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Wednesday, May 19, 2021

L'inflazione Usa affossa le borse. E la Cina abbatte i bitcoin - L'HuffPost

La giornata di passione delle piazze mondiali ruota intorno a tre dati negativi: listini affossati, petrolio a picco e bitcoin in caduta libera. A scoppio lievemente ritardato rispetto all’annuncio di qualche giorno fa del dato dell’inflazione Usa di aprile, ben oltre le attese - 4,2% contro il 3,6% atteso dagli analisti - i mercati hanno iniziato a scontare i timori per la fiammata dei prezzi. Le cause sono diverse, ma gli effetti sono univoci nel colorare di rosso indici azionari e quotazioni del greggio. Le borse europee, dopo aver perso nel corso delle contrattazioni oltre due punti percentuali, vedono in chiusura a Piazza Affari il Ftse Mib lasciare sul terreno l′1,58%, a Francoforte il Dax30 l′1,77% e a Parigi il Cac40 l′1,43%. In cifre, la paura di una spirale inflazionistica ha “bruciato” 211 miliardi in termini di capitalizzazione, sulla base del calcolo delle perdite subite dall’indice paneuropeo Dj Stoxx 600. A Piazza Affari la caduta si è tradotta in 11 miliardi di valore azionario andato in fumo.

I mercati aspettano in serata la pubblicazione della minute della Fed per avere indicazioni sulla politica monetaria americana dopo che diversi esponenti della banca centrale Usa hanno recentemente rassicurato sul fatto che le misure di sostegno all’economia resteranno ancora in piedi. Il balzo oltre le aspettative dell’inflazione ha alimentato i dubbi degli osservatori su quanto potrà ancora durare la politica espansiva americana, sia quella fiscale sia quella monetaria. Per impedire all’economia di avvitarsi, le amministrazioni di Donald Trump prima e di Joe Biden dopo hanno inondato di dollari l’economia reale, con circa cinquemila miliardi di dollari immessi per sostenere consumi e redditi. Gran parte degli stimoli sono stati assorbiti dalla banca centrale Usa ma, com’era ovvio, l’enorme massa monetaria creata ha spinto verso l’alto l’inflazione dei prezzi al consumo.

Gli analisti si dividono nelle previsioni sulla durata della fiammata dei prezzi, innescato dalla scarsità e dai costi record delle materie prime, se in altre parole sia un fenomeno transitorio o, piuttosto, duraturo. Ma il dato dell’inflazione americana ha fatto scattare l’allerta tra osservatori e istituzioni politiche e monetarie. Dalle colonne del Financial Times l’ex segretario al Tesoro americano Larry Summers ha accusato la Federal Reserve di interpretare malamente l’economia creando una “pericolosa compiacenza” sui mercati. Summers ritiene che la banca centrale guidata da Jerome Powell abbia sottostimato i rischi “sia per la stabilità finanziaria sia quelli sull’inflazione per i bassi tassi di interesse”. Secondo Summers, la Fed sarà costretta ad aggiustare la sua politica monetaria e le modifiche arriveranno come una sorpresa sui mercati con il rischio di “danni reali alla stabilità finanziaria e all’economia”.

Anche l’editorialista di punta del Financial Times Martin Wolf ha messo in guardia sui rischi derivanti dal dato americano. A scoraggiare gli investitori è poi intervenuta la Banca Centrale Europea, che ha lanciato un warning sul futuro prossimo: il recente aumento dei tassi di riferimento negli Usa ha “riacceso i timori di un potenziale cambio di direzione delle condizioni finanziarie”, che si associa ai continui rally in molti mercati finanziari e al rialzo dei valori immobiliari con relativi timori di una correzione improvvisa, si legge nel Financial Stability Review. Il rapporto, pubblicato due volte l’anno, avverte che questa combinazione “potrebbe impattare sulle aziende, le famiglie e gli emittenti sovrani e su quegli investitori che negli anni recenti si sono sempre più esposti al rischio di durata, di credito e di liquidità”. I rischi per la stabilità finanziaria “rimangono elevati e sono stati distribuiti in modo più disomogeneo”. 

Ma i patemi sui mercati non riguardano solo le monete (reali). Il Bitcoin è arrivato a perdere il 30% facendo temere di andare sotto quota 30mila dollari, per poi recuperare nella seconda parte della giornata. Un tonfo che ha mandato in fumo 500 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Solo un mese fa la criptovaluta aveva toccato la cifra record di 65mila dollari. Pochi giorni fa il principale sponsor del Bitcoin Elon Musk ha fatto una clamorosa retromarcia dopo averne spinto il valore alle stelle con i suoi tweet e i suoi post su Reddit. E, soprattutto, dopo aver aperto ai pagamenti in bitcoin per le auto elettriche prodotte della sua casa, la celebre Tesla. Una settimana fa, la “scoperta” dal retrogusto - come sempre - speculativo: su Twitter ha mostrato preoccupazione per l’utilizzo di fonti fossili nella produzione del bitcoin, annunciando che il gruppo non lo accetterà più come forma di pagamento delle auto del marchio, preferendo eventuali altre criptovalute che generano minore inquinamento, precisando tuttavia che non venderà i bitcoin in proprio possesso. E ancora oggi è tornato a twittare “Tesla has diamond hands”, espressione che indica la volontà di un investitore di mantenere invariata la sua posizione nonostante i potenziali rischi e le perdite.

Ma il colpo più duro è arrivato oggi da Pechino che ha dato un giro di vite all’uso di monete elettroniche. La Cina ha infatti vietato alle istituzioni finanziarie di fornire servizi finanziari legati alle transazioni in criptovalute, avvertendo gli investitori sulla volatilità delle valute virtuali. In una nota le tre associazioni China
Internet Finance Association, China Banking Association e China Payment and Clearing Association hanno sottolineato che “di recente i valori delle criptovalute sono schizzati e crollati e il trading speculativo è ripreso, infrangendo la sicurezza delle proprietà delle persone e interrompendo il normale ordino economico e finanziario”.

Le istituzioni finanziarie - che si richiamano agli avvisi emessi dalla banca centrale cinese sui rischi connessi al trading di criptovalute - non devono quindi utilizzare le criptomonete per prodotti e servizi, sottoscrivere attività assicurative relative a valute virtuali e “non devono fornire ai clienti direttamente o indirettamente altri servizi relativi alle valute virtuali”. Le criptovalute, specificano le tre associazioni, “non sono supportate dal valore reale e il loro prezzo è estremamente facile da manipolare”, e le transazioni “non sono protette dalla legge” cinese.

Il lato positivo è che il rally sulle monete elettroniche non rappresenta una minaccia finanziaria di grande portata per il Vecchio Continente: “La volatilità delle criptovalute non rappresenta un rischio per la stabilità finanziaria, nel suo complesso”, ha detto il vicepresidente della Bce Luis de Guindos.

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