Il 2022 si chiude con un bilancio negativo per le grandi aziende tech in generale. Dopo aver vissuto un periodo d’oro fino al 2021, nel decennio che ha visto crescere i loro ricavi e profitti a un tasso cinque volte superiore al Pil americano, coronato dal balzo anche durante la pandemia, le big tech hanno accusato una dura contrazione, successivamente accompagnata da uno stop alle assunzioni e seguita da ondate massicce di licenziamenti.
Secondo i calcoli dell’Economist, i cinque giganti della tecnologia Apple, Alphabet, Meta, Microsoft e Amazon, hanno perso circa tre mila miliardi di dollari di valore di mercato. Nel 2019, le principali aziende della Silicon Valley crescevano costantemente con l’aumentare del flusso web causato dalle restrizioni. Non solo i ricavi di molte di queste società tecnologiche sono saliti alle stelle, ma anche il loro numero di dipendenti che, con il crollo dei profitti, si sono poi trasformati in esuberi tradotti in annunci di tagli del personale. Sono più di 150.000 i posti di lavoro tagliati nel 2022 nelle aziende tecnologiche di tutto il mondo (dati di Layoffs.fyi).
Dopo Meta, la holding di Facebook, Instagram e Whatsapp, che aveva annunciato a novembre a livello globale 11 mila esuberi, anche l’amministratore delegato di Amazon, Andy Jassy, aveva annunciato l’avvio della campagna di licenziamenti di 10 mila unità, pari all’1% della forza lavoro totale, circa 1,5 milioni di persone. Licenziamenti potrebbero arrivare anche per Alphabet, la società madre di Google che con il crollo del mercato della pubblicità digitale a ottobre, ha registrato profitti i calo del 27% nel terzo trimestre 2022 rispetto all’anno precedente, a 13,9 miliardi di dollari.
Il Nasdaq, che rappresenta l’indice del listino azionario delle società ad alto contenuto tecnologico, ha perso un terzo del suo valore. Tra le cinque, ad accusare perdite maggiori è Meta che ha bruciato quasi due terzi del suo valore, lasciando la sua capitalizzazione di mercato a poco più di 300 miliardi di dollari.
Diverse sono le cause della fine della crescita del settore. Tra queste il calo della raccolta pubblicitaria. Negli ultimi anni i budget che venivano stanziati per i tradizionali media come tv e giornali, sono stati spostati su piattaforme online. Una migrazione che oggi si può considerare ormai quasi totalmente avvenuta: due terzi della spesa america avviene già sul digitale. A luglio Meta ha registrato il suo primo calo trimestrale dei ricavi seguito da un secondo a ottobre.
Una prossima sfida per le big tech sarà la concorrenza e le autorità garanti del mercato. Nel 2023 diverrà applicabile il Regolamento europeo sui mercati digitali, più noto come Digital Markets Act che si propone di promuovere «mercati equi e contendibili nel settore digitale». La concentrazione dei mercati come quella caratterizzata dal monopolio di Google nella ricerca e di Meta nei social media è destinata a finire, anche per effetto della concorrenza di altre piattaforme. Ne è un esempio il successo di TikTok, che ha “inglobato” parte degli utenti di Meta. E i confini di competenze non sono più così netti: il ramo di cloud computing di Amazon ha subito rallentamenti a causa di Google che sta investendo miliardi nel proprio servizio cloud. A queste cause si aggiungono anche altri eventi “sfavorevoli”, come l’innalzamento dei tassi di interesse della Federal Reserve al 4,5% per contrastare l’inflazione e la reperibilità dei semiconduttori per i quali oggi la domanda è diminuita a causa del calo delle vendite di pc e smartphone.
Secondo quanto riportato da Wired, nel 2022, le azioni di Amazon hanno perso tutto il valore accumulato grazie alla pandemia, scendendo nel corso dell’anno del 49% rispetto al 2021. Ammonta invece al 66% il crollo azionario di Meta anche dovuto dal calo dei profitti . Fa peggio solo Tesla: a dicembre le sue azioni hanno raggiunto il livello più basso dal 2020 (- 69% rispetto allo scorso anno). Cali più contenuti per Microsoft che segna un -26%, probabilmente imputabile al calo delle vendite di videogiochi e software. Mentre Microsoft e Alphabet, attribuiscono buona parte della riduzione dei profitti al rallentamento delle loro attività nel cloud computing.
L’ondata di perdite travolge infatti tutti i maggiori paperoni tech della Silicon Valley che, insieme, hanno visto andare in fumo 433 miliardi di dollari, più del doppio del pil della Grecia (214,87 miliardi nel 2021 secondo i dati della Banca Mondiale). Per Elon Musk il 2022 è stato un annus horribilis, durante il quale ha perso 132 miliardi di dollari con il tonfo di Tesla a Wall Street. Il fondatore di Amazon Jeff Bezos ha perso 84,1 miliardi con il calo di quasi il 50% dei titoli del colosso delle vendite al dettaglio. Secondo quanto riportato dal Washington Post, la situazione non migliora per Zuckerberg che, criticato da più parti per le sue scommesse sul metaverso, ha accumulato 80,7 miliardi di perdite. Ma gode tuttavia di una fortuna di 44,8 miliardi, che vale più del pil dell’Islanda. Altre perdite sono state registrate anche dai due fondatori di Google: Larry Page e Sergey Brin che hanno visto prendere fuoco nel complesso quasi 88 miliardi (44,8 miliardi Page e 43,4 miliardi Brin) e valgono ora poco più di 80 miliardi ciascuno. Bill Gates invece si è impoverito di 28,7 miliardi e la sua fortuna è pari ora a 109 miliardi.
Apple, Alphabet, Meta, Microsoft e Amazon: 3 mila miliardi bruciati nel 2022 - Corriere della Sera
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