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Thursday, July 20, 2023

Superbonus 110% per redditi bassi, Rsa e case popolari: 20mila interventi in più. Ecco cosa cambia - ilmessaggero.it

Tra i quindicimila e i ventimila interventi di ristrutturazione in più. È questa la stima che circola sull’impatto dell’operazione a cui sta lavorando il governo, una revisione dei bonus edilizi che attinge ai fondi “liberati” dal Pnrr. Ma il progetto, che dovrebbe essere impostato nelle prossime settimane in vista della preparazione della legge di Bilancio, dovrà fare i conti con un’altra esigenza ben nota al ministero dell’Economia: quella di risolvere la questione dei crediti relativi al superbonus rimasti “incagliati” perché i soggetti interessati non riescono ad ottenere la monetizzazione.

Superbonus resta al 110% per i redditi bassi. Misura riservata a condomini, case popolari e residenze sanitarie

L’OBIETTIVO

L’obiettivo di fondo è quella di concentrare le risorse sull’efficientamento energetico. Dovrebbe quindi essere superata la fase in cui il Superbonus, con le sue decine di miliardi a carico del bilancio dello Stato, era di fatto utilizzato per lavori edilizi generici in concomitanza con interventi direttamente collegati alla finalità ecologica. Del resto per le ristrutturazioni “generiche” esiste una specifica detrazione, pur se relativamente meno conveniente. Ma quello relativo alla tipologia di lavori non è l’unico paletto. Il governo pensa anche a limitare la platea per la quale potrebbe essere possibile riportare lo sconto al livello originale del 110 per cento (dal primo gennaio di quest’anno la percentuale è scesa al 90). Si tratta delle case popolari, delle residenze assistenziali per gli anziani (Rsa) e dei condomini. All’interno di questi ultimi, si punterebbe a favorire con la detrazione maggiorata i cosiddetti “incapienti” ovvero coloro che avendo un reddito basso e quindi pagando un’Irpef nulla o comunque molto bassa non hanno la possibilità di sfruttare le detrazioni, in assenza di un’imposta da cui sottrarre gli importi in questione.

Per questi contribuenti dovrebbe tornare la possibilità di fruire dello sconto in fattura, ovvero di non pagare direttamente i lavori invece di attendere di recuperare le relative somme nella dichiarazione dei redditi. Così verrebbe risolta una problematica ben nota, quello delle ristrutturazioni che si bloccano per il veto dei condòmini con basso reddito, non disposti ad affrontare la propria quota di spese. Gli altri usufruirebbero invece dell’agevolazione nella sua forma tradizionale, con lo sconto destinato a ridursi ulteriormente nel tempo (70 per cento nel 2024 e 65 per cento l’anno successivo).


Il tema della revisione degli incentivi finalizzati alla riqualificazioni energetica è affrontato anche nel Pniec, il Piano nazionale energia e clima che il ministro dell’Ambiente Pichetto ha appena inviato a Bruxelles nella sua versione definitiva. Nel testo si parla di «aggiornare le politiche vigenti al fine di incrementarne il rapporto tra beneficio e costo per lo Stato». Dunque il governo lavorerà a «una riforma degli incentivi fiscali che identifichi priorità di intervento (quali gli edifici meno performanti e le situazioni di povertà energetica) e differenzi il livello di assistenza in base all’efficacia in termini di miglioramento della prestazione energetica dell’edificio sia in termini di riduzione dei consumi che di incremento dell’utilizzo delle fonti rinnovabili».

LE RISORSE

Naturalmente c’è da affrontare il tema delle risorse finanziarie, nell’ambito di una manovra che già si preannuncia “affollata” per le varie esigenze e richieste che saranno poste da governo e maggioranza. Dalla rimodulazione degli obiettivi del Pnrr a cui sta lavorando il ministro Fitto (che parte dalla revisione del piano parallelo noto come “RepowerEu”) dovrebbero scaturire risorse per circa 3 miliardi da destinare appunto al Superbonus. Resta, come accennato il tema dei cosiddetti “esodati”, coloro che dopo aver iniziato i lavori contando sulla possibilità di utilizzare lo “sconto in fattura” - e quindi di non sostenere in prima persona i costi - sono incappati nel blocco dell’acquisto dei crediti da parte del sistema bancario. Una partita che secondo le stime dell’Agenzia delle Entrate vale 7 miliardi.

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