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Friday, September 1, 2023

Il mancato 'rimbalzo' post-covid, tra crisi immobiliare e disoccupazione giovanile: da dove arrivano i problemi della Cina (e perché riguardano tutti) - il Dolomiti

TRENTO. Da una parte una ripresa economica flebile, se paragonata per esempio ai risultati ottenuti dagli Stati Uniti, dall'altra i grossi problemi (più o meno) nascosti nel settore immobiliare e l'inevitabile crisi demografica derivante dalla One child policy adottata per decenni nel Paese. Sul fronte economico, in poche parole, la situazione attuale in Cina non è certo rosea ed il tonfo segnato a Honk Kong dal colosso dell'immobiliare Evergrande, che ha perso l'87,88% al suo ritorno in borsa, non è ovviamente un segnale positivo: ma dove trova origine l'attuale fase di difficoltà del Dragone?

“Sono diversi i fattori da tenere in considerazione – dice a il Dolomiti il direttore della Scuola di Studi Internazionali di Trento, Stefano Schiavo – innanzitutto le chiusure dovute al Covid in Cina sono state molto più lunghe che nei Paesi occidentali ed il contenimento della pandemia è stato meno efficace. Ricordiamo tutti le immagini dei palazzi circondati dalle inferriate con le persone bloccate all'interno. Si tratta di situazioni che sicuramente hanno paralizzato l'economia per lungo tempo. Il mondo intero si auspicava che una volta chiusa questa parentesi la ripresa cinese sarebbe stata molto rapida, con un rimbalzo come quello osservato in particolare negli Usa, ma non è andata così”.

Rispetto al ciclo economico mondiale, la Cina si è trovata quindi in asincronia terminata la fase pandemica più acuta. Ma a concorrere nell'attuale 'crisi' del sistema cinese sono anche diverse ragioni strutturali, in primis come detto la debolezza del settore immobiliare. “Strutturalmente – dice Schiavo – il comparto è sovraesposto e indebitato. È una sorta di bolla: il settore è stato utilizzato anche per spingere l'economia a crescere in maniera, per così dire, artificiale. Certo, un po' tutti i meccanismi di mercato funzionano fino ad un certo punto in Cina, dove l'intervento pubblico ha un impatto estremamente importante: l'utilizzo del credito per gonfiare e far crescere l'economia si è scaricato però principalmente sul settore immobiliare, che è quello che più di tutti dipende proprio dal credito. Questo è il processo che ha creato la bolla e, dopo anni di crescita economica relativamente bassa a causa del Covid, le richieste di acquisto di nuove case sono molto basse e i nodi sono arrivati infine al pettine”.

Un esempio pratico è rappresentato proprio da Evergrande, una società gigantesca e in grandissima difficoltà da mesi. Riassumendo, il colosso cinese (costretto nelle ultime settimane a presentare istanza di protezione dal fallimento a un tribunale di New York) è stato negli ultimi vent'anni uno dei motori dello sviluppo immobiliare e della crescita economica cinese, ampliandosi poi a tutta una serie di altri settori (la squadra della società, tra l'altro, è stata allenata anche da Marcello Lippi e Fabio Cannavaro). Evergrande è stata investita in pieno dalla crisi del mercato immobiliare 2 anni fa, nel 2021, arrivando ad accumulare debiti per oltre 300 miliardi di dollari.

“Quelle stesse difficoltà – aggiunge Schiavo – sembrano toccare ora altre società. Il problema è che dopo quanto avvenuto con Evergrande le autorità cinesi non sono intervenute in maniera drastica dando, per così dire, una ripulita alla situazione. È stato tentato un atterraggio 'morbido' contenendo il problema, ma le questioni sottostanti non sono state affrontate nel profondo. E ora, nuovamente, i problemi stanno emergendo”. Dando una lettura più generale, le difficoltà attuali possono essere interpretate, spiega il professore, come “il portato della trasformazione mancata della Cina in un'economia strutturalmente basata sul consumo del mercato interno, sul modello occidentale, staccandosi quindi dalla dipendenza dall'export. Per questo ancora oggi in Cina la voce degli investimenti pubblici come dei piani strutturali, indirizzati in passato spesso proprio nell'immobiliare, rimane centrale”.

A tutto questo si associano poi, come anticipato, gli effetti della crisi demografica, determinata a sua volta dalle conseguenze della One child policy, e di una disoccupazione giovanile che ha superato il 20%. Un dato che deve aver preoccupato particolarmente le autorità cinesi, tanto da portare alla sospensione delle comunicazioni mensili relative al tasso di disoccupazione tra i giovani. “Anche gli ultimi dati ufficiali comunque – precisa Schiavo – vanno presi con le pinze. A preoccupare ulteriormente poi è il fatto che a sostenere il mercato immobiliare nei prossimi anni dovrebbero essere proprio le nuove generazioni, che oggi si trovano invece ad affrontare, come visto, una situazione non particolarmente rosea”.

Nel frattempo a livello globale, sebbene non si sia verificata la temuta fase di recessione, i segnali di rallentamento si sono già manifestati (in particolare in Germania ma anche negli Stati Uniti) e la situazione generale, tra il protrarsi della guerra in Ucraina e l'inflazione, vede un rallentamento della domanda con effetti, dice Schiavo: “In particolare su quei Paesi pesantemente dipendenti dall'economia internazionale come la Cina, che si trova a fare i conti anche con il portato dello scontro economico con gli Stati Uniti sul fronte delle sanzioni. Si tratta di una serie di elementi, di campanelli d'allarme che, presi singolarmente, hanno un impatto relativamente piccolo ma che nel complesso possono portare a effetti ben più importanti. Detto questo, va poi ricordato che una possibile crisi in Cina, vista la grandezza della sua economia, darebbe vita a effetti di rimbalzo in grado di colpire un po' tutti all'interno del sistema economico mondiale”.

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