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Saturday, April 8, 2023

Intelligenza artificiale, l'umanità è a un bivio esistenziale: ecco le scelte - Agenda Digitale

Il timore che l’intelligenza artificiale (IA) rappresenti un punto di non ritorno rispetto alle capacità umane di “governare” l’evoluzione della tecnologia non è nuova. Singolarmente presa, ogni innovazione incide negativamente sulla quantità di lavoro che era necessario attivare prima della sua introduzione.

Quando si prendono in considerazione gli effetti sui prezzi e sui redditi che l’innovazione produce, ci si accorge che essa alimenta l’ampliamento dei mercati, l’aumento della domanda e dell’offerta e quindi sortisce effetti positivi sull’insieme dell’economia e della società.

ChatGPT, perché il Garante lo ha bloccato e che succede ora

Indice degli argomenti

I problemi che ogni innovazione porta con sé

Ogni ciclo di innovazione porta con sé due problemi di notevoli dimensioni, la cui soluzione non è affatto garantita e non è facile da raggiungere.

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Istruzione
Natural Language Processing (NLP)

Il primo è lo spiazzamento dei lavoratori dotati di professionalità divenute obsolete: tutti i programmi di riqualificazione o di formazione continua si scontrano con il problema dell’età, ossia con le difficoltà di riconvertire le vecchie professionalità in direzione del digitale, e, secondo, il problema della scarsità di competenze in grado di applicarsi al nuovo contesto innovativo.

Il livello di automazione efficace per un impianto non è infatti determinato soltanto dalla tecnologia. La soluzione ottimale non è l’adozione della frontiera della tecnologia, ma quel mix che consente a chi ci lavora di gestire in modo efficace il processo, con la dovuta flessibilità e capacità di adattamento.

Nel caso dell’IA questi due problemi diventano ancora più rilevanti e difficili da affrontare. Infatti, l’IA si applica in aree produttive molto diverse tra di loro: dall’automazione delle linee di montaggio, allo screening della qualità, alla classificazione degli oggetti e dei fenomeni (botanica, biologia, medicina), ai lavori “creativi” come il giornalismo, l’indagine, il controllo, la criminalità digitale.

Abbiamo posto tra virgolette il concetto di creatività per sottolineare che anche molte negatività riceveranno un forte impulso dall’applicazione dell’IA, cosa che già sta avvenendo.

Sono questi potenziali impatti negativi, insiti per altro in tutte le innovazioni, che spaventano di più, oggi, molti osservatori, per timore della violazione della privacy, dell’accumulo di dati personali sensibili, per le potenzialità di estendere oltremodo la sorveglianza e il controllo. Da qui è breve il passo che conduce alla decisione del Garante della Privacy di cercare di inibire l’uso di ChatGPT nel nostro Paese. Una scelta che rimane discutibile, inefficace e forse dannosa per la nostra capacità di innovare e competere.

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I nuovi timori

Tra gli osservatori più critici, David Autor, economista del MIT ha dedicato molta attenzione allo “spiazzamento” dei lavoratori da parte dei processi di automazione, giungendo alla stessa conclusione che abbiamo proposto sopra: “Certamente l’automazione sostituisce lavoro…Ma essa è anche un complemento del lavoro, aumenta il prodotto in modo tale che la domanda di lavoro aumenta…I cambiamenti nella tecnologia cambiano i lavori disponibili e ciò che tali lavori rendono in termini di salario…Per questo negli ultimi decenni abbiamo assistito alla ‘polarizzazione’ del mercato del lavoro, nella quale i vantaggi salariali andavano in modo sproporzionato a favore di coloro che stavano nella parte alta della distribuzione del reddito e della professionalità” .

La diffusione dell’IA viene vista da questo autore come un cambiamento che può avere due esiti: sostituire lavoratori con media qualificazione oppure potenziare le loro capacità. Il passaggio di oggi può essere che l’IA dislochi lavoratori con qualificazione relativamente elevata e ben pagati, verso mansioni più povere e dequalificate. Ma c’è anche la possibilità che accada qualcosa di diverso.

In uno dei pochi esperimenti effettuati per misurare l’impatto di ChatGPT, due ricercatori del MIT hanno provato a coinvolgere centinaia di professionisti diplomati al college che lavoravano nelle aree delle relazioni umane e del marketing, ossia quelle con maggiore intensità di interazioni umane. Un secondo gruppo di controllo continuava a lavorare senza IA. L’adozione di ChatGPT ha aumentato la produttività generale, ma il risultato interessante è che la sua adozione ha “ridotto le differenze di efficacia e di produttività esistenti tra i lavoratori, dando un vantaggio a quelli con minore professionalità”.

