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Wednesday, December 14, 2022

Fed alza i tassi di 50 punti al 4,25%-4,50%, e preannuncia una stretta più lunga - Il Sole 24 ORE

3' di lettura

Una stretta più graduale, ma più lunga. Il Federal Open Market Committee (Fomc), l'organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti, ha annunciato un aumento dei tassi d’interesse di 50 punti base al 4,25-4,5%, il livello più alto in 15 anni. Si tratta del settimo rialzo dei tassi consecutivo. Prima di quest’anno, la Fed non aveva mai alzato i tassi, al termine di una riunione, di oltre 25 punti base in 22 anni. Nel 2022, lo ha fatto cinque volte, con quattro rialzi di 75 punti base e questo, appunto, di 50 punti, che segna un rallentamento, ma prepara l’avvio di una nuova fase, caratterizzata da una stretta dalla durata più lunga di quanto previsto finora, e un tasso terminale più elevato.

È questo che indicano i “dots”, le previsioni dei singoli governatori sul futuro andamento dei tassi, in linea con quanto aveva anticipato il presidente della Fed Jerome Powell. La mediana delle proiezioni indica infatti per fine ’23 un tasso sui Fed funds del 5-5,25%, quindi 75 punti base in più rispetto al livello attuale, contro il 4,5-4,75% indicato a settembre. A fine ’24, la mediana punta al 4-4,25%, contro il precedente 3,75-4% e a fine ’25 al 3-3,25% dal precedente 2,75-3% cento. Invariato al 2,5% il tasso di lungo periodo, che rappresenta una misura approssimata del tasso neutrale: nel ’25 i tassi saranno ancora a un livello più alto.

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Anche ieri, il presidente ha ripetuto che ora «è molto più importante pesare a qual è il livello ultimo dei tassi, e poi, a un certo punto, la questione diventerà quanto a lungo resteremo con un orientamento restrittivo». Powell ha sottolineato che queste indicazioni potrebbero essere corrette anche verso l’alto, nel corso del ’23, se risultasse necessario: i governatori ritengono che i rischi sull’inflazione restano orientati al rialzo. La politica monetaria continuerà a essere svolta «meeting by meeting», sulla base della «totalità» dei dati macroeconomici disponibili.

Le proiezioni macroeconomiche indicano un’inflazione leggermente più elevata e una a crescita decisamente più lenta, almeno nel breve periodo, rispetto a settembre. I prezzi potrebbero salire del 3,1% l’anno prossimo (dal 2,8%), del 2,5% nel 2024 (dal 2,3%), e del 2,1 nel 2025 (dal 2%): sono stime che giustificano una stretta più lunga e un tasso terminale più elevato. Le recenti flessioni dell’inflazione non sono risolutive: «saranno necessario molte più prove per poter dire con fiducia che l’inflazione è su un percorso sostenibile verso il basso», ha detto Powell in conferenza stampa. Le aspettative, in ogni caso, sono giudicate «ancorate» dalla Fed.

La crescita risentirà di questa stretta prolungata: 0,5% l’anno prossimo, in deciso calo dall’1,2% indicato a settembre, 1,6% nel ’24, dall’1,7% e 1,8% (invariato) nel 2025, un livello che coincide con la crescita di lungo periodo, in un certo senso l’obiettivo implicito della politica monetaria. La Fed quindi stima, e spera, una frenata non troppo lunga dell’economia per poter raffreddare i prezzi e in un ritorno relativamente rapido all’equilibrio. Le più pessimistiche tra le indicazioni dei singoli governatori, non escludono però una recessione l’anno prossimo: -0,5% (era il -0,3% a settembre) la proiezione meno favorevole. «Non penso che qualcuno sappia se avremo una recessione o no - ha detto Powell, escludendo che un soft landing non sia più possibile - e, se qualcuno lo sa, se sarà profonda o no. Non è conoscibile».
Poco variate in ogni caso le indicazioni sulla disoccupazione: 4,6% nel ’23 e ’24, dal 4,4% e 4,5% nel ’24, dal 4,4 per cento. PIù basso, il quattro per cento, il valore di lungo periodo. «Vorrei che ci fosse un modo indolore di recuperare la stabilità dei prezzi - ha ricordato Powell - ma non esiste. E questo è il meglio che possiamo fare».

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