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Thursday, April 20, 2023

Tim, l’assemblea boccia la remunerazione dei manager: ecco cosa è successo - La Stampa

MILANO – Non passa la politica sulla remunerazione per i manager, inclusa quella dell’ad Pietro Labriola. Bocciati entrambi i candidati a prendere il posto in consiglio lasciato libero dal dimissionario Arnaud de Puyfontaine. I soci di Tim, a cominciare dal principale Vivendi (23,75% del capitale) determinante con la sua astensione, dall’assemblea mandano chiari segnali di insofferenza al vertice dell’azienda. E questo avviene all’indomani dei rilanci delle offerte per la rete dell’ex monopolista, che hanno provocato un crollo del titolo lunedì (-8,3%) e a metà seduta continuano a far soffrire le azioni che cedono oltre due punti percentuali.

Come si ricorderà la cordata formata da Cassa depositi e prestiti oltre che dal fondo australiano Macquarie ha innalzato la propria offerta da 18 a 19,3 miliardi, mentre i rivali di Kkr hanno sospinto l’offerta da 18 a 19 miliardi a cui si potrebbero aggiungere due miliardi in caso di fusione con Open Fiber (un miliardo è legato all’eventuale concessione della Rab da parte del governo). Tutte le offerte sono dunque al di sotto dei 20 miliardi, in una situazione che delude Vivendi (che valuta l’infrastruttura 31 miliardi), il cda (che calcolava come area di accettazione quella che va tra 22 e 24 miliardi) e di conseguenza il mercato, che vede una soluzione più lontana alla questione del debito che continua a ipotecare il futuro di Tim.

L’assemblea, che ha approvato il bilancio del 2022, ha così visto le proposte del consiglio soccombere, ha visto la partecipazione - attraverso il rappresentante designato – del 53% del capitale e il 45% (Vivendi) si è astenuto quando si è trattato di votare i punti relativi alla remunerazione dei manager. Non passano nemmeno i candidati a subentrare in consiglio a de Puyfontaine ovvero Paola Bruno, proposta dal comitato dei gestori (i fondi), e Franco Lombardi, presidente dell’Asati, l’associazione che riunisce i piccoli azionisti, per lo più dipendenti.

Ora l’attesa si concentra per il 4 di maggio, quando – sulla scorta dell’istruttoria del comitato parti correlate – il consiglio esaminerà le nuove proposte perla rete e sarà chiamato a decidere sul da farsi: approfondirne una o entrambe, oppure studiare la fattibilità di altre strade. Che è quanto da tempo chiede Vivendi, più propensa ad appoggiare un’operazione, un’opa da parte di fondi, che porti Telecom fuori dalla Borsa e permetta così la scissione proporzionale della rete. Il rischio è che alla fine possa servire un cospicuo aumento di capitale o la vendita di un asset importante come il Brasile. Tutto quanto, insomma, finora è stato escluso dalla società.

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