capitale presente, pari al 40,4% del capitale totale), Delfin il 41,74% (il 30,06% del capitale totale) mentre Assogestioni ha ottenuto il 4,64% dei presenti (3,5% del totale).

All’appuntamento presenti 2.701 soci in proprio o per delega, pari al 76,82% del capitale, record di presenze degli ultimi 10 anni.

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Dalla lettura del libro soci fatta dal presidente di Mediobanca, Renato Pagliaro, gli azionisti con una quota superiore al 3% sono Delfin con una partecipazione rimasta invariata al 19,74%, il gruppo Caltagirone che ha ufficializzato la salita al 9,98%, BlackRock confermato al 4,15% e Mediolanum al 3,43%.

«Mediobanca proseguirà il percorso di crescita iniziato nell’ultimo decennio» ha assicurato l’amministratore delegato Alberto Nagel ai soci in assemblea. Nagel ha ricordato che nel piano 2013-2016 il gruppo aveva raggiunto 2 miliardi di ricavi con una remunerazione ai soci di 500 milioni di euro mentre col nuovo piano 2023-2026 “One brand One culture” punta a raggiungere 3,8 miliardi di ricavi e a distribuire in totale di soci di 3,7 miliardi fra dividendi e buyback.

Il rapporto con Delfin

«Siamo ben contenti che Delfin partecipi al nostro cda e dia un contributo. Le voci critiche per noi sono salutari e utili» ha detto Nagel rispondendo alle domande dei soci in assemblea. «I nostri rapporti sono orientati a continuità e costruttività - ha detto Nagel - Complice il fatto che conosciamo Delfin, i rapporti sono facili e immediati e abbiamo sempre promosso l’engagement. In questo ambito abbiamo ricercato sia con Delfin che col dottor Caltagirone una quadra per la composizione del consiglio. Sempre all’interno di un dialogo facile e non complicato».

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Friday, October 27, 2023

Wall Street, l'andamento nella seduta del 27 ottobre 2023 - SoldiOnline.it

wallstreet_12Seduta incerta per i principali indici azionari statunitensi.

Il Dow Jones ha chiuso in calo dell'1,12% a 32.418 punti, mentre l’S&P500 ha perso lo 0,48% a 4.117 punti. Performance positiva, invece, per il Nasdaq (+0,38% a 12.643 punti).

Seduta brillante per Amazon.com (+6,83% a 127,74 dollari). Il colosso del web ha terminato il 3° trimestre del 2023 con ricavi e utile per azione in forte crescita e migliori del consensus degli analisti.

Giornata decisamente negativa, invece, per Chevron (-6,72% a 144,35 dollari), dopo la diffusione dei dati finanziari del 3° trimestre 2023. Il colosso petrolifero ha chiuso il periodo in esame con un utile per azione adjusted di 3,05 dollari, decisamente inferiore al consensus degli analisti (3,7 dollari).

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

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Risparmio gestito, un'altra botta di deflussi. Generali una delle poche note positive - Bluerating.com

Dopo un agosto sicuramente non dei migliori, il mercato italiano del risparmio gestito ha fatto un ulteriore passo indietro a settembre, con la raccolta netta che ha registrato 6,25 mld euro di deflussi.

È quanto emerge dalla mappa provvisoria dello scorso mese, dalla quale si evince anche che il patrimonio complessivo è sceso a 2.228 mld euro, penalizzato da un effetto mercato negativo, quantificato dall’Ufficio Studi di Assogestioni in -1,7%.

Entrando nel dettaglio dei dati preliminari, dal segmento dei fondi aperti a maggiore partecipazione retail sono fuoriusciti 2,08 mld euro a settembre. In particolare, i deflussi hanno interessato i fondi azionari (-563 mln euro), i bilanciati (-1,5 mld euro) e i flessibili (-2,56 mld euro).

Per contro, continuano gli afflussi sui prodotti obbligazionari, unica asset class su cui si conferma l’attenzione dei risparmiatori: la categoria ha infatti raccolto 1,76 mld euro nel mese, dato che porta gli afflussi da inizio anno a +16 mld euro.

