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Wednesday, February 16, 2022

Btp a dieci anni, torna il rendimento del 2% ma non basta per proteggere il capitale dall’inflazione - Corriere della Sera

Era chiaro da alcuni giorni che prima o poi sarebbe successo. Ancora nella serata di martedì 15 febbraio il rendimento del Btp a dieci anni aveva sfiorato la soglia del 2%, chiudendo la giornata a 1,98%, in rialzo di un centesimo rispetto alla seduta precedente. Infine nella mattinata di mercoledì 16 febbraio l’inevitabile è accaduto e il titolo-guida del debito pubblico italiano, il Btp a dieci anni, per la prima volta dal maggio del 2020 ha raggiunto il traguardo psicologico del 2%, salvo poi ritracciare e tornare a quota 1,95%. Lo spread con il bund tedesco, infatti, dopo essersi allargato di due punti base, a quota 167 punti, si è riposizionato a quota 165 punti.

La matematica del rialzo

Ma che cosa c’è dietro un rialzo del rendimento del Btp che in poco più di sei mesi ha portato il tasso pagato dal bond decennale da un livello di circa lo 0,9% all’attuale livello «quasi normale» per un bond di tale durata? La risposta, sul piano tecnico è semplice. Il rialzo del rendimento è dovuto all’aumento dello spread Btp Bund, salito di oltre 50 punti base da novembre a oggi e il contemporaneo aumento del rendimento del Bund decennale tedesco, passato da una «cedola» negativa di circa lo 0,5% all’attuale rendimento positivo dello 0,30%. E’ dunque chiaro il calcolo matematico che porta a un rendimento del Btp del 2%. Rendimento del Bund a 0,30% (30 punti base) + spread italiano di circa 170 punti, uguale 200 punti base, il 2 % , appunto.

Le vere ragioni della crescita del rendimento di Bund e Btp

Se questa è la semplice matematica del rendimento del Btp decennale le forze che spingono al rialzo i tassi di interessa in tutto il mondo sono ben più complesse, anche se hanno un denominatore comune. Che si chiama inflazione. Il tasso di aumento del prezzi a gennaio ha raggiungo infatti il 7,5% su base annua negli Stati Uniti e il 5,1% nell’eurozona. In Italia a gennaio, sempre su base annua il tasso di aumento del costo della vita per le famiglie ha toccato il 4,8%. Di fronte a questo scenario le banche centrali hanno annunciato la loro intenzione di muoversi per contrastare il fenomeno e lo strumento di cui dispongono è per l’appunto l’aumento dei tassi di interesse. Negli Stati Uniti sono previsti 3-4 aumenti dei tassi nel corso del 2022. La Bce dovrebbe essere più prudente, ma è sempre più evidente che qualche cosa farà. Tanto per cominciare riducendo gli acquisti di bond sul mercato secondario, abbandonando quindi definitivamente la politica del «quantitative easing», vale a dire lo stimolo monetario alla crescita economica e anche il Pepp, il piano straordinario di acquisto titoli lanciato all’inizio della pandemia da Covid-19 nel 2020 e destinato a concludersi a marzo.

Come si muoverà la Bce

Il rialzo del rendimento del Btp e del Bund riflette i timori degli investitori per una progressiva riduzione degli acquisti di obbligazioni governative da parte della Bce nei prossimi mesi. Un timore alimentato ieri dalle parole del membro del Consiglio direttivo e presidente della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau, che, in un intervento alla London School of Economics, ha detto che Francoforte potrebbe terminare gli acquisti di asset del programma convenzionale «App» già nel terzo trimestre del 2022. «Credo ancora che sia utile avere un pò di transizione tra la fine degli acquisti netti del Pepp (il piano pandemico, ndr.) a marzo e la fine del acquisti netti del piano App», ha detto Villeroy aggiungendo che a un certo punto si potrebbe iniziare a discutere di fare terminare «gli acquisti nel terzo trimestre». «Con l’Italia che rappresenta il maggiore destinatario del programma Qe, l’attesa è che gli spread continuino ad essere volatili», ha commentato Scott Thiel, startegist del reddito fisso di Blackrock a Bloomberg Tv. «Volatili» — aggiungiamo noi — sembra essere un eufemismo per dire «orientati al rialzo».

Che cosa accade al risparmio

Come possono posizionarsi i risparmiatori di fronte a questo aumento del rendimento dei Btp? Tanto per cominciare occorre ricordare che ormai da molto tempo le famiglie hanno ridotto la quota di Btp a dieci anni nei propri portafogli sebbene questi titoli rientrino poi indirettamente nella maggior parte delle gestioni obbligazionarie o bilanciate sottoscritte e in molti prodotti del risparmio gestito. Chi ha da qualche tempo in portafoglio Btp a dieci anni non può gioire dell’aumento dei rendimenti: i rendimenti infatti crescono perché diminuisce il prezzo di mercato del titolo e quindi i sottoscrittori di Btp, se volessero vendere il bond prima della scadenza, incorrerebbero in una perdita rispetto ad appena qualche mese fa. Ma anche in nuovi sottoscrittori non hanno di che esultare. Se anche le prossime emissioni si adegueranno ai tassi di mercato offrendo un rendimento del 2% il guadagno netto per l’investitore finale sarebbe comunque negativo. Con un’inflazione al 4,8%, la differenza tra un’erosione del potere d’acquisto capitale del 4,8% e un guadagno del 2% è comunque un tasso negativo del 2,8%. Che per un investimento di 10 mila euro in Btp significa una perdita annuale — in termini di riduzione del potere d’acquisto — di ben 280 euro! Nelle attuali condizioni di mercato l’unica forma di difesa dall’aumento dell’inflazione sono i bond indicizzati al tasso di inflazione, come, ad esempio, il Btp Italia. Ma attenzione. I Btp Italia già emessi, proprio perché incorporano una cedola più alta parametrata al tasso di inflazione, sono quotati sopra la pari. E di conseguenza chi li acquista oggi ad un prezzo maggiorato vede in gran parte sfumare quell’effetto di protezione del capitale (a causa del prezzo più alto che dovrà pagare) che invece protegge i sottoscrittori della prima ora (cha hanno acquistato a 100 e saranno rimborsati a 100: nell’esempio 10mila euro investiti, 10mila euro rimborsati alla scadenza, più tutte le cedole e la rivalutazione del capitale).

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