Caro direttore, su Mps Super Mario si è tolto la medaglia d’oro del banchiere centrale pur di risolvere in fretta un problema nato per l’insipienza di via Nazionale. Con la diligente complicità del suo scudiero, il ministro dell’Economia Daniele Franco, anche lui ex Banca d’Italia, trascurando che Monte dei Paschi è ben amministrata, il governo «intima» di consegnare a UniCredit entro il 31 dicembre, un Istituto ripatrimonializzato. Gli oneri dell’operazione, pari a circa 8-10 miliardi di euro, restano ovviamente a carico del bilancio pubblico.
Siamo certi che la banca più antica del mondo, ripulendosi come del resto sta già facendo dal contenzioso, non possa invece andare sul mercato, raccogliere i capitali aggiuntivi necessari a diluire la quota del Mef e porsi come soggetto indipendente? Se non ora, con i mercati benevoli, quando? E siamo sicuri che non sarebbe stato meglio esplorare più convintamente la creazione di un polo bancario composto da Mps, Banca popolare di Milano e Bper dedicato al credito alle Pmi e al territorio?
D’altro canto, nonostante la hybris del Governo, anche UniCredit pare dubbiosa dell’acquisto. E va svelato che, in sede di selezione del nuovo ad, il cda di UniCredit - che non è certo una compagnia di verginelle ma di pezzi da novanta ben rappresentati da Leonardo Del Vecchio - ha fatto ricadere la scelta su un banker come Andrea Orcel proprio perché si era pronunciato contro l’operazione con Siena, anche per bilanciare la posizione del presidente Pier Carlo Padoan, in pieno conflitto d’interessi istituzionale (ex ministro dell’economia) e politico (dirigente Pd nonché deputato eletto a Siena). Ma in tema di voltagabbana, e come sbagliarsi, c’è il solito Giuseppe Conte, oggi contrarissimo. Il «neocapetto» del M5s non solo non ricorda, ma non ha nemmeno letto sul gobbo di Casalino, che quando era presidente del Consiglio proprio lui aveva avviato, assieme all’ex responsabile del Mef Roberto Gualtieri oggi candidato sindaco di Roma, la fase finale per riportare tutto il Monte nelle mani dei privati. L’attuale urgenza di Draghi di chiudere la partita ha però origini più lontane: va cercata, verosimilmente, in un documento firmato da un oscuro dirigente, tal Minnella, di gran lunga precedente l’acquisto di Antonveneta da parte di Mps, che avvertiva dei rischi dell’operazione. Ricevuto e protocollato da Palazzo Koch, ( n. 252248 del 9 marzo 2007), ma poi divenuto «introvabile» e miracolosamente ricomparso in Cassazione.
Certo, la situazione dei parametri patrimoniali della banca senese è oggi complessa, ma la responsabilità degli ultimi 7-10 anni non è certo addebitabile al personale di Mps né può essere scaricata sui manager di «passaggio». Bisognerebbe parlare con Bruxelles e fare un «piano nuovo» a due o tre anni in attesa che anche le ultime indagini della procura di Milano si chiariscano. L’Europa, di fronte a una visione strategica, chiara e programmata, difficilmente direbbe di no a una personalità indiscussa come Draghi e potrebbe concedere il tempo necessario per un vero restructuring, su cui l’attuale Governo ha tutte le carte in regola per impegnarsi. E, finalmente, la politica sparirebbe dai tavoli di Monte dei Paschi.
L’ex presidente Mussari, quando divenne il padrone di Siena, e la mediocrità dei sindaci della città che si sono susseguiti hanno realizzato la frittata: Mps ingoiò Antonveneta e, in un colpo solo, raddoppiò sofferenze e contenzioso. Eppure, si preferisce far risalire i problemi del Monte all’acquisizione della Banca del Salento - avvenuta per logiche di mercato, al contrario delle miopie che fecero invece saltare la fusione con Bnl che avrebbe portato Mps a diventare un primario player nazionale - e alla vendita di alcuni prodotti finanziari cavalcati in modo sospetto dalla Procura di Trani con un magistrato, Antonio Savasta, condannato e attualmente ai domiciliari e in seguito dichiarati legittimi e profittevoli dai tribunali. In occasione invece dell’acquisto di Antonveneta (comprata senza alcuna due diligence) e al momento dell’ispezione di follow up della Vigilanza le Autorità monetarie dov’erano?
Se a tempo debito avessero svolto correttamente il loro lavoro e il top management che si è avvicendato, da Marco Morelli ad Alessandro Profumo per citarne solo due, avesse dato il giusto impulso imprenditoriale, Mps ora avrebbe un valore di borsa nettamente superiore e l’uscita del Tesoro avverrebbe senza dissanguarsi (con il sangue dei contribuenti); anzi, ci sarebbe probabilmente un margine positivo in grado di pareggiare almeno gli esborsi dello Stato. Come finirà con il Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco assente, «as usual», ma con Draghi e Franco determinati a chiudere la partita asfaltando i partiti ma soprattutto Enrico Letta, candidato proprio a Siena, il quale non è stato neppure informato del diktat del Governo? Per non incasinare ancor di più la sua UniCredit, Andrea Orcel prenda esempio da Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, che quando dovette accollarsi le disastrate banche venete lo fece brillantemente e alle sue condizioni: ne ha tutto lo standing, la storia e la capacità.
E quali saranno le ripercussioni per il personale e l’indotto sul territorio, con i sindacati zitti e buoni? Super Mario dovrà sfoderare tutta la sua abilità nel «saltare la quaglia» per tenersi la «Stella del Potere», proprio come l’omonimo eroe del videogioco. Purché non finisca con un «game over», come in Anas, dove alla fine i partiti hanno rispedito a casa il candidato ad proposto dall’inadeguato Ministro Giovannini. Decisamente un alert per Draghi. Ma supererà anche questa.
Le capriole di Mario Draghi per salvare Mps. Cosa c'è dietro l'accelerazione del dossier - Il Tempo
Read More
No comments:
Post a Comment