Per quanto riguarda le gestioni di portafoglio istituzionali, la lettura provvisoria evidenzia 4,14 mld euro di deflussi, che andranno però confermati o meno nella mappa trimestrale definitiva. In leggero territorio negativo anche le gestioni retail, a -230 mln euro.

A livello di gruppi, spicca tra le poche note positive la performance di Generali, capace di portare a casa oltre 676 milioni all’interno di un scenario all’insegna delle uscite. Tra le prime dieci realtà del mercato in positivo anche Mediolanum, Anima, e JP Morgan

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Thursday, October 26, 2023

Automotive, accordo tra Ford e il sindacato metalmeccanico Usa - Il Sole 24 ORE

2' di lettura

Dopo uno sciopero di sei settimane, il potente sindacato americano dei metalmeccanici United Auto Workers (Uaw) ha annunciato di aver raggiunto un accordo preliminare con la Ford per il rinnovo del contratto quadriennale. «Profitti record vogliono dire contratti record», osserva la sigla statunitense, definendo l’intesa raggiunta «una vittoria». Plaude anche il presidente Usa Joe Biden che lo ha definito un accordo «storico». Gli fa eco il senatore della sinistra Bernie Sanders: «Quando i lavoratori Si battono contro l’avidità delle aziende vincono. È il momento per General Motors e Stellantis di negoziare un contratto giusto per i loro lavoratori», aggiunge, enunciando i tavoli che restano aperti.

Il contratto preliminare di Ford sarà sottoposto ai 57mila lavoratori che dovranno decidere se ratificarlo o meno. I dipendenti di Ford torneranno al lavoro mentre è in corso la votazione. L’accordo potrebbe costituire il modello per raggiungere le intese con le altre due grandi case automobilistiche. La Uaw ha invitato tutti i lavoratori della Ford a tornare al lavoro e ha affermato che ciò eserciterà pressioni su GM e Stellantis per contrattare.

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«Abbiamo detto a Ford di darsi una mossa, e lo hanno fatto», ha detto il presidente Shawn Fain in un video discorso ai membri. «Abbiamo ottenuto cose che nessuno credeva possibili», ha aggiunto facendo sapere che Ford ha messo sul tavolo il 50% in più rispetto a quanto fatto prima dell’inizio dello sciopero del 15 settembre. Il vicepresidente della Uaw Chuck Browning, capo negoziatore con Ford, ha riferito che i lavoratori otterranno un aumento salariale generale del 25%, oltre ad aumenti legati al costo della vita che porteranno l’incremento salariale oltre il 30%, a oltre 40 dollari l’ora per i lavoratori degli impianti di assemblaggio di alto livello.

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Borsa, Leapmotor a +11% a Hong Kong con accordo Stellantis - Ultima ora - Ansa.it - Agenzia ANSA

Leapmotor torna agli scambi e vola alla Borsa di Hong Kong con un balzo dell'11,41%, a 41 dollari di Hk, in scia all'accordo di cooperazione strategica siglato con Stellantis.
    Il produttore di veicoli elettrici di Hangzhou emetterà 194,3 milioni di azioni al servizio di un aumento di capitale riservato a favore del gruppo franco-italiano, al valore unitario di 43,8 dollari di Hong Kong, con un premio del 19% sui 36,80 dollari segnati alla chiusura di mercoledì.
    Al termine della sottoscrizione, Stellantis deterrà circa il 21,07% delle azioni di Leapmotor.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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Wednesday, October 25, 2023

Manovra, più tasse sulla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus - Il Fatto Quotidiano

I guadagni sulle case ristrutturate con il Superbonus saranno considerati “redditi diversi” e tassati al 26%. È un altro tassello nella bozza della legge di bilancio che introduce la tassazione sulle plusvalenze immobiliari per tutti gli stabili che hanno beneficiato della detrazione del 110%. Sono esclusi da questo conteggio le prime case o gli immobili ricevuti per successione.

