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Monday, September 6, 2021

Milano, l’inquilino 94enne: «Affitto a più 83%, non ce la faccio ma la mia vita è qui, fatemi restare» - Corriere Milano

Il signor Pierluca Sbisà, 94 anni, siede in poltrona e cerca di leggere, anche se la vista un po’ l’ha abbandonato. Dal marzo 1967, quando è entrato in quella casa, l’ha lasciata uguale. Una fortuna, la sua. Da più di 50 anni vive in via Mirabello 1, nel palazzo dove abitava anche Carla Fracci. Nido e rifugio di giornate scandite da ritmi sempre uguali («Ma belli», si affretta a dire lui, che ha due figli, due nipoti e quattro bisnipoti piccoli). Un problema è arrivato però poco tempo fa per posta. Una lettera dal Pio Albergo Trivulzio, proprietario dell’appartamento e dell’intero stabile. L’ente, che a Milano possiede centinaia di alloggi, ha stabilito nuovi criteri per definire i canoni di locazione. Insomma: improvviso aumento dell’83% al canone, ora fissato a 55.400 euro annui per 160 metri quadrati. Se non si accetta, la casa è da liberare entro dicembre.

Sbisà è entrato nel panico. «Non ho mai mancato una volta di pagare il mio affitto e le spese condominiali nei termini, in tutti questi anni, con la mia pensione — scrive di suo pugno —. I risparmi del mio lavoro sono esauriti, perché per fortuna sto vivendo a lungo. Non potrei permettermi, neanche con l’aiuto dei figli, il nuovo canone. Ho tutti gli amici qui, vicini di casa e di quartiere, che mi aiutano. Ma insomma: se non sbaglio la vostra azienda, ente pubblico senza scopo di lucro, opera nell’assistenza socio-sanitaria agli anziani. La vostra missione non potrebbe essere esercitata anche nei confronti di un vostro inquilino novantaquattrenne, che non è in grado di far fronte all’aumento da voi richiesto, per continuare a vivere dove ha vissuto negli ultimi 54 anni dei suoi 94 di vita?», chiede.

All’appello si unisce la figlia: «Nostro padre ha sempre pagato puntualmente, potrebbe diventare moroso e occupare abusivamente l’alloggio confidando nei tempi lunghi di un eventuale sfratto esecutivo che potrebbe essere da voi ottenuto ben dopo la sua dipartita — dice Daniela Sbisà —. Ma mio padre non è un tipo così. Vorrebbe continuare a onorare il suo affitto come ha fatto per 54 anni, potendoselo permettere, fino alla fine dei suoi giorni». Ora paga 30.300 euro più le spese, circa 6.100 euro annui, «dal 1967, senza avere una lira/euro di debito».

La risposta del Pio Albergo ha un retrogusto burocratico e amaro. «Il canone è stato calcolato secondo quanto previsto dal nuovo regolamento del nostro ente. Non possono essere fatte eccezioni di sorta perché la cosa poi dovrebbe essere applicata per ogni soggetto in stato di fragilità». Aggiunge l’ente: «Le attività socio-sanitarie ed assistenziali che formano lo specifico oggetto della mission istituzionale del Pat possono essere realizzate e supportate anche attraverso l’impiego degli introiti derivanti dalle locazioni delle proprietà immobiliari. Pur comprendendo l’affezione del sig. Sbisà per l’unità abitativa, quest’Azienda non può in alcun modo, quale ente pubblico, accordare disparità di trattamento, aprendo la strada a particolarismi discrezionali ed arbitrari». Il signor Sbisà, sulla sua poltrona, è preoccupato e pieno di pensieri.

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6 settembre 2021 | 07:16

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