A quasi tre anni dal crollo del ponte Morandi a Genova le Autostrade tornano allo Stato. Si archivia quindi la lunga stagione dei Benetton, azionisti di riferimento della holding di controllo Atlantia che — tramite alcuni passaggi societari — è cominciata oltre venti anni fa dalla privatizzazione dell’Iri. I soci di Atlantia hanno approvato la vendita dell’88,06% di Autostrade per l’Italia al consorzio guidato da Cassa Depositi e Prestiti, al quale partecipano anche i fondi esteri Blackstone e Macquarie. L’ok è arrivato da circa l’87% del capitale che ha preso parte (in modalità Covid) alla votazione. Confermando così a grande maggioranza la proposta del board di Atlantia oggetto di una trattativa cominciata a luglio 2020 dopo l’accordo col governo precedente che sventò in extremis la revoca della concessione — che regola i rapporti tra lo Stato ed il gestore — in scadenza nel 2038.
Anche il fondo attivista Tci, che detiene il 10% del capitale, ha votato a favore nonostante le dichiarazioni pubbliche. Dei grandi soci istituzionali solo Lazard ha ritenuto l’offerta da 9,1 miliardi — e 200 milioni aggiuntivi come commissione per i flussi di cassa dal 1 gennaio 2021 alla data del closing prevista nel primo trimestre 2022 — non adeguata. La dismissione della società verrà formalizzata dal board di Atlantia del 10 giugno e la firma del contratto di vendita entro la fine di giugno. La dismissione di Autostrade verrà formalizzata da Atlantia nel consiglio di amministrazione convocato per il 10 giugno. Gli advisor della cordata sono stati Citi e Unicredit per Cdp, Rothschild per Macquarie e Lazard per Blackstone. Costamagna advisory strategica per i due fondi esteri. Per Edizione — la holding dei Benetton divisa in quattro quote paritetiche in rappresentanza di altrettanti rami della famiglia di Ponzano Veneto — significa una valorizzazione di circa 2,4 miliardi.
Ma sono soldi che resteranno in pancia ad Atlantia per investimenti futuri. Il debito di Atlantia è di circa 4,5 miliardi, l’assegno corrisposto dagli acquirenti sarà di circa otto miliardi. I restanti 1,1 miliardi potrebbero essere spesi per rilevare anche il 12% di Autostrade in mano agli investitori esteri: il fondo governativo cinese Silk Road e la compagnia assicurativa Allianz. Ma i soci di minoranza potrebbero restare nella compagine sociale visto che acquisirono la partecipazione nel 2017 a 1,7 miliardi. Uscendo dal capitale archivierebbero una minusvalenza a bilancio di 600 milioni che avrebbe poco senso visto che ora entra lo Stato, per interposta Cdp. Che controllerà il veicolo al 51% — ma non è escluso che in una seconda fase il fondo F2i potrebbe rilevarne l’11% — mentre il restante 49% sarà detenuto in quote paritetiche da Blackstone e Macquarie.
Il management di Atlantia invece può decidere di azzerare o meno l’indebitamento — avendo già de-consolidato il debito di Autostrade di 9,5 miliardi che resta in pancia alla società concessionaria — ma ha contratto prestiti a lungo termine a tassi di interesse contenuti. Restano utilizzabili altri quattro miliardi, più un miliardo di liquidità. Alcuni possibili fronti di investimento — per la holding di infrastrutturale che ora però si priva dell’asset più importante che pesava per il 30% dei ricavi (e del margine operativo lordo) — potrebbero essere aeroporti a vocazione turistica in Europa. Anche servizi di pagamento digitale tramite Telepass — altra controllata in portafoglio — ma anche partecipazioni autostradali tramite la piattaforma Abertis — il gestore di cui Atlantia è consocia al 50% delle azioni col gruppo spagnolo di costruzioni Acs — e progetti di mobilità integrata come i vertiporto negli scali di Fiumicino e Ciampino, cioè velivoli a decollo verticale per l’ultimo miglio di passeggeri e merci.
Con il voto favorevole dei soci si archivia la lunga stagione del contenzioso col governo. In cui la revoca della concessione è stata agitata più volte ma avrebbe innescato un procedimento amministrativo col rischio di un maxi-indennizzo da dover riconoscere ad Atlantia. Una trattativa durata quasi tre anni, con un decreto Milleproroghe che ha spostato l’ago della bilancia verso la parte pubblica perché ha riconosciuto il diritto di subentro dell’Anas in caso di revoca. È passato tramite il giudizio della Corte Costituzionale che decretò illegittimo il ricorso di Autostrade per essere stata estromessa dalla ricostruzione del Ponte San Giorgio, di cui ha però pagato il corrispettivo di circa 600 milioni. Soldi che fanno parte dell’indennizzo per il sistema-Genova da 3,4 miliardi. Il comitato delle vittime del Morandi però si dice deluso per l’esito perché ci sono «fondi pubblici che vanno a remunerare questa società». ll processo ha appena finito la fase delle indagini preliminari: 69 persone hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini. Si attendono le richieste di rinvio a giudizio.
Le Autostrade tornano allo Stato a tre anni dal Ponte: sì di Atlantia a Cdp. Ai Benetton 2,4 miliardi - Corriere della Sera
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