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Saturday, February 12, 2022

Visco: debito sceso al 150%, ora proseguire nel riequilibrio dei conti pubblici - Il Sole 24 ORE

I punti chiave

4' di lettura

«La marcata ripresa dell'economia è stata decisiva per interrompere l'aumento del rapporto tra debito pubblico e prodotto, che alla fine del 2021 potrebbe essere sceso su valori prossimi al 150 per cento (da circa il 156 per cento raggiunto nel 2020), un livello nettamente inferiore a quanto previsto all'inizio dello scorso anno e anche alle valutazioni ufficiali pubblicate in autunno». Il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nel discorso al congresso Assiom-Forex conferma il netto calo del rapporto debito-pil –anticipato ieri dal premier Mario Draghi – e precisa: «Questo risultato, pur nell'eccezionalità delle circostanze che lo hanno determinato, con riferimento sia al recupero dei livelli di attività dopo la profonda recessione sia alle condizioni monetarie estremamente espansive, mostra con chiarezza l'importanza della crescita economica per il perseguimento di una graduale riduzione del peso del debito».

Contenuto rialzo tassi non avrà effetti forti su costo debito

«Un contenuto rialzo dei tassi di mercato non avrà effetti rilevanti sul costo del debito, la cui vita media è di poco inferiore agli otto anni. Se la politica di bilancio saprà garantire il graduale riequilibrio dei conti e il PNRR troverà attuazione tempestiva, piena ed efficace, l'eventuale aumento dei tassi di interesse sarà compensato dal ritorno dell'economia su sentieri di crescita più elevati in modo duraturo» ha detto Visco. «Con il consolidarsi della ripresa, occorrerà tuttavia perseguire un progressivo, continuo, riequilibrio strutturale dei conti pubblici, necessario anche per evitare di alimentare tensioni sul mercato dei titoli di Stato. I rischi a cui ci espone la necessità di collocare annualmente titoli per circa 400 miliardi restano elevati; negli anni più recenti sono stati attenuati dagli ingenti programmi di acquisto dell'Eurosistema volti a contrastare le spinte deflazionistiche e le ricadute economiche della crisi pandemica».

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Forte capacità recupero. Ora prospettiva strutturale

«Dall'avvio della crisi pandemica – ha aggiunto Visco - la nostra economia ha mostrato una forte capacità di recupero, fornendo segnali incoraggianti sulle sue condizioni di fondo. La produzione industriale si è riportata già dalla scorsa primavera sui livelli precedenti la pandemia; il PIL vi ritornerebbe alla metà di quest'anno, l'occupazione verso la fine. Nell'attuale contesto di progressivo recupero, limitati interventi di natura emergenziale possono ancora trovare giustificazione, ad esempio per fronteggiare la crisi energetica o nei casi in cui i contagi continuino a ostacolare consumi e produzione, come nei servizi legati al turismo, alla ristorazione, al tempo libero. Interventi generalizzati di stimolo potrebbero invece determinare tensioni sui prezzi, oltre a rischi per l'equilibrio dei conti pubblici. L'impegno deve essere ora soprattutto rivolto ad agevolare i cambiamenti strutturali, che la stessa pandemia ha accelerato”

Inflazione superiore a previsioni, ma calerà in prossimi mesi

«Negli ultimi mesi l'aumento dei prezzi è però risultato superiore a quanto previsto in dicembre e le tensioni sul fronte energetico non si sono ancora allentate. Anche se è probabile che la prevista riduzione dell'inflazione trovi conferma nei prossimi mesi, i rischi di un disancoraggio delle aspettative e di avvio di rincorse tra prezzi e salari, di cui pure al momento non vi è evidenza, vanno attentamente monitorati». Questo aumento per Visco è “sostanzialmente una tassa, probabilmente in buona parte destinata a rientrare, i cui effetti più distorsivi possono essere oggetto di compensazione, ove possibile, a carico dei bilanci pubblici. L'incremento dei costi non deve però trasformarsi in una prolungata spirale inflazionistica».

Le risposte ai prezzi devono venire dalla politica di bilancio

La scorsa settimana il Consiglio direttivo della BCE ha pertanto confermato la decisione di dicembre di interrompere gli acquisti netti effettuati nell'ambito del programma per l'emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) alla fine del trimestre in corso. «Non ritengo al momento che il quadro complessivo alla base di questo orientamento sia particolarmente cambiato, anche se va riconosciuto che per il breve termine sono aumentati i rischi di variazioni più alte dei prezzi al consumo e di minore dinamica dell'attività produttiva». In ogni caso, la principale risposta all'aumento del livello dei prezzi dell'energia – un evidente, inatteso, shock di offerta – «non dovrebbe provenire dalla politica monetaria, specialmente in assenza di una rincorsa tra salari e prezzi e in presenza di aspettative di inflazione che restano saldamente ancorate all'obiettivo della banca centrale. Mentre sia la politica monetaria sia quella di bilancio possono contrastare gli effetti inflattivi dei costi dell'energia, solo la seconda è infatti in grado di agire direttamente su questi ultimi, compensando, almeno in una certa misura, la perdita di reddito disponibile e contenendone gli effetti sull'economia».

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