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Wednesday, July 28, 2021

Crescita e Pil, perché l’Italia corre più forte della Germania (e che aiuto può dare il Pnrr) - Corriere della Sera

Crescita e Pil, perché l'Italia corre più forte della Germania? Il segreto è nelle quattro «a»

L’Italia che cresce più della Germania, storicamente la locomotiva d’Europa: lo ha certificato il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) che martedì ha diffuso le stime aggiornate sull’economia mondiale. Anche questo può essere considerato un cambiamento indotto dal Covid con un impatto forte a livello di percezione del Paese, anche se le spiegazioni degli economisti sono più concrete. Ma giocano tanto anche le attese sugli impatti del Next Generation Eu che per l’Italia vale 191,5 miliardi di euro.

Le stime del Fmi

Dopo il crollo del Pil registrata nel 2020 pari a -8,9%, il Fmi prevede che l’Italia cresca quest’anno del 4,9%, ben 0,7 punti percentuali in più rispetto al +4,2% previsto in aprile. Nel 2022 l’economia italiana è prevista crescere del 4,2%; anche in questo caso si supera di 0,6 punti percentuali la precedente previsione di aprile. La corsa è maggiore di quella della Germania, il cui Pil è atteso crescere del 3,6% quest’anno e del 4,1% il prossimo.

La corsa di Francia e Spagna

Anche la Francia vedrà un Pil 2021 correre più forte di quello tedesco a +5,8% e a +4,2% nel 2022, così come la Spagna, rispettivamente +6,2% e +5,8% da qui a fine 2022. Come sottolinea il World Economic Outlook del Fmi in Italia nei principali Paesi dell’eurozona «è atteso un rafforzamento dello slancio positivo», mentre prosegue la normalizzazione delle prospettive anche grazie alla campagna vaccinale e all’ulteriore supporto fiscale. Una corsa simile — più forte per l’Italia rispetto alla Germania — era descritta anche nelle previsioni di aprile della Commissione Europea.

Il crollo del Pil 2020

Le ragioni stanno nel punto di partenza della ripresa: la perdita di Pil italiano nel 2020 è stata drammatica, appunto -8,9% per i devastanti danni causati all’economia dalla pandemia e dai lockdown, in particolare nell’industria legata al turismo, una delle componenti più importanti dell’economia italiana. La Germania ha registrato nel 2020 una frenata del Pil del 4,9%, nettamente inferiore. Anche Francia e Spagna hanno subìto nel primo anno di Covid dei crolli drammatici: -8,1% il Pil di Parigi, -10,8% quello di Madrid.

Il divario di partenza

Va poi sottolineato che l’economia italiana, nel mondo pre-pandemia, aveva livelli di crescita nettamente inferiori alla media europea. Come è scritto nelle premesse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italano, le condizioni di partenza pre-Covid erano molto diverse tra Italia e altre grandi economie dell’Eurozona. «La crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9%. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e del 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 per cento al 7,7 per cento della popolazione – prima di aumentare ulteriormente nel 2020 fino al 9,4 per cento».

La spinta dei settori delle «quattro A»

Flavio Valeri, presidente di Gardant, già a lungo e ceo di Deutsche Bank Italia e autore del libro “Italia-Germania, l’intesa necessaria” scritto con Beda Romano e Federico Niglia (Bollati-Boringhieri) individua anche un fattore legato al sistema produttivo: «Oltre al fatto che la Germania ha vissuto una decrescita inferiore rispetto a noi, una spiegazione di questo maggiore rimbalzo sta nel fatto che l’economia italiana è trainata dalle “quattro A”: arredamento, abbigliamento, alimentare e automazione, tutte industrie più leggere di quelle tedesche e quindi più veloci a intercettare la ripresa dei consumi, soprattutto all’estero a cominciare dalla Cina che è partita sei mesi fa».

L’impatto del Covid e del Pnrr

È insomma su un tessuto economico più debole che il Covid è calato, ed è su questo che faranno leva i 191,5 miliardi di euro del Next Generation Eu per stimolare la crescita. Il tessuto produttivo solido della seconda più grande manifattura d’Europa e l’ampia diffusione dell’economia dei servizi consentono una ripresa più rapida, così come anche l’ampio risparmio privato accumulato in un anno e mezzo, oggi salito a quota 1.900 miliardi di euro, che comincia a essere speso e, in parte minore, investito.

L’analisi di De Felice

«L’effetto rimbalzo è forte perché l’Italia ha avuto un calo di Pil molto maggiore nel 2020 rispetto alla Germania», è l’analisi di Gregorio De Felice, capoeconomista di Intesa Sanpaolo. De Felice inoltre pone l’accento sugli aiuti europei, che in Italia saranno più forti già quest’anno, 25 miliardi, rispetto alla Germania. «Nel 2022 poi partirà l’effetto Pnrr: dipenderà da come riusciremo a sfruttare il piano. Se faremo le riforme, aumenteremo la crescita strutturale così da non tornare a quel misero 0,4% di crescita annua che abbiamo avuto nel decennio pre-Covid. Insomma», conclude De Felice, «bisogna guardare non solo al 2021 ma a un arco temporale più ampio».

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