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Saturday, October 8, 2022

Quanti soldi hai perso a causa dell'inflazione? Dipende: ecco le città peggiori dove vivere adesso - Money.it

Disparità territoriali per le tasche dei cittadini italiani: è colpa dell’inflazione.

Gli effetti del rincaro dei prezzi non si distribuiscono in maniera omogenea lungo tutta la Penisola. Come sempre le dinamiche economiche si scontrano con le specifiche condizioni di ogni Regione e, ancor di più, di ogni città colpendo di più le famiglie che risiedono nelle località dove il caro vita si fa sentire maggiormente.

Il conto in banca di chi vive nei grandi centri urbani è insomma messo alla prova più di quanto non accada altrove e in pericolo ci sono proprio i risparmi dei nuclei familiari numerosi e meno abbienti, con figli da mantenere.

Indaghiamo nel dettaglio i numeri che descrivono questo fenomeno partendo però dal presupposto che le famiglie italiane abbiano mantenuto nel proprio istituto di credito gli stessi risparmi che avevano a inizio anno. L’Ufficio studi della Cgi ci restituisce un quadro complessivo parlando di una stangata da almeno 92 miliardi di euro.

Capiamo quindi l’impatto di queste cifre sul Paese alla luce della drastica decurtazione della dimensione economica reale del deposito bancario.

Classifica nazionale: le città più sotto stress

I danni maggiori dell’inflazioni vengono registrati nelle grandi città e non stupisce leggere i dati e veder comparire Roma, Milano, Torino e Napoli nel prospetto delle zone in cui le famiglie sono duramente penalizzate. Si tratta infatti delle province più popolate nonché quelle con i livelli di ricchezza più elevati.

I valori citati da La Stampa vedono Roma con un’inflazione che “erode” 7,42 miliardi di euro di risparmi familiari, 7,39 a Milano e 3,85 a Torino 3,85. A seguire, scendendo dal triste podio, si vede Napoli con 3,33, Brescia a 2,24 e Bologna con 1,97.

Tra le meno esposte invece ci sono la provincia di Enna con 156 milioni di euro, Isernia con 153 e Crotone con 123.

Gli effetti sulle Casse statali

Interessante notare però l’effetto corrispettivo sul fronte statale. Questo sistema appena descritto infatti ha delle ovvie ricadute sulle Casse dello Stato, decisamente rinpinguate.

Sempre La Stampa riferisce come «nei primi 8 mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, le entrate tributarie erariali sono aumentate di 40,69 miliardi di euro». I fattori che hanno contribuito a generare uno score così positivo sono principalmente tre:

  • gli effetti del “decreto Rilancio”;
  • gli effetti del “decreto Agosto” con le sue proroghe e sospensioni;
  • gli incrementi dei prezzi al consumo che spingono il gettito dell’Iva.

Tempi incerti: cosa fare adesso

Le analisi degli economisti prospettano un rischio elevato di stagflazione. Parliamo di un contesto economico che secondo gli esperti si avvicina con passo rapido e che potrebbe concretizzarsi in tempi relativamente brevi.

Si tiene infatti conto di molteplici concause e della loro reazione a catena: la pandemia, gli effetti della guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici. Il timore più grande insomma è che nel medio periodo la crescita economica scivoli verso lo zero con una inflazione che verterebbe tranquillamente verso le due cifre.

Per allontanare questo nefasto scenario si chiamano in causa risposte concrete anche se, segnala l’Ufficio studi della Cgia, contrastare la stagflazione è un’operazione molto complessa. Il piano però è questo: tagliare la spesa e le tasse.

Nel dettaglio delle valutazioni Cgia apprendiamo infatti come, per attenuare la spinta inflazionistica, le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione. Di contro bisogna pur sempre valutare come, «avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico».

Altri punti da mettere a sistema sarebbero la drastica riduzione della spesa corrente con il taglio della pressione fiscale. Tutto questo però resta un’incognita sul fronte operativo perché si tratta di operazioni difficili da mettere in atto se non verrà prima “rivisto” il Patto di Stabilità a livello europeo.

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