A partire da gennaio 2024 il 26% sarà calcolato sull’intera plusvalenza e non su quella scontata del costo della ristrutturazione, per interventi conclusi da non più di cinque anni. La manovra applica così il criterio vigente che tassa chi vende una casa a meno di cinque anni dal suo acquisto anche all’incentivo statale: se i lavori sono conclusi da meno di cinque anni l’eventuale profitto sarà tassato al 26%.

Nel frattempo il ministero dell’Economia fa sapere che le eccezioni al divieto di sconto in fattura e cessione del credito per i lavori da Superbonus saranno valide anche nel 2024. Lo ha confermato la sottosegretaria del dicastero, Lucia Albano, rispondendo a un’interrogazione alla commissione Finanze della Camera. Sconto e cessioni saranno possibili per chi ha aperto la Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) entro il 16 febbraio scorso, ma anche per gli immobili danneggiati da alluvioni e terremoti che hanno fatto richiesta di ristrutturazione entro la stessa data.

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Le critiche di Gimbe alla Manovra: “I miliardi in più per la sanità evaporano per il rinnovo dei contratti. Dal 2025 nessun rilancio”

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Rottamazione quater, entro il 31 ottobre scade la prima rata: ecco come e dove si paga - Corriere della Sera

Il 31 ottobre è il termine per la prima (o unica) rata della rottamazione-quater introdotta dalla Manovra 2023. È una scadenza decisiva. Infatti, qualora il versamento non venisse fatto nei termini stabiliti dalla legge, gli effetti della rottamazione saranno annullati e i debiti torneranno a essere esigibili. Il pagamento deve essere effettuato utilizzando i moduli allegati alla comunicazione delle somme dovute, cioè la lettera inviata dalla stessa Agenzia delle Entrate - Riscossione in risposta alle domande di adesione. Considerando i 5 giorni di tolleranza previsti per legge, saranno considerati validi i pagamenti effettuati entro il 6 novembre, dato che il 5 novembre è festivo.

Come si paga

L’Agenzia delle Entrate - Riscossione ricorda che è possibile pagare in banca, agli sportelli bancomat abilitati ai servizi di pagamento Cbill, tramite internet banking, agli uffici postali, nei tabaccai aderenti a Banca 5 spa, tramite i circuiti Sisal e Lottomatica, sul portale www.agenziaentrateriscossione.gov.it e con l’App Equiclick tramite la piattaforma pagoPa. Si può pagare anche direttamente agli sportelli dell’Agenzia dove l’accesso è consentito solo su appuntamento da prenotare sul sito nella sezione «Sportello territoriale» oppure tramite il contact center al numero 060101.

Cosa fare se non si trova la comunicazione

Coloro che per qualche motivo non hanno la comunicazione delle somme dovute e dei moduli di pagamento o l’hanno persa, possono scaricarne una copia direttamente nell’area riservata del sito dell’Agenzia, accedendo con le credenziali Spid, Cie e Cns, oppure riceverla via e-mail inviando una richiesta dall’area pubblica, allegando un documento di riconoscimento.

Come funziona l’addebito diretto

Si può anche chiedere l’addebito diretto delle rate della definizione agevolata sul conto corrente, oltre che allo sportello, anche dall’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione utilizzando il servizio «Attiva/revoca mandato SDD piani di definizione agevolata» presente nella sezione definizione agevolata. Una volta inseriti i dati richiesti, il sistema invierà una e-mail di presa in carico all’indirizzo di posta elettronica indicato e successivamente una seconda comunicazione di conferma. Se non si riceve la conferma entro 10 giorni lavorativi antecedenti la scadenza della rata (ad esempio, per la rata del 31 ottobre 2023 l’addebito diretto è attivo per le richieste confermate entro il 17 ottobre) il pagamento dovrà essere effettuato mediante le altre modalità previste.

Il rinvio del pagamento per le zone alluvionate

Nelle zone interessate dall’alluvione di maggio scorso i termini e le scadenze della rottamazione quater sono stati prorogati di tre mesi. Coloro che vivono in quelle aree quindi riceveranno la comunicazione delle somme dovute entro dicembre e il termine per il pagamento della prima (o unica) rata slitterà nel 2024.

