Di Alessandro Albano
Investing.com - Monte dei Paschi (MI:) ha ufficializzato quanto riportato da diversi organi di stampa nel fine settimana, e cioè che nella dataroom con UniCredit SpA (MI:) ci sono anche le controllate statali Amco e MedioCredito Centrale.
Nella nota diffusa, Rocca Salimbeni comunica di aver "consentito l’accesso ad una partizione della data room a Mediocredito Centrale", con informazioni relative "ad una selezione di sportelli bancari". In particolare, Siena si riferisce ai quei 150 sportelli situati al Sud che non interessano a Gae Aulenti, vista la strategia di Orcel di puntare su Toscana e Nord-Est, e che potrebbero integrarsi con la rete Mcc vista la sua presenza sul territorio.
Quello che non viene detto, è che né il marchio Monte dei Paschi né la divisione d'investimento Mps Capital Service farebbero gola a Mcc, impegnata in questo momento in altre due ristrutturazioni, quella di Popolare di Bari e di Cassa di Risparmio di Orvieto. Secondo indiscrezioni, il brand Mps dovrebbe a questo punto andare in mano ad UniCredit, che potrebbe usarlo nelle proprie filiali del Centro Italia.
Inoltre, continua la nota, è stata predisposta "una data room focalizzata sugli aspetti inerenti ai crediti deteriorati e crediti classificati come Stage 2, cui ha avuto accesso Amco", definiti tali dalla stessa Mps, ma che riguardano solo una parte dei finanziamenti a carico del Monte.
Con la prima scadenza fissata per il 9 settembre, il braccio di ferro tra Milano e Siena riguarda proprio i crediti in mano a quest'ultima, visto che Gae Aulenti sarebbe disposta a a rilevare solo la fetta più sicura dei finanziamenti, cioè quelli riferibili alle garanzie e prestiti statali inseriti anche nel Decreto Liquidità del 2020, e che ammontano a circa 80 miliardi.
Al Tesoro resterebbero in mano quei crediti più difficili da smaltire, circa 10 miliardi di finanziamenti Stage 2 e circa 5 miliardi di crediti ormai insolvibili che andrebbero a carico della statale Amco.
Tuttavia, secondo quanto riportato da Repubblica, UniCredit avrebbe messo una clausola di vendita sugli Stage 2, per restituirli al Mef se con il tempo cadessero nell'insolvibilità. Ma le clausole, scrive il quotidiano, hanno i loro costi. Lo Stato, azionista al 64% che nel 2017 nazionalizzò Siena con 5,4 miliardi, ora dovrà metterne altri sul piatto per venderla, aumentando il costo (diversi miliardi) che le casse pubbliche dovranno sopportare in questa operazione.
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Mps conferma, Mcc e Amco in data room con UniCredit. Braccio di ferro su crediti Da Investing.com - Investing.com
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