Il Monte dei Paschi di Siena è la banca più antica del mondo, ma è anche la peggiore banca europea. Basterebbero questi due primati dell’istituto senese per comprendere quanto sia insidioso il percorso politico della trattativa tra il ministero del Tesoro, nella veste di venditore della quota del 64% di Mps, e Unicredit, da tre giorni ufficialmente all’opera per acquistare la banca, che sulla base dei coefficienti patrimoniali ha ottenuto il peggiore risultato in Europa. La scarsa solidità patrimoniale e il fatto che il termine d’uscita dello Stato da Mps sia fissato al 31 dicembre 2021 sono, tuttavia, fattori che non hanno presa sulle dinamiche politiche innescate dall’annuncio di Unicredit di muovere verso Mps. All’interno della maggioranza è un susseguirsi di interventi contro un eventuale spezzatino, contro ogni ipotesi di esubero, contro la possibilità che il marchio sia dismesso, contro ogni tipo di condizione che possa configurarsi come un «regalo» a Unicredit.
Le mosse del Tesoro
Un polverone, in parte atteso, che non ha colto di sorpresa né Palazzo Chigi, né il ministero dell’Economia, ossia i due luoghi dove il dossier è stato più volte discusso dal premier Mario Draghi e dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Non a caso, proprio il ministero di Via XX Settembre si è già mosso per conto del governo, fornendo rassicurazioni su tre diversi fronti: la tutela del maggior numero di posti di lavoro possibili, la salvaguardia del marchio Mps con i relativi benefici per l’economia di un centro di piccole dimensioni come Siena (si agevolerebbe, infatti, il mantenimento della sede operativa dell’istituto in città), e, infine, la disponibilità a sostenere il tessuto economico dell’area senese con interventi che, per esempio, potrebbero stimolare lo sviluppo di un settore come quello farmaceutico, già presente sul territorio. L’obiettivo è, insomma, creare le condizioni per un passaggio che non si traduca in uno choc per la città di Siena e per l’universo politico di centro sinistra che ha sempre orbitato intorno al Monte. Oltre alle rassicurazioni resta la ferma intenzione del Tesoro di andare avanti e di trovare l’accordo con Unicredit, che è già alle prese con l’analisi dei numeri (dataroom e due diligence). «Entro il 2021 l’operazione dovrà essere chiusa — assicura una fonte di governo — anche perché al momento è l’unica soluzione e nessun altro si è fatto avanti». L’altra considerazione che viene sottolineata è la diversa natura del dossier rispetto alle partite che hanno riguardato il governo e il destino di Ilva, Alitalia e Autostrade. «Questa volta si tratta di una grande banca in difficoltà da tempo, che malgrado le promesse è tuttora un potenziale fattore di instabilità per il settore creditizio italiano», si osserva. Argomenti che in queste ore faticano ad avere la meglio sullo scambio di bordate tra Lega e Pd, così come sulle innumerevoli richieste per una convocazione urgente del ministro Franco affinché si presenti in Parlamento e riferisca sulla vicenda Mps-Unicredit. Un contesto incattivito, caratterizzato da due fattori che non agevoleranno il percorso di vendita di Mps: primo,la candidatura a Siena del segretario del Pd Enrico Letta per un seggio da deputato alle elezioni suppletive di ottobre, e, secondo, l’avvio del semestre bianco.
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Mps, l’impegno sul marchio, il personale e il territorio. Ma il Tesoro va avanti sulla cessione a Unicredit - Corriere della Sera
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