La società per gli affitti brevi Airbnb ha comunicato mercoledì di aver trovato un accordo con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento della cosiddetta “cedolare secca” del 21 per cento, l’imposta sostitutiva che è dovuta da chi mette in affitto un immobile, in certi casi anche per gli affitti brevi. L’accordo prevede che l’azienda pagherà sanzioni e arretrati per un totale di 576 milioni di euro, relativi all’imposta che avrebbe dovuto pagare per conto dei suoi clienti negli anni tra il 2017 e il 2021: un’indagine della Guardia di Finanza all’inizio di novembre aveva portato a un sequestro di 779 milioni di euro. L’azienda ha detto che non cercherà di recuperare la somma dai clienti.
Per l’imposta dovuta per gli anni 2022 e 2023 deve essere ancora raggiunto un accordo, mentre dal 2024 l’azienda si impegna a pagarla di volta in volta, operando come “sostituto di imposta”: significa che dalla somma che gli affittuari pagano a Airbnb l’azienda tratterrà quanto dovuto al fisco e lo pagherà per conto dei clienti che hanno messo a disposizione l’alloggio tramite la piattaforma, i quali infine riceveranno la somma al netto dell’imposta. Dopo anni di contenzioso con l’Agenzia delle Entrate e dopo alcune sentenze dei tribunali amministrativi (TAR) Airbnb ha deciso di conformarsi a una legge italiana del 2017, secondo cui le piattaforme devono pagare la cedolare secca per conto di chi affitta.
Airbnb si era rifiutata di farlo sostenendo che sarebbe stata necessaria la verifica caso per caso delle attività di locazione, così da capire se queste rientrassero in una attività di impresa e se chi metteva la casa in affitto fosse quindi soggetto o meno alla “cedolare secca”. A questo regime possono comunque aderire solo i proprietari privati e non può farlo chi affitta professionalmente tramite una società.
Airbnb ha trovato un accordo con il fisco italiano, verserà 576 milioni di euro e dal 2024 inizierà a pagare la “cedolare secca” sugli affitti - Il Post
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