Il caso Eurovita sta tenendo banco da qualche mese dopo che il regolatore (Ivass) ha commissariato la compagnia assicurativa il 31 gennaio 2023 e bloccato i riscatti delle polizze vita da parte dei clienti fino al 31 marzo 2023. Vediamo cosa è successo e quali rischi corrono i clienti della società.
Cosa è successo a Eurovita
Ogni compagnia assicurativa, alla stregua delle banche, deve avere un adeguato livello di patrimonializzazione, definito come il rapporto tra i fondi propri (Own Funds) e il requisito di capitale di solvibilità (Solvency Capital Requirement – SCR) a una certa data. I primi sono calcolati a partire dalla valutazione del bilancio della compagnia a valori di mercato (Fair Value). L’SCR è determinato valutando i rischi sottostanti al business sviluppato secondo quanto previsto dalla normativa Solvency II. Eurovita attualmente ha un coefficiente di solvibilità sotto al 150%, la soglia di tolleranza delle autorità di controllo. Ivass ha pertanto chiesto una ricapitalizzazione da 200 milioni di euro. Il fondo di private equity Cinven, azionista di riferimento di Eurovita, si dice impossibilitato a mettere altre risorse all’interno della società assicurativa. Proprio per questo motivo aveva deciso di cedere il controllo della società. A farsi avanti erano stati alcuni potenziali acquirenti. Tra questi c’era il fondo di private equity JC Flowers, azionista di Eurovita fino al 2017, che si era dimostrato disposto a riacquistare la compagnia per circa 300 milioni. Ma la trattativa è saltata.
Cosa potrebbe accadere a Eurovita
Se la crisi della compagnia assicurativa dovesse protrarsi oltre il 31 marzo 2023, l’Ivass potrebbe decidere di mettere la società in:
- amministrazione straordinaria, con conseguente scioglimento degli organi societari; la procedura potrebbe durare fino a un massimo di due anni.
- liquidazione coatta amministrativa, con conseguente revoca dell’esercizio dell’attività e liquidazione fallimentare. Uno scenario inedito per un’assicurazione vita italiana, che non si è mai verificato nella storia.
I rischi per i risparmiatori
Lo scenario è diverso a seconda che i risparmiatori abbiano sottoscritto polizze ramo I (a gestione separata) o polizze multiramo (o ramo III). Le polizze ramo I sono investimenti finanziari con veste assicurativa in cui il portafoglio ha una gestione separata dal capitale della compagnia stessa. Se Eurovita fallisse, il patrimonio delle gestioni separate non rientrerebbe nel fallimento, ma sarebbe liquidato ai prezzi di mercato dei titoli presenti in portafoglio e decadrebbe la garanzia della restituzione del 100% del capitale versato.
Le polizze ramo III sono formate da una gestione separata e da fondi assicurativi interni. Per la prima componente, tutto sarebbe considerato come per le polizza ramo I di cui abbiamo appena parlato. Per la seconda componente invece non ci sarebbe alcun tipo di garanzia se non quella di una valutazione di mercato come per una normale fondo di investimento.
Sulle somme da restituire pende la spada di Damocle del rialzo dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali. Tali rialzi potrebbero generare cali dei prezzi dei titoli proporzionali alla durata dei titoli stessi. Ogni fondo ed ogni gestione separata, potrebbe avere portafogli completamente diversi, con valori e patrimonialità che andranno valutate al momento dell’eventuale liquidazione. Insomma una situazione tutta da definire e che non può essere in nessun modo considerata a priori senza conoscere la condizione e le scelte effettuate dai gestori.
In caso di liquidazione coatta amministrativa, i risparmiatori coinvolti saranno supportati dal liquidatore delle polizze, per la valutazione delle somme che verranno restituite loro.
E se lo Stato salvasse Eurovita?
L’attuale commissario di Eurovita, Alessandro Santoliquido, dovrà valutare meglio la situazione patrimoniale della società e cercare al tempo stesso un acquirente o un nuovo socio che possa garantire i 200 milioni di aumento di capitale previsto da Ivass. E se non ci riuscisse? Lo Stato Italiano potrebbe intervenire e salvare Eurovita, considerati:
- l’esiguità del capitale richiesto (200 milioni);
- il fatto che ci sono 400 mila clienti coinvolti, con 20 milioni di risparmi investiti;
- gli esborsi statali, e quindi a carico dei contribuenti per Monte Dei Paschi, Carige, le sei banche fallite tra il 2015 ed il 2016, che sono stati superiori ai 20 miliardi di euro. 200 milioni per Eurovita sarebbero veramente un’inezia.
Infine, un’avvertenza per i risparmiatori: prima di sottoscrivere qualsiasi prodotto assicurativo, occorre prestare molta attenzione ai livelli di solidità delle assicurazioni e delle banche che li collocano. Per quanto riguarda Eurovita, l’unica speranza di salvezza è un cavaliere bianco che la rilevi Eurovita e scongiuri così il fallimento. Per il bene della compagnia, ma soprattutto dei risparmiatori italiani coinvolti.
Eurovita, cosa sta succedendo? Tutti i rischi per i risparmiatori - Wall Street Italia
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