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Sunday, August 20, 2023

Crac Evergrande, il muro della Cina: acquisto di yuan e difesa della Borsa - Corriere della Sera

Borse aperte più a lungo, abbattimento delle commissioni sulle compravendite di azioni e sostegno allo yuan. La Cina sta tentando di riconquistare la fiducia dei mercati, incrinata da una serie di fallimenti immobiliari che fanno temere l’insorgere di una crisi economico-finanziaria.

Le misure per la Borsa

L’autorità di Borsa locale ha annunciato un pacchetto di misure volte a rendere più attraente l’investimento sulle società cinesi. Oltre a quelle già citate, fra le iniziative figurano incentivi ai buyback, i riacquisti di azioni da parte delle aziende quotate che aiutano a sostenere i prezzi dei titoli in momenti difficili. Le piazze cinesi ne stanno certamente attraversando uno. La Borsa di Hong Kong ha perso oltre il 21% da inizio anno, muovendosi in direzione opposta rispetto alla crescita dei listini occidentali. Un declino che, secondo più analisti, la pur gradita deregolamentazione finanziaria non riuscirà da sola ad arrestare.

I crac immobiliari

Il malessere finanziario ha infatti radici più profonde: è il riflesso dei problemi economici che affliggono la Cina. Il rimbalzo dopo la pandemia è stato meno elevato delle attese, come dimostrano il crollo dei consumi, la deflazione e il record della disoccupazione giovanile. La crisi dell’edilizia rischia poi di ingolfare uno dei principali motori della crescita cinese che, per la prima volta da decenni sarà sotto il 5%. Il settore vale circa il 30% del Prodotto interno lordo cinese, ma le insolvenze di colossi delle costruzioni come Evergrande e Country Garden sono un indizio che il boom immobiliare del Dragone potrebbe essere alle spalle. Più attuale che mai è invece la difficoltà di questi giganti nel ripagare le centinaia di miliardi di debiti contratti nell’epoca d’oro. Un macigno che rischia di trascinare a fondo l’intero sistema finanziario cinese.

Il silenzio di Xi Jinping

Da più parti, perciò, si auspica un intervento diretto del governo di Pechino per ridare fiato all’economia, vuoi attraverso stimoli fiscali vuoi tramite un salvataggio pubblico dell’industria immobiliare. Sinora Xi Jinping ha respinto tutti questi inviti, alimentando dubbi fra gli esperti. Il presidente cinese vuole ridimensionare il settore privato, temendo l’influenza conquistata negli ultimi anni dai capitalisti locali? Oppure la situazione è davvero sotto controllo, come sostengono le autorità locali? L’unico dato certo è che la Banca centrale cinese farà ricorso a una serie di misure per sostenere lo yuan che da inizio anno si è svalutato di oltre il 5% sul dollaro a causa dei tagli d’interesse e dei timori per la crescita del Paese.

I rischi per l’Occidente

Tutti questi elementi hanno fatto concludere al presidente americano, Joe Biden, che la Cina è «una bomba a orologeria» innescata. Dovesse esplodere, però, i danni sarebbero ingenti per tutti i Paesi. Se è vero che il sistema finanziario cinese è ancora piuttosto isolato, lo stesso non vale per la sua economia. La Cina è la prima destinazione delle merci di molte aziende occidentali dell’auto, della moda, del lusso e dell’industria pesante. Nonostante i recenti tentativi di diversificazione delle filiere, poi, il Paese è ancora la «fabbrica del mondo» e un suo arresto rischia di rallentare la produzione di gran parte delle aziende europee e statunitensi. Non stupisce allora che gli investitori si siano fatti più cauti non solo sui mercati cinesi ma anche sulle Borse occidentali. Nel mese di agosto, per esempio, Piazza Affari ha perso oltre il 6%.

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