Il caso del Monte dei Paschi di Siena e della trattativa sull’acquisizione da parte di Unicredit irrompe sulla scena politica. Sabato le capogruppo Pd di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi come il deputato di LeU Stefano Fassina, oltre a Lega, M5S e FdI, hanno chiesto al ministro Daniele Franco di riferire in Parlamento. Domenica pomeriggio è emerso che i presidenti delle commissioni Finanze, Luigi Marattin (Iv) e Luciano D’Alfonso (Pd), hanno formalizzato la richiesta di sentire il ministro già in settimana. E dalla conferenza dei capigruppo è emerso che il ministro Franco ha dato la disponibilità a riferire, probabilmente mercoledì alle commissioni Finanze di Camera e Senato.
FdI aveva chiesto che fosse il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà a riferire nella seduta odierna ma l’esponente M5s aveva rinviato: “Non diamo disponibilità al momento ma cercheremo di poter dare risposta nella prossima convocazione con la conferenza di capigruppo”. Poco dopo Carla Ruocco ha annunciato che la commissione d’inchiesta sulle banche si potrebbe riunire già domani, per decidere la convocazione del ministero dell’Economia sulla vicenda. Ma su questo fonti delle commissioni Finanze osservano che la commissione “deve indagare sul passato, non sul futuro”.
I senatori M5s della commissione Banche, della Bilancio e della Finanze in una nota scrivono: “Lo abbiamo già ripetuto più volte: il terzo gruppo bancario del paese non può e non deve essere svenduto. Come M5s ribadiamo con convinzione la necessità di tutelare l’investimento dello Stato, che comunque ha in mano la quota di maggioranza dell’istituto. La banca ora funziona: è evidente però che paga ancora le scelte sciagurate del passato. Gli scenari che si vanno via via profilando sono piuttosto foschi, e dal governo non è stata indicata volontà chiara per il futuro. Abbiamo chiesto con urgenza la convocazione dell’Ufficio di presidenza della Commissione Banche in modo da poter tracciare un percorso chiaro e, se necessario, di audire il ministro Franco e gli altri i membri del governo che si stanno occupando del dossier. Chiediamo di capire cosa muoverà le imminenti scelte, ma vogliamo passaggi privi di opacità“.
La Lega, con il responsabile economico Alberto Bagnai e il deputato Giulio Centemero, annuncia dal canto suo che in question time chiederà “la quantificazione dei costi diretti e indiretti derivanti per l’erario dalla proposta di negoziazione discussa sui media. A questa richiesta si affianca quella di audire in aula il ministro sul contesto generale della trattativa”. Il governo cerca di stemperare il clima, assicurando il massimo impegno per tutelare i posti di lavoro – ma si parla di 6mila esuberi su base volontaria – e il marchio Mps.
La vicenda del Monte dei Paschi si incrocia ovviamente con le elezioni suppletive di ottobre a Siena. Il segretario dem Enrico Letta corre per il seggio che è stato dell’ex ministro Pier Carlo Padoan, ora presidente di Unicredit. E ha fatto capire che in caso di sconfitta si dimetterà. Anche per questo il centrodestra attacca. “Monte dei Paschi di Siena, no allo spezzatino”, scrive in una nota il leader della Lega Matteo Salvini. “Ed è impensabile la svendita. La Lega ha 4 obiettivi: difesa dei posti di lavoro, perché sono impensabili 6.000 esuberi come ipotizzato. Secondo: difesa degli sportelli bancari, soprattutto nei Comuni e nei paesi più piccoli. Terzo: difesa del marchio storico della banca più antica del mondo. Quarto: creazione del terzo polo bancario italiano, avvicinando a Mps (regia dello Stato) altri istituti emiliani, liguri o pugliesi per poter trasformare MPS nella Banca dei Territori, lasciando a Intesa e UniCredit il ruolo di grandi player”. “Aggiungo”, continua Salvini, “che a Siena i cittadini voteranno per il seggio parlamentare il 3 ottobre perché il deputato del PD (Padoan) si è dimesso per andare a fare il presidente di UniCredit. Vi sembra normale?”.
Il segretario Pd rassicura: “Sapevo dei rischi” legati a Mps ma “rifiutare avrebbe voluto dire disertare, in un momento complesso. Ho fiducia in Draghi e nel governo”. Ma dice no all’ipotesi spezzatino che sarebbe “punitiva verso il territorio“. Quanto alle polemiche su Padoan, commenta: “La sua candidatura è figlia di un’altra storia del Pd, quella terminata nel 2018. E le sue scelte successive sono individuali“.
Il nodo della candidatura di Letta a Siena – Il segretario Pd si candida alle suppletive della città toscana ora presidente di Unicredit. Letta, che nei prossimi giorni sarà nei 35 comuni del collegio, intende monitorare attentamente la vicenda, impegnandosi a sostegno dei lavoratori, a tutela del marchio e dell’unità del gruppo. Tra i dirigenti non manca chi storce il naso per “l’eccessiva disinvoltura” con la quale l’ex ministro dell’Economia è passato “dal Mef al Parlamento come candidato a Siena e ora a guidare la banca che intraprende l’iniziativa di acquisto di Mps“. “Letta non è tipo da fare scaricabarile – aggiungono le stesse fonti – ma è innegabile che quello fosse il Pd renziano e che tra l’attuale segretario e Padoan non ci siano mai stati rapporti”. A difendere Padoan è invece la coordinatrice di Italia viva Maria Elena Boschi che in un’intervista su La Stampa sostiene che ha “evitato il disastro” di Mps e i responsabili dei guai della banca vanno ricercati piuttosto negli “ispiratori degli strani accordi con Banca 121 e il mondo dalemiano in Puglia, fino alla sciagurata operazione Antonveneta“.
Il centrodestra, intanto, non molla la presa: “Bisogna intervenire in Parlamento sul mostruoso conflitto di interessi Unicredit-Pd-Monte dei Paschi di Siena – attacca Maurizio Gasparri – La banca toscana è già costata milioni e milioni ai cittadini italiani. La banca toscana è stato luogo degli scandali targati Pci-Pds-Pd“. “Auspichiamo che il Ministro Franco venga a riferire alle commissioni competenti – concordano comunque la capigruppo dem Malpezzi e Serracchiani – È indispensabile che il Parlamento venga coinvolto nelle sue sedi opportune”. Galeazzo Bignami, deputato di Fratelli d’Italia, suggerisce di chiedere “una deroga in sede Ue per superare il termine d’uscita dello Stato da Mps, fissato al 31 dicembre 2021″ ed evitare di “neutralizzazione i rischi di esposizione per Unicredit con un impegno per oltre 10 miliardi da parte dello Stato”.
Il taglio dei posti di lavoro – Quanto alla stima dei sindacati di 5000-6000 esuberi a ricasco dell’operazione, fonti ministeriali sottolineano che è del tutto prematuro fare una valutazione del genere non conoscendo quali asset verrebbero coinvolti nell’operazione (ad ora sono stati esclusi solo i crediti deteriorati e il contenzioso). La crisi di Mps non è di oggi – viene ricordato – ma l’impegno del governo è tutelare non solo i posti di lavoro ma anche il marchio Mps, dal valore storico ed economico. Inoltre, fuori dalla possibile intesa con Unicredit, l’esecutivo starebbe già studiando interventi a tutela dell’economia del territorio senese e di settori da tempo in difficoltà.
Mps-Unicredit, caso diventa politico: le commissioni Finanze chiedono di sentire Franco - Il Fatto Quotidiano
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