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La Cina completa la morsa nei confronti delle criptovalute, dichiarando illegali tutte le transazioni finanziarie in cui sono utilizzate. Finora ai cittadini cinesi che volevano acquistare criptovalute non rimaneva che farlo solo attraverso exchange stranieri: ora anche quella porta si chiude.
La stretta rinforza la dura posizione adottata dalle autorità di Pechino, con in testa la Banca centrale, contro qualsiasi ipotesi di valuta digitale che si contrapponga con quella ufficiale.
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«Le attività commerciali legate alle monete virtuali sono attività finanziarie illegali», ha spiegato la People's Bank of China in una nota datata 15 settembre ma pubblicata sul proprio sito solo oggi, dieci giorni dopo. Le criptovalute, sottolinea la nota, «mettono seriamente a rischio gli attivi delle persone», così come la sicurezza nazionale e la stabilità sociale.
Inutile dire che l'annuncio ha provocato un brusco ridimensionamento delle quotazioni del bitcoin, crollato dai 45mila dollari di metà giornata attorno a 41.600, con una flessione superiore al 10% su 24 ore prima. Ancora peggio è andata a ether, crollato del 17,5% a 2.830 dollari. Ma è l’intero listino delle criptovaluite che ha accusato il colpo.
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Proprio bitcoin, ether insieme al tether, stablecoin legata al dollaro, sono esplicitamente citati dalla Pboc come esempi di croptovalute che sono emesse da autorità non monetarie, utilizzano tecnologie crittografiche ed esistono in forma digitale: per queste ragioni non dovrebbero essere utilizzate sui mercati come valute.
Criptovalute, stretta finale della Cina: messe al bando tutte le transazioni - Il Sole 24 ORE
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