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Sbarazzarsi dell’anidride carbonica è molto complicato - Il Post

L’azienda petrolifera statunitense Occidental Petroleum (Oxy) ha svenduto uno dei più grandi impianti per la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica al mondo a causa degli alti costi di gestione e della bassa resa del sistema. Il progetto era stato avviato più di dieci anni fa e secondo le analisi di Bloomberg dimostra quanto sia ancora difficile sviluppare iniziative sostenibili per ridurre l’immissione nell’atmosfera di nuova anidride carbonica (CO2), il principale gas serra responsabile del riscaldamento globale. Le tecnologie di questo tipo sono spesso promosse dalle aziende petrolifere come un modo per abbattere l’inquinamento prodotto dai loro impianti di estrazione e trattamento degli idrocarburi, ma ci sono ancora dubbi sulla sostenibilità economica di alcune di queste soluzioni.

Le tecniche più esplorate per rimuovere la CO2 consistono nella sottrazione alla fonte (CCS), con particolari macchinari collegati direttamente agli impianti industriali che la producono (acciaierie o raffinerie, per esempio), oppure nella rimozione dall’atmosfera (DAC) attraverso filtri e sistemi di aspirazione. L’anidride carbonica ottenuta viene poi conservata ad alta pressione allo stato liquido, spesso nel sottosuolo. Entrambe le tecniche sono ancora sperimentali, con la DAC che sembra essere più promettente per eliminare la CO2 ormai in circolazione e la CCS per evitare che ne venga immessa di nuova.

In attesa del perfezionamento della DAC, nell’ultimo decennio molte aziende del settore petrolifero si sono concentrate sulla CCS, teoricamente più semplice da realizzare e sfruttabile dal punto di vista economico. La CO2 ricavata dai fumi di scarico degli impianti, infatti, può essere iniettata nei pozzi quasi esausti, in modo da aumentare la pressione al loro interno e ricavare petrolio e gas altrimenti difficili da estrarre.

Oxy aveva visto nella realizzazione di un impianto per CCS la soluzione ad alcuni problemi di estrazione che aveva riscontrato in Texas (Stati Uniti). Nel 2008 aveva avviato il progetto Century e annunciato insieme ad alcune aziende partner la costruzione di un enorme impianto per separare l’anidride carbonica estratta insieme al gas naturale da un giacimento, in modo da poterla poi utilizzare per l’estrazione di altri idrocarburi.

L’iniziativa era stata comunicata come una grande opportunità non solo per l’azienda, ma anche per il pianeta visto che si riteneva avrebbe permesso di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica legate alle attività estrattive. Oxy aveva previsto un aumento di circa il 25 per cento della resa nelle proprie attività, mentre Century sarebbe diventato il più grande impianto di CCS al mondo, con la capacità di gestire oltre 8 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

L’impianto Century in Texas (Bing Maps)

L’impianto fu realizzato in pochi anni, ma non portò mai ai risultati previsti dalla società. Tra il 2018 e il 2022, il sistema rese possibile la sottrazione di meno di 800mila tonnellate di anidride carbonica all’anno, meno del 10 per cento di quanto era stato inizialmente prospettato da Oxy. Sempre secondo l’inchiesta di Bloomberg, l’impianto non ha mai funzionato a pieno regime a fronte di costi alti per la gestione, che hanno indotto Oxy a svenderlo nel gennaio del 2022 con un ricavo intorno ai 200 milioni di dollari, a fronte dei circa 800 milioni di dollari spesi solo per la sua costruzione. La svendita non era stata annunciata ed è emersa solo nella documentazione fiscale della società.

La nuova azienda che gestisce l’impianto per conto di Mitchell Group, altra grande società degli idrocarburi, continua a fornire la CO2 prodotta da Century a Oxy, ma non ci sono molti dettagli sugli accordi tra i due soggetti. Nel frattempo Oxy ha avviato la costruzione di un nuovo impianto che si chiama Stratos, sempre in Texas, per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera (DAC). La costruzione è in parte sovvenzionata da fondi pubblici, nell’ambito delle iniziative del governo statunitense per incentivare la riduzione dei gas serra e rendere più sostenibili vari settori industriali.

