Nel quadro europeo sempre più cupo di questi mesi ci sono per l’Italia anche sorprese positive: per esempio, dopo anni di selezione brutale, l’industria sembra crescere strutturalmente meglio delle concorrenti di Francia e Germania. La produzione in aprile ha smentito ancora una volta le previsioni di caduta, mettendo a segno un più 1,6% proprio mentre i dati delle altre grandi economie dell’euro restavano attorno allo zero e sotto le attese. E non è solo il dato di un mese. In aprile la produzione industriale italiana viaggiava del 4,2% al di sopra dei livelli di un anno prima, mentre quella tedesca era in calo di oltre il 2% e quella francese restava ferma. Sono indicazioni come queste a far pensare che l’economia italiana stia reagendo alla guerra e allo choc sui costi dell’energia meglio di quanto si potesse pensare: l’inflazione viaggia sotto alle media dell’area euro, la fiducia dei consumatori si sta riprendendo più che in Francia o in Germania, i piani del Recovery tengono (per ora) la linea di galleggiamento, mentre deficit e debito pubblico restano diretti verso i netti cali programmati per quest’anno.
L’irritazione
Ma sono proprio indicazioni confortanti come queste ad acuire nel governo anche l’irritazione. E stavolta è diretta tutta verso i vertici della Banca centrale europea. Ciò che sconcerta a Roma non è tanto la stretta monetaria in sé, necessaria di fronte all’inflazione come ricordato ieri dal segretario generale dell’Ocse Mathias Cormann; a spiazzare è il modo destabilizzante per i mercati — e per le prospettive di ripresa — in cui la svolta è stata varata e comunicata da Christine Lagarde. L’aver prefigurato un controllo degli spread, come ha fatto la stessa presidente della Bce il 23 maggio, e l’aver poi annunciato una stretta «sostenuta» senza però aver pronto quel meccanismo, ha innescato un diluvio di scommesse. Tutte contro i Paesi più fragili dell’area euro: con i titoli dell’Italia hanno vissuto giornate campali quelli di Grecia, Spagna, Portogallo e in parte persino della Francia. Nella memoria molti nel ministero dell’Economia a Roma resta stampato a fuoco il ricordo della crisi dell’euro e il non aver appreso dagli errori di allora sembra incomprensibile.
L’annuncio caduto nel vuoto
Proprio perché caduto nel vuoto in attesa di vedere quanto salirà lo stress finanziario, l’annuncio di una rete di sicurezza da parte di Lagarde ha scatenato tutti quelli che vogliono testare fin dove può crescere la tensione. Si è aperta una partita a senso unico. «È stato quasi un invito ai mercati a scommettere sull’allargamento degli spread», spiega Fabio Balboni della banca britannica Hsbc. Si capisce così perché persino un uomo misurato come Daniele Franco ieri da Parigi abbia lanciato un messaggio alla Bce: il rialzo dei tassi deve avvenire «senza tensioni e senza choc», ha detto il ministro dell’Economia, perché «quello che dobbiamo evitare è di introdurre in questo contesto tensioni non necessarie». Franco non lo ha detto, ma molti capiscono che fra gli errori evitabili da parte di Lagarde c’è stato anche il parlare nel pieno delle turbolenze di giovedì come se tutto fosse, al momento, normale.
I timori
Il timore nel ministero dell’Economia a Roma è di rileggere qualche pagina dal copione di dieci anni fa: l’aumento violento degli spread terrorizza le imprese e paralizza gli investimenti interni; scatena una doccia fredda sui grandi investitori esteri che oggi si affacciano sui progetti infrastrutturali; congela i consumi e blocca la crescita, generando da sé più debito (in proporzione) e dunque spread ancora più alti. Sarebbe una spirale perversa di eventi che si auto-avverano. Sarebbe il modo in cui si spezza una ripresa a metà. Non a caso anche ieri l’euro ha perso terreno sul dollaro - minacciando ancor più inflazione importata, proprio in questa crisi da inflazione importata - quasi che il mercato tema già una recessione europea. Nota Balboni di Hsbc: «I rischi per la crescita e per la frammentazione finanziaria nell’area euro sono tali da farci prevedere che la Bce non riuscirà a eseguire tutta la stretta a ritmo sostenuto che i mercati si aspettano». Di certo per un’Italia cronicamente fragile i margini di errore sono sempre di meno. A Francoforte, come anche a Roma.
La Banca centrale europea e la linea del ministro Franco: evitare tensioni non necessarie - Corriere della Sera
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