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Monday, June 7, 2021

El Salvador, Bulgaria e Ucraina: il Bitcoin diventa un affare di Stato - Il Sole 24 ORE

4' di lettura

Abitanti: 6,5 milioni. Pil: 27 miliardi di dollari. Il piccolo Paese dell’America Centrale El Salvador potrebbe essere il primo al mondo a dichiarare Bitcoin una valuta legale. Il 39enne presidente Nayib Bukele sembra voler fare sul serio a tal punto da aver cambiato la sua foto del profilo twitter aggiungendo “gli occhi laser”, il simbolo usato dai “massimalisti” della community di Bitcoin. La palla passa ora al Parlamento (al quale il presidente ha detto che consegnerà un disegno di legge). L’annuncio è arrivato nel week end a Miami nel corso della “Bitcoin conference” (a cui hanno partecipato 50mila appassionati, record assoluto rispetto alle precedenti analoghe manifestazioni) da parte di Jack Mallers, fondatore della piattaforma di pagamenti digitali Strike che utilizza Lighting Newtork, una tecnologia che nasce dalla blockchain di Bitcoin ma che non la utilizza per le transazioni. Di conseguenza è un po’ meno sicura ma decisamente più veloce (con la blockchain le transazioni non vengono approvate prima di 10 minuti, con la seconda i pagamenti sono istantanei). Per questo è usata per i micro-pagamenti.

Quindi il terreno è già pronto. Manca appunto l’ok del Parlamento. Qualora arrivasse il nullaosta ci potrebbero essere due effetti: 1) non è detto che il Fondo monetario internazionale (che interpellato ieri da Bloomberg non ha per ora commentato) la prenda bene. Nell’ipotesi peggiore questo potrebbe compromettere la trattativa in corso per un prestito da 1 miliardo di dollari; 2) El Salvador potrebbe diventare un Paese cripto-friendly e innescare un effetto a catena. Su questo fronte ieri, sempre su twitter, si sono messi in luce alcuni parlamentari di Paraguay e Tonga, aprendo a una possibile emulazione della strategia di El Salvador.

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C’è da chiedersi però come mai di fronte a una notizia di tale portata il prezzo del Bitcoin non abbia reagito, vagando senza forza in area 36mila dollari, meno della metà del massimo a 64.500 dollari toccato il 12 aprile. «Al momento si tratta più di un’operazione di marketing, atta ad attrarre investimenti che non di una rivoluzione - spiega Marco Cavicchioli, divulgatore crypto -. C’è comunque la possibilità che El Salvador apra una piccola crepa nella diga che oggi contiene la diffusione globale di Bitcoin. Staremo a vedere». Paraguay e Tonga si sono messi quindi alla finestra in attesa di capire come andrà il coraggioso tentativo della “Repubblica del Salvatore”, Paese senza moneta ufficiale (dal 2001 il colon è difatti stato sostituito dal dollaro). Tentativo che trova man forte dal fatto che nel Paese i Bitcoin già “girano”. I tanti cittadini espatriati che inviano denaro ai familiari - secondo la Banca mondiale nel 2019 il valore delle rimesse si è attestato a 6 miliardi di dollari, oltre un quinto del Pil - lo fanno attraverso la porta della criptovaluta perché in questo modo risparmiano commissioni rispetto all’invio di dollari. E quindi, visto che il Bitcoin fa già parte di questa economia il presidente starebbe cercando di prendere due piccioni con una fava perché dichiarando la criptovaluta moneta a corso legale, a quel punto automaticamente imprenditori e investitori del settore trasferendosi in El Salvador non pagherebbero più tasse sul capital gain. Non a caso Justin Sun, fondatore del sistema operativo basato su blockchain Tron (stesso nome del token nativo) ha già annunciato che sarebbe pronto ad aprire una sede nel Paese.

Ovviamente se il tutto andrà in porto El Salvador dovrà acquistare anche Bitcoin e depositarli nella propria tesoreria. A conti fatti però, in questo senso non sarebbe il primo Paese a detenerne. Secondo il censimento di Bitcointreasuries.org, anche Bulgaria e Ucraina hanno in pancia la più importante criptovaluta al mondo: nelle casse di Sofia ci sarebbero 213.519 Bitcoin, pari a un controvalore di 7,6 miliardi di dollari, ovvero l’11% del Pil. A Kiev invece ci sarebbero 46.351 Bitcoin pari 1,7 miliardi, pari all’1,2% del Pil. Ma c’è un giallo, soprattutto per ciò che riguarda la Bulgaria. «Sappiamo che anni fa il governo bulgaro emise un comunicato stampa in cui dichiarò di aver sequestrato Bitcoin utilizzati da società illegali - spiega Cavicchioli -. Il comunicato è stato poi rimosso e dopodiché il governo ha smentito. Ma difatti non è stata data prova della vendita e quindi il giallo resta a tutt’oggi nei meandri della blockchain. Quanto all’Ucraina gli acquisti sono stati effettuati da funzionari delle agenzie statali. Quindi in questo caso ci sono meno dubbi».

Così mentre l’autoritaria Cina si sta irrigidendo verso le crypto avendo recentemente bandito a macchia di leopardo il mining e vietato il trading di crypto con yuan (ma non quello da crypto con crypto) altri Paesi vanno nella direzione opposta. Il Bitcoin, del resto è divisivo per natura. Se i governi la pensano in modo diverso, lo stesso accade nella platea degli investitori dove c’è chi come Warren Buffett lo definisce «veleno per topi» e chi come Ray Dalio lo preferisce ai titoli di Stato Usa. In questo mondo parallelo le mezze misure non esistono.

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