Come molte altre aziende petrolifere, Oxy ha bisogno di iniziative come Stratos per controbilanciare le proprie emissioni nocive, in modo da mantenere gli obiettivi sulla riduzione della produzione di gas serra in vista dei piani per la “neutralità carbonica” o le “emissioni zero”, per cui per ogni tonnellata di CO2 o di un altro gas serra che si diffonde nell’atmosfera se ne rimuove altrettanta. In altre parole, non immettere gas serra nell’atmosfera oltre la quantità che si riesce a togliere.

I sistemi basati sulla DAC devono ancora dimostrare di essere efficienti, ma presentano comunque qualche vantaggio rispetto ai CCS. Il principale è la minore dipendenza dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime del mercato dell’energia. Le fluttuazioni del prezzo del gas naturale, dovute alla pandemia da coronavirus e in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, hanno influito sulle attività estrattive di Oxy e si sono riflesse sulla capacità di sottrarre la CO2 e di impiegarla nei pozzi per estrarre altri combustibili fossili.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia l’aumento degli impianti di CCS è comunque necessario per evitare che sia immessa nell’atmosfera nuova CO2. Per raggiungere gli obiettivi sulla decarbonizzazione si dovrebbe attivare almeno un impianto al mese delle dimensioni di quello di Century per i prossimi dieci anni. In parallelo dovranno essere costruiti molti impianti di DAC per sottrarre l’anidride carbonica già in circolazione nell’atmosfera, il cui accumulo comporta un peggioramento del riscaldamento globale.

L’insuccesso di Century non è però isolato e si inserisce in una serie di mezzi fallimenti legati alle tecnologie di CCS, a dimostrazione di quanto sia difficile la gestione della CO2. I problemi sono in genere più economici che tecnologici, ma determinano comunque gli insuccessi come quello di Oxy. Le speranze sono ora riposte nella DAC, una tecnologia ancora poco matura, e questo spiega come mai il costo per la rimozione dell’anidride carbonica continui a essere alto, nonostante le prime soluzioni fossero disponibili già diversi anni fa.

Oxy si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, una delle prime grandi compagnie petrolifere a farlo, di conseguenza avrà bisogno di più sistemi per ridurre le proprie emissioni nei prossimi anni. Molte altre grandi aziende che producono enormi quantità di CO2 con le loro attività, come Amazon e Airbus, hanno già stretto accordi con Oxy per acquistare il servizio di sottrazione dell’anidride carbonica attraverso Stratos. I sistemi di sequestro della CO2 saranno del resto necessari, ma non potranno fare molto se non saranno compresi in strategie più ampie che partano tutte dallo stesso presupposto: produrre meno anidride carbonica possibile alla fonte.

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Tuesday, October 24, 2023

Bce, BTP & spread: stop rialzi tassi? Ma con ‘baratto’ QT l’Italia di Meloni non brinderà - Finanzaonline

Molto probabilmente la Bce di Christine Lagarde lascerà i tassi dell’area euro invariati nella imminente riunione del Consiglio direttivo di dopodomani, giovedì 26 ottobre:

altrettanto molto probabilmente, l’annuncio di tassi fermi non sarà una bella notizia, nel lungo termine, per l’Italia, i suoi BTP, ergo il suo debito pubblico, dunque per il governo Meloni. E questo perchè l’Eurotower continuerà a tenere alta la guardia contro l’inflazione dell’Eurozona, ancora lontana da quel target del 2% che la banca centrale europea, così come la Fed di Jerome Powell, ha tutta l’intenzione di centrare.

Questo significa che, a fronte della decisione di lasciare i tassi fermi, la Bce potrebbe decidere di agire in un altro modo per continuare a frenare l’inflazione:

focalizzarsi sul PEPP, noto anche come QE pandemico, considerando l’eventualità di ritirare gradualmente gli acquisti dei titoli di stato dell’Eurozona (BTP in primis), che continua a portare avanti ancora con questo piano, lanciato in tempi di Covid.