In altre parole, secondo l’espressione di Autor, l’IA può essere usato per ampliare l’expertise dei lavoratori qualificati, nelle aree in cui, fino ad oggi, era fondamentale averlo maturato sul campo, come nella sanità, nell’insegnamento, nell’agricoltura. ChatGPT può essere usato per rivitalizzare la professionalità dei lavoratori di livello intermedio.

Nuove interazioni

Anton Korinek, economista dell’Università della Virginia, ha provato ad utilizzare ChatGPT con i suoi studenti e ha verificato in quali aree applicative i risultati sono stati migliori. La domanda più interessante era quella rivolta a ChatGPT a proposito di quali effetti dell’IA potrebbero accrescere la diseguaglianza. Ossia ha rivolto al programma una domanda su se stesso. ChatGPT ha risposto con 10 esempi, il più significativo dei quale è “l’aumento della sorveglianza sui lavoratori e l’uso di algoritmi di IA per ottimizzare i prezzi, con effetti inflazionistici”.

Tabella 1: aree applicative in cui ChatGPT è stato sperimentato nello studio di Korineck

Secondo lo studio di Korineck gli studenti hanno tratto i maggiori benefici dall’utilizzo di ChatGPT in ambiti limitati e concentrati, in modo da poter controllare l’accuratezza del lavoro effettuato (ad es. controargomentazioni, sintesi e correzione dei testi, riassunti), senza escludere alcune funzioni elevate, come la tutorship nella scrittura di paper, ma con scarsi risultati (per ora) nella modellazione matematica (vedi lista delle attività sperimentate in tabella 1).

Questione di scelte

Nel loro studio sul progresso tecnologico, in uscita l’11 maggio 2023, Daaron Acemoglu e Simon Johnson insistono sulla capacità e sulla necessità di “guidare” il progresso tecnico. In particolare, Acemoglu sostiene che “L’intera architettura dell’IA è orientata all’automazione, ma non c’è nulla di intrinseco all’intelligenza artificiale generativa, che costringa ad andare in quella direzione. Sono i modelli di business e la visione delle persone che guidano OpenAI e Microsoft e i venture capitalist che portano in quella direzione”.

L’appello degli autori è per un controllo più attivo sui rischi della sorveglianza diffusa, sulla tutela della privacy, in una parola per il potenziamento degli strumenti che proteggono la democrazia dai rischi di involuzione autoritaria. Il tentativo è di discriminare il buono che viene dal progresso tecnico, dal male che lo ha sempre accompagnato nella storia. La vicenda dell’IA dovrebbe essere, a loro giudizio, il momento in cui questa dissociazione tra bene e male si può realizzare con gli strumenti di cui ci dobbiamo dotare o che già abbiamo. Andrebbe loro ricordato che è difficile perseguire l’innovazione, con quel che ne consegue di buono in termini di benessere sociale, se si considerano totalmente perverse le visioni di Big Tech e del venture capital, che l’innovazione portano avanti.

Comunque, non sarà facile convincere ad adottare e a praticare nuovi controlli e improbabili autolimitazioni, men che meno con appelli alla moratoria sugli investimenti. Su quella strada ci si ritroverà presto senza politiche, poiché gli strumenti di controllo e limitazione verranno aggirati. Gli investitori affronteranno questo settore con l’entusiasmo e le paure di chi intravede un business a cui affidare la speranza di restituire smalto alle Big Tech mortificate dai risultati deludenti maturati successivamente alla fine della pandemia.

Conclusioni: il bivio esistenziale

L’innovazione ha i suoi costi, si tratta di scegliere.

  • La prima strada è quella di una nuova burocrazia che la rallenta, senza per altro risolvere i problemi che l’innovazione comporta perché si limita a rinviarli nel tempo.
  • La seconda strada è quella di lasciare sviluppare l’innovazione, cercando di affrontare i problemi culturali e formativi che essa pone a partire dalla scuola e dall’università, ricorrendo a strumenti e ad investimenti sociali che contribuiscono ad attenuarne gli impatti negativi e valorizzano quelli positivi.

Noi caldeggiamo modestamente questa seconda strada.

Note

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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