Lo stabilimento di Melfi a settembre lavorerà solo cinque giorni a causa della scarsità di microchip che sta mettendo in crisi la produzione globale di auto. La sospensione della produzione in uno dei principali stabilimenti europei del gruppo Stellantis potrebbe nel breve termine portare alla cassa integrazione ordinaria per migliaia di lavoratori.
I problemi sulle catene di fornitura colpiscono le aziende produttrici a macchia di leopardo con società che nel corso delle presentazioni dei dati trimestrali annunciano tagli del 50% e altre del 20%; è una stranezza che sembra suggerire che, oltre al problema vero sui microchip, ci possano essere altri fattori in gioco.
La premessa è che il settore auto, nonostante le difficoltà nella produzione, si è ritrovato ad annunciare ottimi risultati, molto superiori alle attese di un anno fa e con incrementi medi dei prezzi delle auto vendute superiori alla doppia cifra percentuale. Il taglio della produzione ha consentito alle società produttrici di ridurre le vendite meno profittevoli sia, soprattutto, alle flotte aziendali o agli autonoleggi sia nei modelli di base. Questo è avvenuto senza rischi per le quote di mercato. Il settore in quanto tale ha scoperto che essere più disciplinati, evitando di farsi guerre nei segmenti meno redditizi, è una manna per i profitti che “risolve” la questione di una struttura produttiva che sarà sempre sbilanciata sui costi fissi.
Dopo aver scoperto che un patto di non belligeranza, esplicito o implicito, trasforma un settore piagato da margini strutturalmente bassi e fragili in uno con margini più alti e resilienti, il passaggio successivo è inevitabilmente un rinnovato sforzo per tagliare definitivamente la capacità produttiva, adeguandola al nuovo mondo. Pazienza se i consumatori dovranno aspettare mesi anche per un’auto senza un brand forte oppure se qualcuno non potrà permettersela. È infinitamente meglio vendere un po’ di meno e facendo aspettare senza “sbracare” sul prezzo. Uno sforzo settoriale, o i problemi sulla catena di fornitura, garantisce che non ci sia un produttore meno disciplinato che decide di rubare quote di mercato.
Questo è un problema per i Paesi, come l’Italia, dove la produzione d’auto garantisce decine di migliaia di posti di lavoro e in cui l’ex produttore “nazionale” ha lasciato sul territorio stabilimenti anche molto grandi, come appunto quello di Melfi. All’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, è stato lasciato il timone dopo la fusione tra Fca e Psa per le doti di ristrutturatore e per i risultati su efficienza e margini raggiunti senza brand “premium”. La ristrutturazione della capacità produttiva in generale e in Europa in particolare diventa un’urgenza, perché gli azionisti ormai hanno la certezza che qualsiasi tentennamento implica la rinuncia a ottime trimestrali.
Ovviamente nessuno si illude che le decisioni sui tagli riflettano anche valutazioni “politiche” o di sistema Paese. Era vero prima del Covid e ancor di più oggi con il protagonismo degli Stati e della “geopolitica’. L’efficienza della pubblica amministrazione, dei trasporti o i costi energetici sono fattori fondamentali, ma non sono gli unici.
Qualsiasi disattenzione del “sistema Paese” o qualsiasi ingenuità rischia di costare la perdita di tanti posti di lavoro anche nell’indotto. Fare appelli agli azionisti probabilmente non basta più.
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STELLANTIS/ Non solo microchip, c'è un'altra frenata che può creare problemi - Il Sussidiario.net
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