QE: salva BTP della Bce mandato davvero in soffitta?

Il QE-Quantitative easing della Bce, non è ancora ufficialmente defunto. O meglio.

Il QE tradizionale, quello lanciato attraverso il piano PPA o Asset purchase programmes, è stato mandato in soffitta definitivamente, anche con la fine dei reinvestimenti dei titoli giunti in scadenza, nel luglio del 2023.

“Il Consiglio direttivo porrà fine ai reinvestimenti nell’ambito del PAA a partire da luglio 2023”, aveva infatti annunciato la Bce di Christine Lagarde nel giugno di questo anno.

Il PEPP, invece, (pandemic emergency purchase programme), noto anche come QE pandemico, è invece ancora vivo e vegeto e dovrebbe continuare a esserlo, in base a quanto ha annunciato la stessa Eurotower, almeno fino alla fine del 2024.

Ma più volte, e non solo nelle ultime settimane, fonti vicine alla Bce hanno indicato la possibile decisione di Lagarde & Co di porre fine a questo programma in via anticipata.

In realtà, ci sono state anche indiscrezioni sulla possibile scelta della Bce di continuare a mantenere attivo il PEPP, facendo leva soprattutto sulla natura flessibile del programma.

In tempi di escalation delle tensioni geopolitiche – accanto al dramma della guerra in Ucraina c‘è ora anche la guerra tra Hamas e Israele – qualcuno aveva infatti parlato della possibilità che Lagarde rimanesse sull’attenti, prima di staccare la spina al QE pandemico.

Ma la minaccia di una fine dei giochi è stata più volte sottolineata.

E quel che è certo è che il “The End” di questo QE avrebbe ripercussioni negative, soprattutto sull’Italia e, dunque, sui suoi BTP visto che sembra che Roma sia stata quella che più di tutti gli altri paesi dell’area euro abbia beneficiato del piano.

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Bce: da Lagarde tassi più bassi ma più QT? Non bene per BTP & Co.

Già alla fine di luglio di quest’anno, intervistato dal Financial Times, Paul Hollingsworth, capo economista di BNP Paribas, così scriveva:

“Sebbene non riteniamo che una decisione sia imminente, alcuni funzionari hawkish della Bce potrebbero essere disposti ad accettare un tasso terminale più basso, se al contempo il QT venisse accelerato”.

QT, vale la pena di ricordare, è l’acronimo di Quantitative Tightening, ovvero del processo di riduzione dell’immenso bilancio della Bce, che è stato ingolfato negli ultimi anni proprio a causa della misura diametralmente opposta al QT: il QE (Quantitative easing), quest’ultimo lanciato ai tempi in cui la Bce era capitanata dall’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, quando il problema vero per l’Eurozona era rappresentato non tanto dal rischio di una inflazione troppo alta, ma dalla minaccia della deflazione.

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Diversi erano stati gli economisti che, all’epoca in cui timoniere della Bce era ancora Mario Draghi avevano lanciato diversi allarmi sulle conseguenze che la fine del QE avrebbe avuto, tra l’altro. proprio sull’Italia, in particolare sui BTP.

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A distanza di almeno cinque anni di quella carrellata di alert e di allarmismi vari, nel bel mezzo di un contesto economico in cui la vera minaccia non si chiama più deflazione, ma inflazione, in realtà il QE, in Italia, non è affatto morto.

Questo, proprio grazie all’altro QE, quello pandemico, ovvero PEPP che, così come ha fatto notare Robin Brooks, capo economista @IIF, ovvero dell’Institute of International Finance ed ex capo strategist forex di Goldman Sachs, ha fatto sì che i reinvestimenti in BTP e altri titoli di stato italiani siano stati tali al punto che si potrebbe dire che, nel caso dei bond made in Italy, il bazooka monetario del Quantitative easing non si sarebbe neanche concluso.

