I punti chiave
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Tra gli industriali della chimica serpeggia una certa preoccupazione, tanto per la chiusura di quest’anno, quanto per le previsioni del prossimo. La produzione industriale dei primi otto mesi del 2023 è infatti in calo del 9,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo fa prevedere una chiusura del 2023 al meno 9%. E anche per il 2024 non si prevedono grandi rimbalzi: per ora si parla solo dell’1%. La domanda di chimica risulta in diffuso arretramento, senza segnali di ripresa, in molti settori: le costruzioni scontano una decisa frenata, dopo il boom del 2021-2022, ma i volumi di attività risultano in calo anche in ambiti meno ciclici come l’alimentare. Mostrano andamenti più positivi solo i settori che beneficiano ancora di spazi di rimbalzo post-pandemico, come la cosmetica e l’auto.
Il quadro europeo
La chimica è in contrazione in tutta Europa con un andamento particolarmente penalizzante in Germania (-14% in gennaio-agosto) che rappresenta per l’Italia il primo partner commerciale (quota sull’export pari al 13%). Domanda debole e profonda incertezza rendono concreti i rischi di razionalizzazione di alcune produzioni ad elevata intensità energetica.
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Il ruolo della chimica in Italia
Gli imprenditori si sono riuniti al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano per l’assemblea annuale dove è stato eletto all’unanimità come nuovo presidente Francesco Buzzella, che succede a Paolo Lamberti, e non possono non sottolineare che dopo avere dimostrato grande capacità di reazione alla pandemia, risultano tra i più penalizzati dalla crisi energetica. In un contesto che, nel 2023, vede anche l’indebolimento della domanda. Il nostro Paese, a forte vocazione manifatturiera, conta su un’industria chimica che ha un valore della produzione di oltre 66 miliardi di euro nel 2022 e rappresenta la quinta industria: ha 2.800 imprese e 112mila addetti. Ciò che però tutti sottolineano è che il 95% dei manufatti ha una componente chimica, dall’alimentare alla cosmesi fino all’automotive, nessuno escluso.
Il peso della crisi energetica
Il rientro dei costi dai picchi del 2022 rappresenta un sollievo, ma la crisi energetica non può dirsi superata. Il prezzo del gas, che si riflette anche sull’elettricità, si mantiene su livelli superiori al pre-crisi (più che doppi nella media dei primi 9 mesi) e alle altre aree geografiche (oltre il triplo rispetto agli USA) in presenza di rischi al rialzo con l’avvicinarsi dell’inverno. Per effetto dell’accelerazione impressa dall’Europa agli obiettivi di riduzione delle emissioni, anche il costo dei permessi per le emissioni di CO2 nell’ambito del sistema ETS è salito dai 25 euro del 2019 ad oltre 85 euro nella media del 2023 in presenza di compensazioni dei costi indiretti legati all’elettricità solo parziali in Italia a causa dell’insufficienza dei fondi disponibili (nel 2021 erogazioni pari al 24% per i settori ammessi), è stato spiegato nel corso dell’assemblea.
Le strategie delle imprese per contenere i costi
Per contenere i rincari di costo, le imprese chimiche stanno utilizzando ogni leva disponibile, inclusa la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi e la riformulazione dei prodotti, oltre ad investire con convinzione nella cogenerazione, nelle rinnovabili e nell’economia circolare. Tuttavia, l’integrale sostituzione dei combustibili fossili, come petrolio e gas naturale, che nella chimica hanno il duplice ruolo di fonti energetiche e materie prime, al momento non è realizzabile. La specializzazione italiana nella chimica delle specialità e di consumo, con una quota di produzione settoriale del 61% a fronte del 45% a livello UE) rappresenta un fattore di relativa tenuta, anche alla luce del rientro delle quotazioni del gas su livelli più gestibili. Ma non attutisce le preoccupazioni. La filiera è strettamente interconnessa, di conseguenza l’indebolimento delle fasi a monte danneggia anche le attività a valle.
Chimica italiana: produzione in calo del 9% nel 2023 - Il Sole 24 ORE
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