Da quando è iniziata la guerra russa in Ucraina, moltissime aziende occidentali hanno interrotto le loro attività in Russia nel timore che restare operative nel paese potesse avere ripercussioni politiche e reputazionali, oltre che economiche. E lo hanno fatto in vari modi e con tempistiche diverse: alcune hanno deciso di chiudere poco dopo l’invasione e sono riuscite a farlo in modo ordinato; quelle che ci hanno messo più tempo sono state bloccate dai vari decreti che il governo russo ha introdotto per impedire le fuoriuscite di capitali dal paese; altre ancora sono state addirittura sequestrate in risposta alle sanzioni occidentali, come le filiali di Danone, Carlsberg, Fortum e Uniper.
In questo contesto, ciò che rimane delle grandi multinazionali occidentali presenti nel paese è da tempo oggetto di speculazioni da parte di una nuova classe imprenditoriale che sta nascendo in Russia, e che sta facendo fortuna proprio grazie a tutte le aziende straniere che riesce a comprare a prezzi stracciati. L’obiettivo di questi imprenditori è poi di espandersi, grazie agli spazi rimasti vuoti sul mercato russo.
Tutte le restrizioni imposte dal governo russo hanno molto agevolato questa tendenza. Per esempio lo scorso anno aveva vietato agli investitori stranieri di vendere le proprie aziende in Russia senza l’approvazione di una commissione governativa speciale: se poi c’è il via libera, le aziende devono essere comunque vendute con uno sconto di almeno il 50 per cento del valore di mercato.
Queste regole erano state imposte per vari motivi, tra cui quello di scoraggiare la fuga precipitosa di società straniere dal mercato russo e di non lasciare scoperti quei settori produttivi del paese che erano soprattutto presidiati dalle aziende occidentali. Grazie anche a queste leggi sono state bloccate nel paese decine di miliardi di dollari di profitti delle aziende occidentali, che il Financial Times ha quantificato per il solo 2022 tra i 18 e i 20 miliardi.
In più, altre regole più recenti impongono a chi cerca di vendere le proprie aziende di versare un contributo obbligatorio al bilancio dello Stato, anche se le cedessero gratuitamente o per una somma simbolica. Anche in questo caso l’obiettivo è impedire la fuoriuscita di capitali dal paese e accumulare denaro per finanziare la guerra.
Tutto questo ha creato grandi opportunità di business nei casi in cui le aziende siano disposte a vendere a qualsiasi cifra pur di andarsene. Chi ne sta beneficiando sono persone relativamente poco conosciute, che prima della guerra in Ucraina non erano tra le più ricche del paese, e che possono operare in libertà perché non sono sottoposte a sanzioni internazionali come gli oligarchi più esposti. Non si tratta però di figure prive di esperienza, ma di imprenditori o manager che sono in attività da decenni, in alcuni casi addirittura nelle aziende che hanno acquistato e in altri proprio al fianco di famosi miliardari e oligarchi.
Bloomberg ha ricostruito alcune delle operazioni più importanti legate a queste persone: dall’inizio della guerra sono state vendute in questo modo aziende straniere in Russia per un valore complessivo di 21 miliardi di dollari, tra cui tutte le filiali di McDonald’s, del gruppo di imballaggi Ball e del produttore di prodotti chimici Henkel.
Ivan Tavrin, ex presidente di un’azienda di telefonia mobile russa ed ex socio del miliardario Alisher Usmanov, ha recentemente speso più di 2 miliardi di dollari per Avito, una piattaforma online di annunci piuttosto famosa in Russia. Ha acquistato anche altre aziende in vari settori ed è considerato tra gli imprenditori che stanno riuscendo a trarre maggior vantaggio da questa situazione.
C’è poi il gruppo imprenditoriale Arnest dell’imprenditore Alexey Sagal, che è passato dall’essere leader di prodotti cosmetici al rilevare le filiali russe dell’azienda di imballaggio Ball e i birrifici russi di Heineken.
Un’altra persona che ha fatto fortuna con la guerra è Alexander Govor, che ha rilevato tutte le attività di McDonald’s: era già partner della catena, per cui gestiva 25 ristoranti, ma è riuscito a rilevare a buon prezzo l’intera rete di 850 ristoranti russi. Govor è stato per anni socio di Yuzhkuzbassugol, uno dei maggiori produttori russi di coke petrolifero, un tipo di carbone derivato dalla raffinazione del petrolio.
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La nuova classe di imprenditori che sta nascendo in Russia - Il Post
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