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Proprio Brooks è tornato alla carica qualche giorno fa, auspicando la fine della flebo che in teoria la Bce di Lagarde avrebbe dovuto ritirare già da un po’ e che, invece, nel caso dell’Italia, ha continuato a suo avviso a tenere ancora a galla i BTP. Che, se avessero dovuto riflettere i fondamentali dell’economia italiana, e il suo debito pubblico monstre, probabilmente avrebbero presentato rendimenti più alti perfino rispetto a quel livello di alert del 5% che è stato superato nelle ultime sessioni.

Ma ora basta con questo QE pro-Italia. Lo ha scritto chiaramente l’ex Goldman Sachs Robin Brooks, ricordando che il principio fondante della Bce è “la separazione tra politica monetaria e politica fiscale”.

“E’ questo il motivo – ha ricordato l’economista – per cui il QE della Bce è stato inizialmente soggetto alla regola del capital key: ovvero, quello di non favorire un paese rispetto a un altro”.

A tale regola l’Eurotower ha però deciso di abdicare nel 202o quando, con l’avvento della pandemia Covid-19, ha lanciato una nuova versione del Quantitative easing: il QE pandemico, per l’appunto, o anche PEPP con cui, vale la pena ricordare, è stato dato il via libera anche agli acquisti dei titoli di stato emessi dalla Grecia.

Quel PEPP, ha ricordato Brooks, ha creato un bel po’ di confusione, visto che il risultato, oggi, è che “in alcuni paesi c’è il QE, in altri il QT. E questo deve finire”.

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Il dibattito in seno alla Bce di Christine Lagarde su dire stop o meno al reinvestimento dei titoli in scadenza acquistati nell’ambito del piano PEPP, prima della scadenza ufficiale fissata per ora alla fine del 2024, è piuttosto acceso.

Vero è che le colombe, contrarie alla fine anticipata del piano, non mancano:

a loro avviso, riporta un articolo del Financial Times , sarebbe il caso che la Bce disponesse di una flessibilità anche maggiore, per stabilire in che modo utilizzare i ricavi dei bond in scadenza, blindando così magari proprio i debiti di quei paesi i cui costi di finanziamento sono ben superiori rispetto ad altri.

Citato proprio il caso dell’Italia, in cui i costi di finanziamento del debito sono “già saliti oltre quelli della Germania, a causa dei timori sull’aumento del deficit fiscale”, alimentati dalla Nadef del governo Meloni.

Secondo Sven Jari Stehn, economista di Goldman Sachs, proprio la recente tensione che ha portato i tassi dei BTP a sfondare la soglia del 5% e  lo spread a superare quota 200 punti base per la prima volta in diversi mesi dovrebbe  convincere la Bce a “muoversi con cautela” riguardo alla fine del PEPP.

Sia i tassi dei BTP che lo spread BTP-Bund sono tornati sotto la lente degli investitori, in un momento che si conferma cruciale per l’Italia, sotto il radar dei mercati anche riguardo ad altri dossier, come la tassa sugli extraprofitti delle banche, l’opposizione del governo Meloni al Mes, la legge di bilancio per il 2024 ovvero la manovra e il Patto Stabilità e crescita , che fisserà tra l’altro, a proposito di BTP e spread, nuove soglie massime sui debiti pubblici e sui deficit che i paesi europei dovranno rispettare.

L’Italia di Meloni, e questa è un’ottima notizia, è riuscita a schivare la minaccia di un peggioramento del rating e/o dell’outlook da parte della prima agenzia di rating che ha annunciato il suo giudizio, ovvero S&P (Standard & Poor’s).

Ma non manca molto al verdetto più importante: quello della ‘sorella’ del rating Moody’s.

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Così intanto François Rimeu, Senior Strategist, La Française AM, commenta quelle che saranno le mosse ormai imminenti della Bce di Christine Lagarde:

Come accennato durante la riunione di settembre, ci aspettiamo che il Consiglio Direttivo (CG) lasci invariati i tassi di interesse nella riunione di ottobre.

Per la precisione, è questo l’outlook di Rimeu, che riassume anche quanto accaduto in queste ultime sessioni:

  • La Banca Centrale Europea (BCE) manterrà i tassi di interesse chiave: 4,0% per il tasso di deposito e 4,5% per il tasso Refi.
  • L’inflazione sottostante (cioè al netto dell’energia e dei generi alimentari) è tendente al ribasso, ma rimane lontana dall’obiettivo del 2%.
  • L’ultimo rialzo dei rendimenti obbligazionari europei, legato principalmente all’impennata dei Treasury statunitensi da settembre, sta inasprendo le condizioni monetarie e dovrebbe indebolire la traiettoria di crescita dell’Eurozona.
  • Il CG manterrà l’approccio “meeting by meeting”, dato l’elevato livello di incertezza (dinamica della crescita salariale, pressione sui prezzi dell’energia dovuta in particolare all’impatto del conflitto in Medio Oriente sui prezzi del petrolio). Pertanto, la Presidente Lagarde probabilmente comunicherà che la Bce è pronta a rialzare nuovamente i tassi se necessario
  • Christine Lagarde ha ribadito che la Banca Centrale manterrà alti i tassi di interesse per tutto il tempo necessario, fino a quando i funzionari della Bce non saranno “sufficientemente fiduciosi” di raggiungere l’obiettivo di inflazione del 2% entro l’orizzonte previsto (2025).
  • Per quanto riguarda il quantitative tightening, è probabile che le discussioni si intensifichino alla luce degli ultimi commenti provenienti dai falchi della Bce. Tuttavia, non ci aspettiamo ulteriori dettagli sul reinvestimento dei titoli nell’ambito del PEPP, soprattutto prima che la Bce abbia concluso la revisione del quadro operativo prevista entro la primavera del 2024.

In sintesi, Rimeu prevede che il prossimo annuncio della Bce si concentrerà sul messaggio ‘tassi di interesse più alti e più a lungo’ in vista dell’obiettivo di riportare l’inflazione al 2% entro la fine del 2025.

La Bce, secondo l’analista, dovrebbe tenere aperta la porta anche a ulteriori rialzi dei tassi in futuro, visti i rischi di un aumento dell’inflazione, che sono tutto fuorché rientrati.

In generale, non si stima un impatto significativo sui mercati finanziari da questa decisione.

Ma certo, aggiungiamo noi, se i falchi avessero la meglio riproponendo il ‘baratto’ tassi fermi in cambio di più QT (magari sotto forma di minori reinvestimenti effettuati con il piano PEPP) i BTP (e, di conseguenza, lo spread BTP-Bund) potrebbero rischiare di soffrire nuovi scossoni.

In generale, come indica l’articolo del Financial Times, con l’inflazione dell’area euro che continua a salire a un ritmo più che doppio rispetto al target del 2% e con il conflitto Israele-Hamas che sta facendo salire i prezzi energetici, la presidente della Bce Christine Lagarde dovrebbe chiarire che, probabilmente, i tassi rimarranno ai livelli attuali – o anche superiori – per un periodo di tempo”.

Va detto tuttavia che “la maggior parte degli investitori, guardando all’economia dell’Eurozona vicina alla stagnazione e alla traiettoria al ribasso dell’inflazione, ritiene che le probabilità di un ulteriore rialzo dei tassi siano comunque basse”.

“Lasceranno la porta aperta a ulteriori strette monetarie – ha commentato all’FT Konstantin Veit, gestore di portafoglio di Pimco – Ma l’asticella fissata affinché ciò avvenga è piuttosto alta”.

Attenti però, per l’appunto, alla minaccia ‘più QT’. Che spaventa soprattutto l’Italia, già da un po’, con il governo Meloni, ai ferri corti con la Bce di Christine Lagarde.

Le colombe continuano a indicare che, visto il deterioramento dei fondamentali economici dell’Eurozona, è improbabile che l’Eurotower apporti una modifica al piano PEPP.

Dall’altro lato c’è chi, come Robin Brooks, ricorda che, a dispetto di un’Italia che si lamenta spesso e volentieri di non essere sufficientemente blindata dall’Europa, i BTP continuano a beneficiare di un QE che, nel caso di molti altri paesi, ormai non esiste più da parecchio, soppiantato dal QT.

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